Omicidio di Antonio Leandri

Il 17 dicembre 1979 in piazza Dalmazia è ucciso per errore il geometra Antonio Leandri.

E’ un lunedì di dicembre. Il 17 dicembre del 1979. Mancano ormai pochissimi giorni al Natale. Le vetrine dei negozi espongono la merce in attesa dei clienti, impegnati nelle ultime compere prima del cenone e del rituale scambio di regali. Anche nel quartiere Trieste si respira un’aria di festa.

Intorno alle 18.00 un’auto si ferma in piazza Dalmazia, a poca distanza dal civico 25. Ne esce un uomo stemplato, indossa un loden verde che lo ripara dal freddo invernale. Si chiama Antonio Leandri, ha 24 anni e lavora come geometra. Oggi è andato in fabbrica, come ogni giorno e, quando ha staccato dal suo turno, ha deciso di fare qualche acquisto dell’ultima ora. Con lo stipendio che guadagna mantiene se stesso e anche i suoi anziani genitori. Vivono tutti insieme in un palazzo in via Gattamelata 14, al quartiere Prenestino. lI suo sogno, in realtà, è quello di diventare ingegnere e perciò si è iscritto ai corsi serali dell’università, che frequenta assiduamente. E’ ormai al quinto anno, non gli manca molto per raggiungere il suo obiettivo. Ha anche una fidanzata della sua stessa età, Fiorella Sanfilippo, che deve incontrare alle 19:30 insieme ad altri due amici. Stanno insieme da due anni, non l’ha ancora presentata ufficialmente ai genitori, ma il ragazzo progetta di comprare una casa a Roma e di sposarla appena possibile. Guarda l’orologio, ha un po di tempo prima di doversi mettere in viaggio verso la sua destinazione. Come ogni lunedi, infatti, hanno appuntamento in via La Spezia, non lontano da San Giovanni, tra il negozio di articoli sportivi Cisalfa sport e il bar. Spesso Antonio si ferma a chiacchierare con i dipendenti del negozio che conosce bene. É ancora presto e così ne approfitta per fare un’ultima commissione proprio qui, in piazza Dalmazia.

Purtroppo, però, ha scelto il luogo più sbagliato possibile. Sta uscendo da una cartoleria, ha un pacchetto in mano, quando all’improvviso sente una voce dietro di lui che grida: «Avvocato!» Lui è geometra, lavora alla Contraves, in zona Tiburtina, dove fa i preventivi. Ma si gira d’istinto, forse sorpreso, forse soltanto incuriosito. E un attimo. Una pallottola lo colpisce a un braccio, gli attraversa il torace, lesiona i polmoni, recide l’aorta. Antonio cade a terra, morto. L’uomo che ha sparato il colpo fatale, membro di un gruppo di fuoco, è Valerio Fioravanti, meglio conosciuto come “Glusva uno dei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari. Lo ha ucciso senza neanche guardarlo in faccia. Ma anche se lo avesse fatto, probabilmente non avrebbe evitato di sparare. E di colpire l’obiettivo sbagliato.

Quella di Antonio Leandri è una morte sfortunata’; effetto di un terribile scambio di persona, di una coincidenza che sembra il frutto di un crudele gloco del destino. Il bersaglio dei Nar, infatti, era un altro: l’avvocato Gorgio Arcangeli, ritenuto responsabile dell’arresto di Pierluigi Concutelli, il killer che tre anni prima aveva ucciso il giudice Vittorio Occorsio sempre nel quartiere Trieste-Salario

Lo studio legale di Arcangeli si trova in piazza Dalmazia, al numero 25, esattamente dove ha parcheggiato la sua auto Antonio Leandrí. Le indicazioni per identificare la vittima sono state riferite da Sergio Calore, militante di Ordine nuovo e mandante dell’omicidio, unico a conoscere la fisionomia dell’awocato delatore: porta i baffi, è stempiato, e indossa spesso un loden di colore verde. Una desrizione non precisissima ma sufficente a individuare lobiettivo. Se non fosse che sulla strada del commando, passa per caso un giovanotto che, di spalle, assomiglia molto ad Arcangeli. Un ragazzo comune, con la testa sulle spalle, che non è iscritto ad alcun partito e non c’entra niente con il clima di violenza che si respira nel Paese. La sua unica colpa è quella di aver scelto il momento sbagliato per venire in piazza Dalmazia; e di aver scelto dal suo armadio un cappotto di un certo colore.

I responsabili della sua morte fuggono in auto, ma la loro corsa sfrenata attira l’attenzione di un’auto civetta della polizia. Li bloccano dopo un inseguimento e nell’automobile trovano mitra, pistole e giubbotti antiproiettili. Sul banco degli imputati, così, finiscono Sergio Calore Antonio d’Inzillo, Bruno Mariani, Antonio Proietti e Paolo Signorelli, che non fa parte del gruppo di fuoco ma pare abbia ospitato in casa sua la riunione per decidere l’omicidio di Arcangeli. Manca Valerio Fioravanti, che è riuscito a fuggire. In primo grado vengono condannati tutti all’ergastolo, compreso Fioravanti, mentre la sentenza per Proietti è di 21 anni. In appello, nel maggio 1985, la situazione cambia: Signorelli viene assolto per non aver commesso il fatto, la condanna di Mariani
si abbassa a 30 anni e quella di Proietti a 15. Anche Sergio Calore, divenuto nel frattempo collaboratore di giustizia, gode di uno sconto di pena, venendo condannato a 15 anni. Confermato, invece, l’ergastolo per Fioravanti.

da un articolo di di Sara Fabrizi pubblicato su H24 Trieste Salario

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