Tegola dell’Acheloo

Durante lo scavo della Villa Romana dell’Auditorium (Villa Romana dell’Auditorium. Lo scavo) è stata ritovata una grande tegola angolare di terracotta decorata con la testa di un’antica divinità, l’Acheloo. Oggi la tegola è esposta nel Museo Archeologico dell’Auditorium.

Il ritrovamento nel cantiere dell’Auditorium della tegola di Acheloo, con la funzione di gocciolatoio, risulta di particolare rilevanza sotto vari aspetti. La testa presenta elementi stilisti ci che fanno presupporre, in base ai confronti, una datazione della tegola nella seconda metà-fine del IV secolo a.C. e quindi risulterebbe pertinente al terzo periodo di vita della Villa (Villa Romana dell’Auditorium. Periodo Terzo)

L’Acheloo è raffigurato con la testa umana, capelli a corte ciocche arricciate, lunghe orecchie e brevi corni (uno mancante). La barba, al di sotto della quale è il foro per la fuoriuscita dell’acqua, è fluente e allungata in boccoli simmetrici come appare in un frammento di creterio rinvenuto a Velia datato alla fine del IV secolo a.C. La dimensione notevole della tegola e la qualità stilistica sono indizi della monumentalità dell’edificio nella quale è stata impiegata. Inoltre la scelta di Acheloo non è casuale, visto che in ambito urbano la divinità non era finora attestata. II complesso archeologico, infatti, sorge in prossimità del Tevere, ma anche della Fonte di Anna Perenna, nume tutelare della fonte sacra rinvenuta nei pressi di piazza Euclide.

Acheloo, era il dio del fiume più lungo della Grecia che scorre nell’Acarnania nato, secondo i miti greci,dall’unione di Oceano e Teti. Le fonti antiche gli attribuirono numerosi amori con le Muse, tra le quali Melpomene, dalla quale avrebbe avuto come figlie le Sirene.

Era considerato anche padre di molte fonti, ritenute divinità delle acque, come ad esempio la fonte Pirene a Corinto e la fonte Castalia a Delfi. Acheloo era legato anche al ciclo delle Fatiche di Ercole: la leggenda narra che egli aveva chiesto la mano di Deianira, la figlia del re di Calidone in Etolia, alla quale aspirava anche Ercole. Vi fu un aspro combattimento tra i due e Acheloo, che aveva il dono della metamorfosi, si trasformò in toro. Durante la lotta Ercole gli strappò un corno e Acheloo si considerò, vinto, si arrese lasciando all’avversario Deianira, richiedendo tuttavia la restituzione del corno, ritenuto simbolo di abbondanza. Per questo era considerato divinità maschile della forza e del vigore sessuale e rappresentato spesso sotto l’aspetto di un toro con volto umano.

La raffigurazione del dio, a figura intera o semplicemente la testa, è piuttosto frequente nell’arte greca e romana, a volte rappresentato insieme alle Ninfe. In Italia, soprattutto in area etrusca e campana, sono attestate numerose testimonianze di terrecotte architettoniche arcaiche, in cui compare la protome o il torso taurino di Acheloo con volto umano, nelle quali va riconosciuta una valenza apotropaica di fertilità collegata al ruolo del dio quale protettore delle acque. In ambito etrusco le terrecotte con protomi di Acheloo si sono rinvenute nell’area sacra di Pyrgi, nel santuario di Portonaccio a Veio, a Caere, Tarquinia, Chiusi, Popolonia, Vulci e Orvieto. Altre terrecotte architettoniche sono testimoniate in ambito campano, in modo particolare a Capua e a Velia, mentre non sono attestate a Roma.

 

Fonti: Tratto da un testo di Paola Chini e Antonella Gallitto, pubblicato su “Il grande Auditorium di Roma. Una porta sul futuro” TIELLE MEDIA Editore S.r.l., 2005

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