A kIl 12 luglio 1903 Villa Umberto I, allora il più grande parco di Roma, viene aperto al pubblico. Continue reading
Vigna o villa?
Alla metà del Cinquecento, tra le proprietà all’interno delle mura aureliane e negli immediati dintorni (par verificarlo è sufficiente andare alla pianta di Roma del Bufalini, del 1551) predomina la ” vigna” col suo “casino”. Continue reading
Museo Boncompagni Ludovisi
Il Museo Andrea e Blanceflor Boncompagni Ludovisi si trova in via Boncompagni 18, nel rione Sallustiano. E’ una casa-museo dedicata alle le arti decorative, al costume e alla moda italiane e allestito in un villino dell’inizio del XX secolo appartenuta alla famiglia Boncompagni Ludovisi Boncompagni Ludovisi. Attualmente il museo ospita, oltre ad arredi originali dello stesso villino, anche dipinti e sculture, alcuni delle quali provenienti dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, una collezione di ceramiche e ottocento tra abiti e accessori che testimoniano la storia della moda italiana. Continue reading
Villa Malta
Villa Malta delle Rose è nel Rione Ludovisi, sul Pincio, protetta dalle Mura Aureliane. L’ingresso è in via di Porta Pinciana … Continue reading
Casino dell’Aurora Boncompagni Ludovisi
Il casino dell’Aurora Boncompagni Ludovisi è una villa con accesso in via Lombardia che occupa un vasto terreno all’angolo tra via Aurora e via Ludovisi.
Villa Massimo
Villa Massimo è oggi la sede dell’Accademia Tedesca a Roma ma la sede dell’accademia, seppur prestigiosa, è solo un lacerto di una delle maggiori ville suburbane situate lungo la via Nomentana che si estendeva intorno a Villa Torlonia da via Nomentana all’attuale localizzazione.
n. 36 Villa Peragallo
L’unica traccia rimasta del casino nobile di Villa Peragallo è un edificio pesantemente rimaneggiato, oggi sede dell’Ambasciata di Romania, con ingresso in via Nicolò Tartaglia 36.
Fontanella Ludovisia
La Fontanella Ludovisia o fons ludovisia è piccola fontana posizionata nello spessore delle Mura aureliane, in uno dei varchi realizzati nelle mura da corso d’Italia a via Campania, oggi utilizzato esclusivamente per il transito veicolare.
Palazzo Margherita
Il Palazzo Margherita è un edificio situato nel rione Ludovisi, su via Veneto che prende il nome della Regina Margherita che ne fece sua residenza ufficiale dopo l’assassinio del re consorte Umberto I di Savoia avvenuto nel 1900.
Il palazzo è costruito tra il 1886 e il 1890 su progetto di Gaetano Koch per Rodolfo, Principe di Piombino, uno dei tanti titoli nobiliari dei principi Boncompagni Ludovisi. Nel fervore di costruire nuovi edifici infatti, il Principe aveva talmente sommerso di richieste di costruzione le autorità della nuova capitale che si era visto espropriare il Palazzo Piombino in via del Corso (il grande edificio dove è la Galleria Alberto Sordi, già nota come Galleria Colonna) e quindi volle sostituirlo con questo nuovo edificio chiamato Villa Piombino.
Il palazzo Margherita è circondato da un parco e incorpora, sul retro e invisibile dall’esterno, Palazzo Grande, dal 1622 primo nucleo di villa Ludovisi. Gli alberi del giardino di Villa Margherita rappresentano l’ultimo residuo del parco originale della grande villa (insieme al giardino del Casino dell’Aurora Ludovisi).
Ma l’exploit immobiliare del Principe di Piombino gli aveva procurato più problemi che guadagni e l’immobile fu presto venduto ai Savoia, che l’acquistarono nel 1900 per farne la residenza della regina Margherita, divenuta regina madre dopo l’assassinio di Umberto I e il passaggio del trono al figlio Vittorio Emanuele III. Qui, nel 1926, la regina tanto amata dai suoi sudditi, morì.
Dal 1931 il palazzo divenne sede dell’Ambasciata statunitense in Italia e, nel 1946, fu acquistato dal Governo degli Stati Uniti d’America.
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Giovanni Battista Giovenale
Giovanni Battista Giovenale nasce a Roma il 1849. Architetto, ingegnere, restauratore e storico dell’architettura, costituì per oltre mezzo secolo una figura di primo piano nel panorama culturale romano.
Formatosi a Roma, inizia l’attività nel periodo della cosiddetta “febbre edilizia”: dopo il concorso per il palazzo delle Esposizioni (1876), Giovenale, fu tra gli artefici del rinnovo e della trasformazione della città capitale.
Le sue prime realizzazioni riguardano interventi sul tessuto urbano del centro storico, come il restauro del palazzo Wedekind (1879), a piazza Colonna (fu lui a mettere un solo orologio sulla sommità dell’edificio in luogo dei due originari).
Spesso ebbe a che fare con ampliamenti di fabbricati, talvolta anche di sensibile entità, effettuati con malcelato intento speculativo da committenti facoltosi: eclatante in tal senso è l’edificio che il marchese Filippo Theodoli fece costruire, su progetto del G., nel giardino della propria residenza di via del Corso accorpandolo a essa. Interventi di questo tipo venivano attuati in virtù di licenze edilizie rilasciate per lavori di “sopraelevazione” (con l’opportuna modifica delle coperture e l’aumento di altezza degli ambienti sottostanti) e di “riduzione” degli alti ambienti risultanti (come nei palazzi Malatesta, oggi Pecci-Blunt, e Costaguti).
È palese in questi primi lavori la ricerca di soluzioni progettuali il più possibile corrette che non pregiudicassero ulteriormente l’omogeneità del tessuto urbano: volontà concretizzata dal G. in una grande sobrietà stilistica, la quale risulta peraltro con altrettanta evidenza anche nelle architetture affrontate ex novo, come i casamenti Mencacci-Pericoli, oggi hotel Tritone, Spithöwer e Tombari, nei quali il progettista si rifece ad austeri modelli cinquecenteschi o della prima architettura barocca (rispettivamente: ibid., prott. 55733/1886 e 92343/1890; 8831/1886; 59039/1888).
Del tutto differente l’atteggiamento progettuale del G. alle prese con particolari tipologie residenziali come il villino unifamiliare o la palazzina di lusso: nel complesso costituito dal casamento e dal villino Folchi e nel villino Boncompagni, di epoca successiva, tra le più pregevoli realizzazioni della zona di villa Ludovisi, il G. attinse con mano particolarmente felice al repertorio formale tardobarocco, sorprendente omaggio a un gusto che come archeologo e restauratore lo stesso architetto negava polemicamente.
Dopo gli scandali finanziari che avevano sancito la crisi dell’attività edilizia, il G., dando voce alla necessità fattasi urgente di salvaguardare la qualità del patrimonio architettonico, fondò nel 1890 l’Associazione artistica fra i cultori di architettura, che, analogamente alle istituzioni sorte in Francia e in Gran Bretagna, nacque con l’obiettivo di risollevare le sorti e il prestigio dell’architettura attraverso una serie di iniziative volte allo studio dei monumenti, in particolare di quelli della cosiddetta “età di mezzo”, ma anche alla promozione di concorsi per la realizzazione degli edifici pubblici o di rappresentanza. L’azione di tutela, costante, e per certi versi ambigua, era esercitata attraverso una sorta di vigilanza compiuta da una commissione dei rioni, composta da quattordici soci, a cura della quale venne redatto un Inventario dei monumenti, intrapreso a partire dal 1895 durante la presidenza di Gaetano Koch, e che ebbe l’indubbio merito di rivalutare i pregi artistici di una certa edilizia minore.
Il restauro della chiesa di S. Maria in Cosmedin (1896-99) vide il G. impegnato personalmente fin dagli studi preliminari, condotti con grande rigore filologico. La fase progettuale, egualmente affidata al G. e oggetto di plauso unanime da parte dei contemporanei, costituì il manifesto del cosiddetto “restauro scientifico”, secondo il quale l’indicazione metodologica di intervento doveva essere dedotta in maniera univoca dall’analisi della formazione del monumento, e attuata rendendo i rifacimenti e le eventuali aggiunte individuabili in ogni tempo.
Fonte: Raffaella Catini Dizionario Biografico degli Italiani Treccani
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