LA FORTUNA PICCANTE – SEMBRA UN PORTAFORTUNA, IN REALTA’ E’ IL PEPERONCINO (v.6)

La mia storia inizia lungo via Panama, nell’orto urbano di una delle sedi della LUISS (Libera Università Internazionale degli Studi Sociali Guido Carli) che mi ha aiutato a ritrovare benessere interiore.
In quest’orto, grazie alla collaborazione di AMUSE con l’Università, ho seguito un corso di orticoltura offerto dalla Direzione per sensibilizzare gli studenti e tutti i cittadini interessati alle verdure e agli ortaggi (entrambi cibi che dovrebbero essere ogni giorno sulle nostre tavole).  Dal giardiniere e dall’agronomo LUISS ho ricevuto i primi insegnamenti per gestire in autonomia un piccolo orto, in un terrazzo o un giardino non importa, e quest’attività mi ha fatto scoprire quanto sia piacevole e fonte di benessere il contatto con la terra e con le piante.
Tra le colture più interessanti, anche dal punto di vista gastronomico, vi segnalo i PEPERONCINI, che in verità avevo già tentato di coltivare nel mio giardino durante l’emergenza Covid.
Oltre alle nozioni su come farli crescere (il tipo di terreno, il tempo di semina, le modalità della raccolta, ecc.), chiacchierando con il giardiniere ho scoperto le innumerevoli varietà di questo ortaggio e imparato diverse ricette, in cui il peperoncino è utilizzato nei modi più impensati.  Quindi sono andato a documentarmi su questa piccola e modesta spezia, che regala gusto senza discriminazioni sociali e ci ricorda tanto un amuleto molto usato contro la sfortuna: il cornetto rosso!
Questo ortaggio, oggi famoso in tutto il mondo, è originario del Sud-america, dove ha alle spalle una storia millenaria (5500 a.C.). Il peperoncino infatti è un elemento importante in tutte le civiltà precolombiane (Olmeca, Tolteca, Azteca, Inca e Maya, ecc) e reperti archeologici in Messico e in Perù testimoniano che il peperoncino era una pianta sacra, usata anche come moneta di scambio.
Le testimonianze più interessanti sono un obelisco e un panno di cotone. L’obelisco di Tello (800-1.000 d.C.), così chiamato dal nome del suo scopritore, è una stele di circa 2 metri sulla quale vediamo un drago mitologico che nella mascella stringe fiori, foglie e quattro frutti di peperoncino (in figura la ricostruzione del manufatto). I ricami di Nazca (400-600 d.C.) sono un panno di cotone su cui fili di lana rappresentano la figura di un contadino con due peperoncini appesi al collo come collana, affascinante testimonianza rinvenuta in un villaggio Maya nell’America centrale, distrutto dalla eruzione di un vulcano.
A questo punto mi sono messo a leggere per saperne di piu’ e ho scoperto che il peperoncino è stato utilizzato come frutto sacro, medicina, afrodisiaco, strumento di magia e di tortura e grande insaporitore di alimenti, abbinato in particolare ai fagioli e al cioccolato.
In Europa il peperoncino è arrivato grazie a Cristoforo Colombo che lo porta dalle Americhe col suo secondo viaggio. Nel 1493, Colombo sbarca in un’isola caraibica e probabilmente la specie da lui incontrata è stato il Capsicum chinense detto anche Habanero, la più diffusa in quelle isole.
Introdotto in Europa dagli spagnoli, il peperoncino ebbe un immediato successo: a differenza di altre spezie (come il pepe e la noce moscata) qui ha trovato condizioni ambientali favorevoli e ciò ne ha permesso un’ampia coltivazione e diffusione in tutto il mondo, diventando tra le spezie la più economica e diffusa.
In occidente, nel 1568, il botanico Pier Andrea Mattioli lo descrive chiamandolo pepe d’India e la Chiesa lo bolla come “suscitatore di insani propositi”, come scrive il gesuita Josè de Acosta. Nel 700 Linneo lo classifica con il nome di Capsicum, mentre per i profani diventa “peperone” o “pepe cornuto” o “pepe d’India”. Essendo a buon mercato e di facile coltivazione, il peperoncino diventa popolare ed è chiamato “la spezia dei poveri” con cui rendere gustosi e conservare cibi semplici.
E’ il gastronomo napoletano Vincenzo Alvaro che introduce il piccolo frutto sulle tavole aristocratiche: nel testo Del Cibo pitagorico, ovvero erbaceo (1781) lo utilizza in ben otto ricette. Sarà Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), poeta e scrittore italiano fondatore del Futurismo, che consacra il peperoncino a livelli più elevati, utilizzandolo in un fantasioso antipasto intuitivo, fatto di peperoncini verdi, che all’interno contengono frasi di ispirazione futurista.
Oggi, dopo il sale marino, il peperoncino è l’alimento più usato nel mondo e, in Europa, l’Ungheria è la nazione che ne consuma di più nella varietà dolce: la Paprika, mentre Francia e Spagna hanno peperoncini con marchio europeo: il Peperoncino di Espelette e il Pimiento del piquillo.
La popolarità del peperoncino aumenta grazie alla sua associazione all’Eros nei detti popolari, come accade in Messico e in Calabria e la sua forma simile a un cornetto e il colore rosso, ne fa il tipico amuleto scaramantico, utilizzato anche da orafi famosi, come ornamento portafortuna. In realtà, di poteri magici il peperoncino ne ha molti, e non solo: ha infatti contribuito agli studi sulla vitamina C e P del medico ungherese Giòryi, Premio Nobel per la Medicina nel 1937.
Tornando all’orto del Community Garden della LUISS, qui ne vengono coltivate numerose varietà: nostrane ed esotiche, provenienti dalla sua area di origine: il Sud America.
Ogni varietà di peperoncino presenta piccantezza e aromi diversi e, se attentamente usati nelle nostre preparazioni gastronomiche, rendono gustosi e più appetibili alcuni piatti e, come altre spezie e il sale, permettono una migliore conservazione di alcune preparazioni alimentari, come salumi e conserve sott’olio.
Il peperoncino (Capsicum) appartiene alla famiglia delle Solanacee e se ne conoscono più di 30 specie, diverse per aspetto e gusto. In molti paesi europei fu chiamato “piper”, perchè il gusto faceva pensare al pepe, ma in spagnolo e nei paesi anglosassoni è chiamato chili, nome derivante da quello messicano.
La sostanza principale responsabile del gusto piccante è l’alcaloide capsaicina, potenziata da altre sostanze presenti nei peperoncini e chiamate capsaicinoidi. Ogni capsaicinoide ha piccantezza e sapore diverso nella bocca e una variazione nelle proporzioni di queste sostanze determina le differenti sensazioni riscontrabili ingerendo diverse varietà. La capsaicina provoca dolore e infiammazioni se consumata in eccesso ed è l’ingrediente principale nello spray usato come arma non letale per difesa personale.
Il bruciore che percepiamo, tanto più intenso e persistente quanto più il peperoncino è piccante, in realtà non esiste, nel senso che non si ha alcun aumento di temperatura nella nostra bocca. E’ la capsaicina che interagisce con alcuni termorecettori, presenti nella bocca e nello stomaco, che mandano segnali al cervello come se la nostra bocca o il nostro stomaco andassero a fuoco.
La piccantezza dei peperoncini è misurata tramite la scala di Scoville, ideata al principio del XX secolo da un chimico statunitense. Il peperone dolce ha, ad esempio, zero unità Scoville, i Jalapeños vanno da 3.000 a 10.000 SU, mentre gli Habaneros arrivano a 600.000 unità Scoville. Il record per il più alto numero di unità Scoville in un peperoncino spetta, secondo il Guinness dei primati al Bhut Jolokia indiano, che ha fatto segnare oltre 1.000.000 unità.
Nel 2006 fu presentata la varietà Dorset Naga, derivata da quest’ultima, che ha fatto misurare anch’essa oltre 1.000.000 di SU. L’attuale record di piccantezza appartiene dal 2013 al Carolina Reaper con 1.569.300 SU. Le misurazioni per entrare nel Guinness sono derivate da una media dei valori, ottenuti testando diversi frutti della stessa specie. Infatti, il record mondiale di misurazione singola (e quindi non riconosciuto dal Guinness dei primati) arriva a ben 2.200.000 SU.
A ogni modo, a partire da 250 000 SU la sensazione di piccantezza cede il posto al dolore, la cui intensità è per lo più costante a prescindere dal contenuto in capsaicina, mentre aumentano la diffusione in bocca e gola e la persistenza nel tempo. Pertanto, assaggiare un bhut jolokia o un habanero orange, a parte il sapore, dà la stessa sensazione di dolore, solo che il primo dura di più. Uno dei modi migliori per alleviare il bruciore è bere latte, mangiare yogurt o altri prodotti caseari, possibilmente a pasta morbida o liquido. Infatti, una proteina presente nei latticini, la caseina, agglutina la capsaicina, rimuovendola dai recettori nervosi.
La capsaicina si scioglie molto bene anche nei grassi e nell’alcool, quindi anche prodotti grassi o bevande alcoliche aiutano a rimuovere la sensazione dolorosa. Per le alte concentrazioni, come nell’habanero Red Savina o estratti vari, il modo più efficace è usare del ghiaccio come anestetico.
La foto ci mostra l’eleganza della pianta con graziosi fiorellini bianchi, viola o gialli, che poi danno origine ai frutti a forma di cornetto o di rotonde palline, i colori vanno dal giallo, all’arancio, al rosso più deciso, fino ad essere completamente neri.
Tutte le specie possono essere coltivate in Italia, anche in vaso, seminando verso febbraio al Centro e al Sud e marzo al Nord, mentre i frutti si raccogliere in estate e in autunno. Questi andrebbero usati subito dopo la raccolta affinché non perdano le loro proprietà, ma si possono conservare anche sott’olio, congelandoli oppure essiccati e ridotti in polvere; in questo caso però alcune proprietà organolettiche si perdono, come accade per l’ Habanero che fresco ha un intenso odore di albicocca e un sapore fruttato simile al cedro.
La semina avviene in ambiente riscaldato (circa 25-30°C), con torba e sabbia. Alcune varietà, soprattutto i C.chinense e il chiltepin, hanno lunghi tempi di germinazione. Il terreno dev’essere acido, ben drenato con una buona componente sabbiosa, non troppo fertilizzato, perchè si avrebbero molte foglie e pochi fiori, e quindi frutti. Il peperoncino ha bisogno di molta acqua, senza però creare ristagni che causerebbero il propagarsi di malattie fungine.
Per aumentare il gusto piccante dei frutti, basta diminuire (fino ad azzerarle) le innaffiature nelle 48-72 ore precedenti la raccolta. Sono piante perenni, in inverno perdono quasi tutte le foglie ed è bene potare i rami secchi.
Il peperoncino è un condimento molto popolare, e usato con parsimonia si evita dolore e irritazione. I flavonoidi e i capsaicinoidi, hanno un effetto antibatterico, cosicché cibi cotti col peperoncino possono essere conservati relativamente a lungo. Questo spiega anche perché più ci si sposta in regioni dal clima caldo, maggiore è l’uso di peperoncino.
Il peperoncino è ricco di vitamina C e si ritiene abbia molti effetti benefici sulla salute, purché usato con moderazione e in assenza di problemi gastrointestinali. Il peperoncino ha un forte potere antiossidante, e questo gli è valso la fama di antitumorale. e si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento (raffreddore, sinusite, bronchite) e nel favorire la digestione. Queste virtù sono dovute principalmente alla capsaicina, in grado di aumentare la secrezione di muco e di succhi gastrici.
Molto usato nei rimedi medicinali popolari, i benefici dei peperoncini sono numerosi, anche se non tutti confermati, e questi frutti della famiglia delle Solanaceae (come il tabacco, le melanzane e i pomodori) sono sempre al centro di numerosi studi per certificarne le effettive proprietà benefiche. Mentre non esiste alcuno studio o prova sperimentale che dimostri le sue presunte proprietà afrodisiache.
In cucina il frutto viene consumato fresco, essiccato, affumicato, cotto o crudo. Oltre alla sua piccantezza, aromatizza i cibi, ed è una componente essenziale nelle salse piccanti anglosassoni (Chutney, Chili pepper).
In Italia il peperoncino è ampiamente usato e alcune regioni, ispirandosi a piatti spagnoli, ne hanno fatto la base di piatti regionali, come
la Calabria, con la sardella e la famosa nduja,
la Basilicata, con i peperoni cruschi (congelati e versati nell’olio bollente per renderli “croccanti”), come pasta, baccalà alla lucana o semplicemente scottati in olio caldo,
la Campania con il baccalà alla gualalegna (gualano=bracciante) si abbina il croccante con il piccante, e in generale tutto il Sud peninsulare.
Il peperone dolce è invece molto utilizzato nella cucina piemontese soprattutto nella sua variante regionale peperoni di Carmagnola ed è alla base di numerosi antipasti, del bagnet ross e della bagna càuda.
All’estero il peperoncino è usato molto in Messico (nelle salse, nel chili con carne), in Nordafrica (elemento base dell’aharissa), in India, in Thailandia e nelle due Coree. L’utilizzo è molto diffuso in oriente, sebbene la pianta sia giunta in Asia solo dopo l’arrivo degli europei.
Il peperoncino infine è il cibo preferito di molti volatili, per i quali costituisce una fonte di vitamina C e carotene, necessari soprattutto durante la muta del piumaggio colorato.
Dopo aver letto la storia millenaria di questo piccolo frutto, affascinante dono che la natura offre all’uomo, anche io mi sono sentito baciato dalla “fortuna piccante” che il peperoncino, umile portafortuna, elargisce senza distinzioni di sorta.
Filippo Cipriano

 

 

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