Giulio III. I progetti

Giovanni Maria del Monte, papa Giulio III dal 1550 al 1555 è stato un papa molto chiacchierato (vedi Giulio III. Lo scandalo) ma di sicuro un grande mecenate. Questa pagina parla dei suoi progetti.

Appena eletto al soglio pontificio, con la scusa che ricorre l’Anno Santo (1550) Giulio fa realizzare un apparato effimero per la cerimonia di incoronazione composto da archi decorati, stucchi, fregi e altre opere temporanee a cui lavorarono, fra gli altri, Bartolomeo Ammannati, Taddeo Zuccari, il Salviati. E’ lui che convince Michelangelo a restare a Roma nonostante i pressanti inviti di Cosimo I de’ Medici che lo vuole a Firenze.

E’ appassionato di feste, carnevale, banchetti, gioco; durante tutto il regno fa rappresentare commedie pagane, ospita letterati come Pietro Aretino e Paolo Giovio, patrocina musicisti come Giovanni Pierluigi da Palestrina. E a metà regno, una volta realizzata villa Giulia, le principali manifestazioni mondane si svolgono in questa villa sfarzosa.

Questo papa è malvisto dai suoi sudditi romani per le tasse che impone, per sostenere le spese relative alla sua volontà di grandezza. Quello che pesa sulla finanze dello Stato pontificio sono i progetti ambiziosi (e costosi) che avvia per assicurare lustro alla propria famiglia.

Oltre a rendere indimenticabile la sua “vigna fuori della Porta del Popolo”, cioè Villa Giulia, il papa fa sistemare il palazzo di famiglia a Monte San Savino, sistema e assegna al nipote Giovannni Battista la sua residenza romana (sul sito dell’odierno palazzo Braschi) e concepisce progetti ancora più ambiziosi nel Campo Marzio.

Qui fa studiare la trasformazione del Mausoleo di Augusto in palazzo, riprende il progetto di papa Paolo III Farnese di aprire la via Trinitatis dalla collina del Pincio a Ripetta (le attuali vie dei Condotti, via della Fontanella di Borghese, via del Clementino, via di Monte Brianzo) e acquista diverse proprietà per costruire due palazzi, per il fratello Baldovino e per suo figlio Fabianoo, collegati da un giardino porticato.

L’obiettivo è quello di realizzare qualcosa ancora più spettacolare di palazzo Farnese appena costruito nel rione Regola. Nel 1552 prendono avvio i lavori sotto la direzione di Bartolomeo Ammannati mentre Pellegrino Tibaldi (1527-1596), Taddeo Zuccari e Prospero Fontana (1512-1597) affrescano le sale. Qualcosa di questo ambizioso progetto lo possiamo vedere in quello che oggi si chiama Palazzo di Firenze (oggi sede della Dante Alighieri). Del palazzo di Fabiano, che avrebbe dovuto affacciarsi sulla via Trinitatis (oggi via del Clementino), non se ne fa nulla, perché Giulio muore.

Ma il progetto della sua vita, quello che doveva assicurare lustro a sé e al proprio lignaggio è la splendida residenza da realizzare nella sua vigna di Roma, fuori della porta del Popolo. Diversi progetti si susseguono tra l’inizio del 1551 e la fine del 1552. Ai primi disegni di Giorgio Vasari si aggiunsero i progetti di Bartolomeo Ammannati e di Jacopo Barozzi da Vignola: preponderante il ruolo del primo, che prese in mano la direzione dei lavori, concentrati dapprima sul casino, poi sul ninfeo articolato in una fontana e una loggia. Sono chiamati a realizzare le decorazioni pittoriche della villa Prospero Fontana, Pietro Venale (Pietro Mongardini) e Taddeo Zuccari.

Tutto avviene sotto il diretto controllo del pontefice che riguarda tutti i disegni e si reca lì giornalmente in cantiere, mettendo a dura prova la pazienza degli artisti e delle maestranze. Una prova degli interventi papali la vediamo sulla facciata dove è evidente come, in fase avanzata di costruzione, si rinuncia al piano mezzanino per dare tutta l’altezza ai saloni del piano terra.

In questo grande complesso Ammannati realizza all’incrocio della via d’accesso alla villa dalla via Flaminia (via Julia Nova), sulla parte esterna del porticato realizzato dal Sansovino in un cantone della Vigna Bassa, una fontana pubblica, la Fontana dell’Acqua Vergine ornata da statue e molto apprezzata dai viandanti nei mesi caldi (fons viatoribus gratissimus). Anche la chiesa di Sant’Andrea sulla via Flaminia, costruita nel 1552-53 su progetto del Vignola e decorata dal Pellegrini (Pellegrino Tibaldi) e dal Sermoneta (Girolamo Siciolante), deve essere considerata più una cappella privata, eretta in forme classiche e dedicata a un santo cui Giulio III era particolarmente devoto, che un edificio per il culto pubblico.

Nel 1553, per consolidare la posizione raggiunta dai Del Monte, Giulio III dona la villa a Baldovino e ai suoi discendenti e fa affiggere una lapide in cui ammonisce i posteri che la proprietà del luogo è della famiglia del Monte.

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