Giacomo Balla

Pittore, scultore e scenografo, Giacomo Balla nasce a Torino nel 1871.

Figlio di un appassionato fotografo dilettante, Giacomo Balla fin da piccolo è attratto dall’arte, ama disegnare e studia violino. Al termine degli studi lavora in uno studio di litografia, mentre segue un corso serale di disegno e frequenta per alcuni mesi l’Accademia Albertina.

Fondamentalmente autodidatta, nella ricerca del suo stile artistico, si lascia influenzare dagli Artisti Divisionisti che frequenta, ed i suoi primi lavori accumunano il divisionista allo spirito positivista. I temi che Balla affronta sono umanitari, ma nel contempo sono occasioni di sperimentazione sugli gli effetti della luce sia naturale che artificiale. Il soggetto del lavoro ritorna di frequente nella sua arte, acquistando talvolta sottintesi reverenziali, come nel trittico “La giornata dell’operaio”.

Trasferitosi a Roma nel 1895, al seguito del pedagogista Alessandro Marcucci, fratello della futura moglie Elisa, frequenta il gruppo di intellettuali dediti alla costituzione delle scuole per i contadini dell’agro romano. Nel settembre 1900 Balla si reca a Parigi per visitare l’Exposition universelle e vi rimase sette mesi lavorando per l’illustratore Sergio Macchiati.

Tra il 1902 e il 1905 Giacomo Balla realizza le quattro tele (inizialmente dovevano essere quindici) del ciclo dei “viventi”: “Il mendicante” (1902, “Il contadino (l’ortolano)” (1903), “I malati” (1903) e “La pazza” (1905), dove il divisionismo si abbina ad una forte carica umanitaria che mostra la profonda attenzione che Giacomo Balla dedica agli emarginati e agli oppressi. In questi anni Umberto Boccioni, Gino Severini, Mario Sironi ed altri giovani pittori frequentano assiduamente il suo studio e si possono considerare suoi allievi.

Balla/Villa Borghese

Nell’estate del 1904, dopo il matrimonio con Elisa Marcucci, Giacomo Balla si trasferisce in un antico monastero ormai abbandonato dai religiosi in via Parioli 6 (l’attuale via Paisiello), all’angolo di via Nicolò Porpora. Nelle stanze-cella di questo angolo felice di natura, ritagliato ai margini periferici della città e molto diverso dall’odierno quartiere Parioli, il pittore stabilisce la sua casa e dipinge ciò che vede dal balcone del suo studio o subito al di fuori della porta dell’abitazione. Fino al 1910, anno in cui realizza il grande polittico Villa Borghese, il tema della natura ai confini della città diventa per Balla ciò che è per Paul Cézanne la “Montagne Sainte-Victoire”: materia da indagare, da provare e riprovare, da scarnire fino all’astrazione.

Intanto Giacomo Balla incomincia ad interessarsi al movimento, inizia serie ricerche sul dinamismo e, nel 1910, è tra i firmatari del Manifesto dei pittori futuristi e del Manifesto tecnico della pittura futurista. I nuovi interessi stilistici di Ballano si concretizzano nei dipinti “Bambina che corre sul balcone” (1912), “Dinamismo di un cane al guinzaglio” (1912) e “Le mani del violinista” (1912).

L’analisi del movimento lo spinge a focalizzare l’attenzione sul moto delle automobili cercando di conferire la sensazione della velocità del veicolo in corsa, attraverso triangoli di luci ed ombre, linee curve e linee diagonali che creano una particolare prospettiva. Questa nuova tecnica, che porta un certo interesse fra i critici, da vita a “Profondità dinamiche” (1912), “Velocità astratta” (1913) e “Velocità d’automobile” (1913).

Tra il 1912 e il 1914 Balla è a Dusseldorf per la decorazione di casa Lowenstein. In questo periodo il pittore produce “Compenetrazioni iridescenti” nel quale riduce gli effetti della luce e della velocità all’ermetica purezza delle forme geometriche ed opere che costituiscono i primi esempi di arte astratta italiana.

Tornato in Italia, nel 1915 insieme a Fortunato Depero redige il manifesto “Ricostruzione futurista dell’universo” che estende la poetica futurista a svariati campi della vita, insieme produssero una serie di costruzioni, assolutamente non figurative, o “complessi plastici”, di cartone, lamiera, seta e altri materiali di uso corrente. “… Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente …“; i due pittori propongono di reinventare l’ambiente umano soprattutto inserendo l’arte nel mondo della moda, dell’arredo e del teatro.

A livello teatrale è veramente innovativa la scenografia che Giacomo Balla realizza nel 1917 per il balletto “Feu d’artifice” con musica di Igor Stravinskij, in cui la presenza umana viene sostituita dall’alternarsi ritmico delle luci. Nella “Exposition Internationale d’Arts Décoratifs” di Parigi (1925), a cui partecipa insieme a Fortunato Depero ed Enrico Prampolini, i suoi arazzi vengono premiati.

Per un breve periodo Giacomo Balla, aderisce al secondo futurismo di Filippo Tommaso Marinetti ed è tra i firmatari del manifesto “L’Aeropittura. Manifesto futurista” del 1931 e prende parte alla prima mostra di Aeropittura Futurista. L’esposizione è l’ultima partecipazione a mostre futuriste perché oramai l’artista di Torino sta volgendo la propria attenzione alla Pittura Figurativa.

Durante i primi anni Trenta Giacomo Balla, abbandona progressivamente il futurismo per tornare ad un certo Realismo naturalistico, convinto che l’arte pura debba esprimere un realismo assoluto, senza il quale si cadrebbe in forme ornamentali e decorative. Nonostante un breve periodo negli anni Cinquanta, in cui le sue opere futuriste sono apprezzate dalla generazione più giovane di pittori astratti, il gruppo “Origine” che allestisce una mostra dei suoi dipinti nel 1951, Giacomo Balla rimane un pittore figurativo fino alla morte avvenuta a Roma nel 1958.

Fonte: https://www.settemuse.it/pittori_scultori_italiani/giacomo_balla.htm

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