Scribonia aveva avuto figli da tutti e due i suoi mariti e tutti andarono bene. Un figlio da lei avuto da Cornelio Scipione divenne console nel 16 a.C. e Cornelia, la sua prima figlia femmina, fu una creatura dolcissima. Era sposata, aveva avuto tre figli, aveva condotto una vita esemplare ed era amatissima dalla sua famiglia. Purtroppo la morte se la prese ancora giovane e Cornelia venne con molta tristezza cantata da Properzio
L’elegia di Properzio inizia con il lugubre suono delle trombe che si alzava alto nel momento preciso in cui si dava fuoco alla pira. Le fiamme avvolgevano ormai il corpo della giovane e il marito e i figli singhiozzavano lì vicino. Mentre Cornelia si stava riducendo a un pugno di cenere, il fantasma della giovane, ormai passata nell’aldilà, rievocava tutta la sua vita e tutto il mondo sotterraneo dei morti si era arrestato per ascoltarla. Cornelia, presentandosi ai giudici infernali, spiegò di essere una donna di nobilissima famiglia che da una parte discendeva da Scipione l’Africano e dall’altra dai Liboni (??).
La sua storia, affermava, era semplice e senza macchia. Essa aveva appena deposto la veste della fanciullezza quando erano apparse le faci nuziali che avevano rischiarato la strada che la conduceva alla casa del marito. A lui era stata unita nel letto e quel letto lei lo aveva abbandonato soltanto dopo morta. Tutto questo, essa diceva, lo si poteva leggere sulla sua epigrafe e qualsiasi viandante che passando davanti alla sua tomba si fosse soffermato un attimo, avrebbe visto che il più gran vanto della giovane defunta era stato quello di essere “univira”: moglie di un solo marito.
Tutti i suoi antenati, proclamava, la giovane, potevano testimoniare della purezza dei suoi costumi, confermare quanto essa fosse sempre stata piena di riserbo e come essa non avesse mai cercato di intromettersi negli affari del marito o influire su esso quando egli era stato censore. Tra le faci nuziali e le torce del funerale la sua vita era trascorsa serena e irreprensibile e essa si proclamava onesta non per paura delle leggi, ma in virtù della sua stessa natura. Ogni donna diceva poteva dichiararsi fiera di sedere accanto a lei. Persino la sua antenata Clodia che, quando era stata calunniata e la gente aveva messo in dubbio la sua castità, aveva pregato Cibele, la cui nave si era arenata mentre la pilotavano verso Roma, di dare una prova della sua purezza; e la Grande Madre l’aveva aiutata facendo muovere l’imbarcazione soltanto quando Clodia, dopo aver legato alla prua la sua cintura, l’aveva tirata verso l’approdo.
Anche Cornelia come la sua antenata era sempre stata pura ed era sempre stata una buona moglie e una buona figlia. Neanche alla madre infatti Cornelia aveva mai fatto un torto ed era cosa certa che in tutta la vita di sua figlia Scribonia non aveva mai potuto desiderare altro che non la sua morte immatura. Tutto nella giovane donna era stato perfetto e lo provava la sua veste onoraria, un abito che potevano indossare solo le madri di tre figli, i tre figli che Cornelia aveva avuto e dei quali sui vantava perché regalandoli al marito non aveva lasciato la casa senza eredi. Su questi figli essa adesso nell’aldilà riponeva le sue speranze. Alla figlia augurava di avere una vita coniugale uguale alla sua e di essere, come lo era stata lei, la moglie di un solo marito. ai suoi bimbi poi augurava di avere una numerosa discendenza.
Quindi la defunta si preoccupava di coloro che aveva lasciato su questa terra e si dilungava in quelle dolcissime raccomandazioni proprie ad una buona madre di famiglia. Prima di tutto si raccomandava al marito di far lui da padre e da madre ai loro ragazzi e lo pregava “…. se devi piangere, fallo quando loro non ci sono. Quando verranno ingannali con gli occhi e le guance asciutte.
Ma Cornelia non dimenticava che il marito, ancor giovane, poteva consolarsi e prendere un’altra moglie. Si preoccupava perciò dell’impatto che una cosa del genere avrebbe potuto avere sui suoi figli e sulle conseguenze che ne potevano derivare. Bisognava assolutamente che essi venissero amati dalla matrigna, quindi pregava loro che se mai avessero visto porre un altro “lectus genialis” nell’atrio, guardando il disagio della nuova sposa mentre, preoccupata, si sarebbe seduta su esso, fossero gentili con lei e mostrassero di sopportare di buon grado la nuova moglie del padre “Le vostre virtù” diceva loro “vinceranno il suo animo. Ma davanti a lei ricordatevi di non lodarmi troppo. Questo potrebbe irritarla. Non fate mai paragoni tra lei che è lì ed io che non ci sono più”
Se il padre non avesse dovuto risposarsi, essa pregava i figli di stargli vicino ed assisterlo. Infine supplicava gli dei di aggiungere alla vita dei figli tutti gli anni che a lei erano stati tolti e , ringraziando il cielo di non aver mai dovuto portare il lutto per uno dei suoi bambini, si rallegrava che tutti coloro che aveva messo al mondo l’avessero accompagnata alla sua tomba.
Veder morire una così dolce creatura aveva fatto piangere molti e tra questi anche Augusto, suo patrigno, e Cornelia se ne vantava dicendo “… Le mie ceneri sono glorificate anche dal pianto di Cesare. Singhiozzando ha detto che in me sua figlia aveva una degna sorella e con le sue lacrime ha provato che anche gli dei possono piangere”.
Non si sa se Augusto partecipasse al corteo funebre. Probabilmente lo fece. Cornelia gli era figliastra e sorella di sua figlia, e in questa occasione egli dovette vedere tra i dolenti Scribonia. Lei povera donna non ebbe una vita molto felice e con le figlie non ebbe fortuna, Se Cornelia le spezzò il cuore morendo, l’altra figlia glie lo fece sanguinare vivendo e la costrinse in tarda età a duri sacrifici che essa affrontò serenamente pur di porgere a quell’altra sciagurata, che, tutto sommato, essa aveva messo al mondo, un po’ di conforto nell’ora della disgrazia.
Fonte: “Amori ed amanti tra la repubblica e il principato” di Eugenia Salza Prina Ricotti, pubblicato a Roma nel 1992, editore L’Erma di Bretschneider. Eugenia Salza, deceduta nel 2015 a 93 anni, è stata archeologa e scrittrice.
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