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Quartiere Trieste

Il quartiere XVII e’ una zona residenziale, ricca di parchi ed interessanti presenze archeologiche ed artistiche, delimitata ad ovest dalla via Salaria, a sud da viale delle Regina Margherita, ad est da via Nomentana ed a nord dall’Aniene.

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“Ricordi di guerra” di Paolo Fantacone*

RACCONTO DEL FLANEUR pubblicato il 12 gennaio 2025

Ho un ricordo molto vago della dichiarazione di guerra (il 10 giugno 1940 avevo 6 anni).  Mi colpì in particolare una frase del discorso del Duce: “La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna” e nella mia mente immaginavo la scena del Duce fiero e marziale, con divisa e stivali, che consegnava due rotoli di papiro agli ambasciatori che, intimiditi, se ne andavano con la coda fra le gambe.

Eravamo in guerra, dunque, e le prime manifestazioni furono un paio di allarmi aerei notturni che in realtà mi incuriosirono più che spaventarono. Poi la guerra si allontanò da noi. La Francia si era arresa e l’Inghilterra era troppo lontana per mandare i suoi bombardieri fino a noi. E noi riprendemmo la vita di sempre: scuola, famiglia, qualche cinema, e la villeggiatura, Piumazzo (un paesino vicino a Modena), Viareggio. A scuola andavo all’Italico Sandro Mussolini (oggi Giuseppe Mazzini), dopo due anni fatti dalle suore di via Dalmazia perché non avevo ancora i sei anni canonici, e a scuola avevo saputo di essere nato nell’anno XI dell’Era Fascista e di essere di razza ariana.

Comparvero manifesti attaccati al muro che inneggiavano all’immancabile vittoria (Vinceremo!) ma, contemporaneamente, ammonivano alla cautela (Tacete, il nemico vi ascolta). I bollettini di guerra raccontavano le grandi vittorie delle truppe dell’Asse.

Manifesto

E avemmo una fortuna incredibile.  Papà, che aveva allora 45 anni ed era capitano, fu richiamato alle armi, ma poi fu rimandato a casa perché la visita medica aveva evidenziato un brutto male allo stomaco. Naturalmente eravamo tutti preoccupati, ma poi fece privatamente una visita di controllo da cui risultò che non aveva niente, c’era stato evidentemente uno scambio di radiografie con un povero diavolo, che era quindi finito al fronte al posto suo.  Papà ogni tanto era assalito dall’angoscia per lui.

I primi cambiamenti si manifestarono sul piano alimentare. Comparve la tessera annonaria con cui si potevano acquistare generi alimentari in quantità sempre più limitata (300 gr. di pane al giorno all’inizio, poi 200 poi 150) e poi la borsa nera con cui si poteva acquistare quel che si voleva (e trovava) a prezzi sempre più alti. Poi la guerra si riavvicinò a noi nel 1943. Le condizioni alimentari erano sempre più precarie, si vedevano passare, altissimi, stormi di aerei (le Fortezze Volanti) che andavano a bombardare le città del nord e la Germania; ma, per il momento, non toccavano Roma. Per il momento, ma poi il 19 luglio ci fu il grande bombardamento di San Lorenzo con tanti morti e tombe scoperchiate (morti due volte, si diceva).  Noi eravamo a Piumazzo, ma papà era a Roma e rimanemmo angosciati fino a che arrivò un telegramma in cui assicurava di stare bene.  Ci furono poi altri bombardamenti a Roma; ne ricordo due: il primo, ancora a San Lorenzo, avvenne quando ero appena uscito dal barbiere a piazza Quadrata, e ci rifugiammo con mamma in un portone tra scoppi, esplosioni e gente che urlava; il secondo colse mamma e Nina a Ostiense, dove c’era una distribuzione di patate; quando il bombardamento cominciò il negoziante voleva chiudere tutto e scappare, ma Nina lo costrinse a consegnare le patate che, diceva, avevano già pagato.

Tedeschi a Roma (via Asmara)

E il fronte di guerra si avvicinava sempre di più. La caduta del Fascismo ci colse a Piumazzo con grandi festeggiamenti della popolazione, ma la guerra continuava: Poi venne l’armistizio e ricordo che il giorno dopo mi svegliai dicendo “ho sognato che è finita la guerra” e mamma mi rispose “vestiti che andiamo a Roma, qui i tedeschi sparano per le strade”, e così facemmo.

Gli americani erano sbarcati a Salerno e sembrava imminente l’arrivo a Roma, poi erano sbarcati ad Anzio e sembrava fatta, ma per fare i 60 km fino a Roma ci misero cinque mesi, durante i quali le condizioni di vita peggioravano sempre di più. A Roma si sentiva lontano il rombo del cannone, ma non si avvicinava mai. Il primo ministro inglese Churchill disse poi: “Volevamo un gatto selvaggio alle spalle del nemico, e non un balena arenata sulla spiaggia”

In quel periodo arrivarono a Roma gli zii e i cugini di Esperia fuggiti appena in tempo dalle violenze che si stavano per consumare al loro paese. Si installarono in metà dell’appartamento di via Taro, che era indiviso e quindi era pure loro. Ovviamente noi bambini giocavamo con i cugini (soprattutto con le cugine adolescenti), quindi avevo messo da parte il mio gioco preferito che chiamavo ” le bestie e i soldati” ripromettendomi di riprenderlo quando fossimo ritornati soli; invece quando ritornammo soli io ero cresciuto e quel tipo di gioco infantile non mi piaceva più. Fu una delle grandi delusioni della mia infanzia! In seguito, quando l’appartamento fu diviso, rimase un unico telefono fisso installato nella parete di separazione e accessibile da tutte e due le parti con uno sportelletto che divenne un luogo di chiacchiere con le cugine. Un’altra grande delusione la ebbi quando cadde il Fascismo, non per motivi politici, ma perché stavo per diventare balilla moschettiere e aspettavo con ansia di ricevere in dotazione il moschetto, come già mio fratello.

Ma le condizioni di vita peggioravano sempre di più. Si è già detto dei bombardamenti importanti, ma c’erano anche quelli minori, con bombe che caddero vicino a casa; uno a via Quattani vicino via Nomentana, e un altro a Villa Bianca (dove quasi trent’anni dopo sei nata tu, Paola).

Tedeschi a Roma. (Via Malta)

E c’era l’oscuramento con le finestre oscurate con fogli di carta blu e strisce di carta gommata per non far cadere i vetri in caso di rottura. Se filtrava luce il sorvegliante dell’UNPA dalla strada gridava “luce” e noi spegnevamo tutto. Le strade erano completamente buie e si circolava con delle strane pilette a dinamo (le batterie erano introvabili). Ma in realtà di sera si circolava poco perché c’era il coprifuoco e non si poteva uscire di casa (credo dalle 8 di sera alle 6 del mattino). E si stava in casa tutti intorno ad un braciere. C’erano anche altre limitazioni: per esempio non si poteva circolare con veicoli a due ruote (biciclette) per cui molti romani avevano applicato una terza rotellina tipo bicicletta di bambini

E c’erano le retate con i tedeschi e i loro alleati-servi fascisti che bloccavano improvvisamente alcune strade e prendevano tutti gli uomini che c’erano dentro per portarli a lavorare per loro. E se erano ebrei per portarli ad Auschwitz.

E ci furono le Fosse Ardeatine di cui ricordo l’orrore dei miei genitori che dicevano: ” si può capire la reazione immediata all’attentato sparando sulla gente e sulle finestre, ma come si fa a fucilare persone che erano in carcere e quindi sicuramente non responsabili? ” Poi sapemmo che tra le vittime c’era anche Alberto , un parente della famiglia Fantacone, che avevamo visto poco, perchè era un po’ defilato dalla famiglia, mentre conoscevo bene Paolo.

Lapide per Alberto Fantacone

Ad un certo punto il Governo decise di trasferire i ministeri al nord e chi non voleva andare veniva licenziato o peggio.  Così un giorno di aprile del 1944, con un viaggio avventuroso in pullman e treno, ci trasferimmo papà a Brescia e noi alla solita Piumazzo, allora relativamente sicura.  Viaggiavamo con tanti bagagli (non sapevamo cosa sarebbe successo alla casa di Roma) e con l’immancabile macchina da cucire Singer di mamma, pesante e ingombrante, che ci avrebbe poi seguito in tutti gli scomodissimi viaggi successivi.

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*Paolo Fantacone, nato nel 1933 e scomparso nel 2019, ha abitato con la sua famiglia per lunghi periodi della sua vita nel Quartiere Trieste, dove oggi vive la moglie Silvia Tonazzi. Ha studiato al Giulio Cesare, si è laureato in Ingegneria alla Sapienza e, come apprezzato dirigente d’azienda, ha svolto la sua attività professionale nella VitroSelenia spa avendo occasione di creare in alcuni paesi extraeuropei (Oman, Congo Belga, Sudan, Kenia, Capoverde, per esempio) importanti infrastrutture.  Legato da un’amicizia pluriennale a Mimmo Misiti aveva scambiato con lui ricordi e racconti di tempi lontani.  Il presente racconto fa parte di questo scambio di corrispondenza. Il presidente dell’Associazione AMUSE ringrazia il socio prof. Misiti per averci inviato questo racconto che volentieri abbiamo pubblicato.

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