Dall’esame dei primi Piani Regolatori, dalla presa di Roma nel 1870 fino all’avvento del Fascismo emerge la storia dell’urbanistica romana.
Quando i Piemontesi entrano in Roma, il 20 settembre, decisero già dal 3 febbraio dell’anno successivo di trasferire a Roma la Capitale del Regno, portandosi appresso tutto il carico di ministeri e impiegati da collocare in una città che aveva solo 200.000 abitanti, e nella quale la burocrazia era ristretta alla Curia ed all’amministrazione assai semplificata e decentrata dello Stato Pontificio (vedi Localizzazione dei Ministeri).
Quegli anni sono caratterizzati da un notevole incremento della popolazione: 212.00 in censimento 1871, 422.000 nel 1901, 660.000 nel 1921, 931.000 nel 1931, 2.188.000 nel 1961, per raggiungere massimo di 2.840.000 nel 1981 e cominciare a diminuire negli anni successivi. Sostanzialmente, date anche le difficoltà finanziarie del nuovo stato unitario, al fine di risparmiare sui costi di trasferimento della Capitale da Firenze a Roma, si decise di effettuare tre operazioni:
- Localizzare i ministeri nelle sedi conventuali (vedi Localizzazione dei Ministeri), operazione resa possibile grazie ad una legge del 19 giugno 1873, che estendeva anche a Roma la legislazione piemontese sulla soppressione delle corporazioni religiose del 1866/67. In tal modo si procedette ad espropriare 134 delle 221 case religiose esistenti assegnandone gli immobili al comune o ad enti pubblici, o la destinazione ad utilità pubblica, o la vendita;
- Espandere le principali funzioni direzionali nella zona tra la “ferrovia” (la Stazione Termini) e il Quirinale, quindi lungo l’asse di via Nazionale voluto dal cardinale De Merode nel 1870, e sui terreni della Villa Peretti Montalto;
- Espandere le ulteriori nuove funzioni direzionali e abitative sulla zona dei Prati di Castello, anche quelle di proprietà dal De Merode che aveva acquistato Villa Altoviti e che, dal 1873 al 1883, in barba a tutte le previsioni urbanistiche del tempo, aveva iniziato a vendere i lotti alle famiglie della nobiltà romana e piemontese che in Prati costruiranno o le case “da reddito” o le residenze romane di famiglia (http://www.romacittaeterna.eu/xxii-prati.html).
Il Piano Regolatore del 1883 messo a punto dall’ing. Viviani, sostanzialmente recepisce le espansioni già avvenute a spese della Villa Altoviti, in Prati, della Villa Strozzi (Teatro dell’Opera) e Villa Montalto Perretti a Termini e prevede le prime espansioni fuori Porta del Popolo lungo via Flaminia (http://www.cittasostenibili.it/industriale/industriale_Scheda_6.htm). Inoltre, nel 1886 una disgraziata “variante” di questo piano permetterà la distruzione di Villa Ludovisi.
Il Piano resta in vigore, con diverse “varianti”, per 25 anni finché Ernesto Nathan, sindaco dal 1907 al 1913, affidò la redazione del nuovo piano al marchese Edmondo Sanjust di Teulada, non coinvolto nelle proprietà terriere romane, che redasse il piano del 1909, con un programma di espansione fuori le mura Aureliane (Piano Regolatore del 1909). Questo Piano è basato essenzialmente su due tipologie edilizie: il fabbricato (alto non più di 24 metri), ed il villino, che nel 1920 fu modificato in palazzina per far fronte al grande bisogno di abitazioni del primo dopoguerra.(http://www.cittasostenibili.it/industriale/industriale_Scheda_7.htm).
Da allora il tipo edilizio della palazzina ha avuto grande fortuna, non solo presso i proprietari dei suoli ma anche presso gli inquilini. Divenne, infatti, il tipo edilizio preferito dalla borghesia romana, e le palazzine, con i loro piani terreni di negozi, i quattro piani più attico, i balconi e i distacchi risicati dai quali spunta un po’ di verde sono oggi il paesaggio tipico di molti quartieri della città.
Sotto il Fascismo, nel 1925 è istituito il Governatorato, e, tranne la breve reggenza di Giuseppe Bottai (1935-’36), i governatori di Roma furono, fino al 1943, esponenti dell’aristocrazia terriera ex papalina (Spada, Boncompagni-Ludovisi, Colonna, Borghese). Nel 1930 il Governatore, principe Boncompagni Ludovisi nomina una Commissione per la redazione del nuovo Piano composta, tra gli altri, da Gustavo Giovannoni, Marcello Piacentini e Antonio Muñoz. Il Piano Regolatore del 1931 mira alla massima utilizzazione dei suoli (http://www.cittasostenibili.it/urbana/urbana_Scheda_12.htm), in pratica: La crescita intensiva e prevalente avviene
- verso Est, tra la Salaria e l’Appia, dove tutte le aree libere sono destinate a intensivi o palazzine.
- a Ovest tra la Flaminia e la Portuense, dove l’edificazione è prevista soprattutto a villini.
- a sud, tra Testaccio e la Magliana, dove sono concentrate le aree destinate all’industria.
Numerosissime, le demolizioni previste nel centro storico.
I tipi edilizi fondamentali del Piano restano le palazzine e gli intensivi che avrebbero dovuto ospitare oltre i tre quarti della nuova popolazione prevista dal Piano. Si introducono tre nuovi tipi edilizi, destinati soprattutto a residenze per gli alti redditi, localizzati essenzialmente nei territori occidentali esterni, tra la Cassia e la Portuense: Ville signorili, Villini signorili, Case a schiera (di due piani, con almeno 6 alloggi).
Il meccanismo attuativo avviene attraverso i Piani Particolareggiati di esecuzione. In pratica redatti e approvati senza alcuna programmazione, quasi sempre con aumenti di edificazione. Assieme alla mancanza di effettiva struttura del Piano, ciò ha contribuito alla crescita disordinata, senza verde e congestionata, di molte parti della città consolidata.
In questo ambito, la zona tra la Flaminia e la Salaria, che il Piano Sanjust destinava a “Giardini”, viene articolato in vari “Parchi Pubblici”, tra la Flaminia e viale dei Parioli, e in zone a “palazzine” nell’area tra viale dei Parioli e Villa Savoia e via Salaria, sui terreni dell’ex Villa De Heritz.
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