Konrad Wachsmann giunse a Roma, trentunenne, nel 1932, ospite per sei mesi dell’Accademia tedesca di Villa Massimo, ma la degenerazione della situazione politica in Germania lo costrinse all’esilio. Rimase a Roma sino al 1938, si rifugiò poi in Francia e nel 1941 emigrò definitivamente negli Stati Uniti.
A Roma esercitò per sei anni la professione sotto la protezione discreta del direttore dell’Accademia.
Aprì uno studio in corso Trieste e partecipò alla vita culturale della colonia tedesca della città. Ebbe come collaboratore Wolfgang Frankl negli stessi anni in cui questi iniziava il suo lungo sodalizio di lavoro con Mario Ridolfi.
L’unico edificio costruito da Wachsmann a Roma è il Villino Tannembaum in via di Villa Pepoli 5 (San Saba) del 1934. Questo villino è una casa coperta con un tetto a falde che si sviluppa su tre piani più un seminterrato, con due appartamenti per piano e l’alloggio per il custode. Quest’ultimo, così come nella palazzina di viale di Villa Massimo alla quale nello stesso anno lavoravano Ridolfi e Frankl, è addossato al muro di recinzione sul fronte della strada a definire, insieme al garage e in continuità con la pensilina che marca la porta d’ingresso, il forte spessore di un basamento chiuso. Come ha notato Carlo Severati, la casa si caratterizza per la sua «mancanza di stile», per la dichiarata riduzione cioè di ogni connotazione linguistica che, se nel fronte principale su via Guido Baccelli concede un minimo di spazio a una soluzione di prospetto articolata e rappresentativa, tende all’azzeramento nel fronte d’ingresso ed in quelli laterali.
Apparentemente estranee alle ricerche formali che in quegli anni si sviluppano nell’ architettura romana, le opere di Wachsmann anticipano, con la loro oggettività costruttiva che diviene forma di una «poetica del silenzio», alcuni temi che prenderanno corpo negli anni Quaranta. La soluzione di prospetto su via Domenico Chelini della casa in via Giuseppe Mercalli, ad esempio, sembra costituire l’antecedente diretto della palazzina di Piccinato in via Archimede e delle successive «variazioni sul tema» sino alla palazzina Furmanik di De Renzi.
Fonte: Piero Ostilio Rossi – Roma, Architettura moderna – Laterza
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