Nel Mausoleo di Costanza il deambulatorio anulare intorno all’altare è completamente rivestito di splendidi mosaici.
Il “Non spazzato di Santa Costanza” è un breve racconto tratto da Isole. Guida vagabonda di Roma di Marco Lodoli che parla di uno splendido mosaico nel Mausoleo di Costanza.
“A tanti romani, credo, è capitato di partecipare a qualche matrimonio celebrato nella chiesa di Santa Costanza, sulla Via Nomentana. Si ammira la sposa, si salutano amici e parenti, si suda impacchettati nei vestiti eleganti, si lancia una manciata di riso, e poi via, tutti in macchina verso un ristorante lontano, suonando il clacson allegramente. Della chiesa rimane un ricordo vago, in fondo era solo il contenitore di un evento gioioso: e invece è uno dei luoghi più belli della nostra città e merita una visita silenziosa.
Non starò qui a farvi da cicerone, a raccontarvi tutte le trasformazioni di questo straordinario edificio circolare, prima mausoleo pagano, poi tempio cristiano, poi punto d’incontro di artisti olandesi un po’ goliardi, e di nuovo chiesa cattolica. Voglio solo indicarvi un punto del soffitto del deambulatorio anulare, termine tecnico per definire il corridoio rotondo che avvolge la zona dell’altare. La volta è completamente ricoperta da meravigliosi mosaici dell’inizio del IV secolo, alcuni con decorazioni geometriche, altri con motivi vegetali che rimandano al tema evangelico della vigna.
Ma quelli su cui appuntare lo sguardo con più attenzione stanno a destra e a sinistra del sarcofago di Costanza. Sono del tipo detto «non spazzato», che finge i residui di un pranzo caduti a terra. È una idea grande e antica, il disordine che diventa opera d’arte, qualcosa che anticipa il jazz e l’action painting, le colature di Pollock e i caotici cataloghi di Alighiero Boetti. È l’universo precipitato dalla compostezza di una tavola ben apparecchiata, l’armonia che cade e si disperde sul pavimento della vita.
Ci sono piatti e anfore, otri e vasellami, smarriti tra cento frasche e rametti, tra uccelli di ogni tipo, pavoni, pernici, fagiani, volati fin qui per beccare briciole e tozzi di pane. Viene da aguzzare gli occhi cercando le chiavi di casa perdute in una trattoria, e l’ombrello, e una fidanzata, e i giorni andati, tutto ciò che stava ordinato sulla nostra tovaglia e poi è caduto chissà dove. Ma forse il mondo intero giace scomposto sul pavimento non ancora spazzato, e bisogna amarlo prima che passi la Grande Scopa.”
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