Istituto Comprensvo Via Volsinio

L’Istituto Comprensivo “VIA VOLSINIO”, nato nell’a.s. 2012-2013 dall’accorpamento di più scuole, costituisce un unico impianto formativo, che parte dalle Scuole Primarie “G. Mazzini” e “Via Santa Maria Goretti” e si completa con la Scuola Secondaria di Primo Grado “Esopo”.

L’Istituto Comprensivo “VIA VOLSINIO” ha la sede centrale e gli uffici amministrativi nell’edificio dove la Scuola Primaria “G. Mazzini” e la Scuola Secondaria di Primo Grado “Esopo” sono da tempo collocate.

Il grande edificio, progettato negli anni Trenta dall’ing. Cesare Valle, si eleva imponente ed elegante nella piazza Volsinio, prospiciente il Parco Nemorense-Virgiliano, polmone verde della città e punto di riferimento del quartiere, di recente restaurato e restituito al suo antico splendore.

I due ordini di scuole concorrono, mediante un comune condiviso intento formativo, alla crescita degli alunni nella loro interezza e nella specificità degli aspetti affettivi, cognitivi, relazionali che caratterizzano ogni età. Ciò favorito anche dalla realizzazione di esperienze in collaborazione con altre istituzioni, agenzie formative ed Enti, nella prospettiva dell’ampliamento dell’offerta formativa e della continuità.

3. La Vostra Scuola :  Edificio scolastico Mazzini

L’imponente ed elegante edificio che attualmente ospita la sede centrale dell’Istituto comprensivo “Via Volsinio” (che riunisce le Scuole primarie “Mazzini” e “Via Santa Maria Goretti” e la Secondaria di Primo grado “Esopo”) fu realizzato nel 1931 su progetto dell’ingegnere Cesare Valle (1902 – 2000) Cesare Valle è uno dei grandi protagonisti dell’architettura romana, fondatore dello “Studio Valle Progettazioni” tuttora esistente e protagonista di grandi e prestigiosi progetti in tutto il mondo. 

La scuola, fu realizzata assieme ad altri grandi edifici scolastici romani, ed originariamente aveva la denominazione  “Italico Sandro Mussolini“. Nel 1935 l’edificio fu ampliato con una sopraelevazione. Questa scuola rappresentò un diverso modo di concepire il ruolo dell’edificio scolastico e il progetto delle zone verdi nella costruzione sia dei nuovi quartieri quanto nelle zone di “saldamento” edilizio. In linea con le tendenze del Razionalismo si passò infatti dalle condizioni di stretta necessità e di urgenza, che in precedenza avevano condizionato la realizzazione delle scuole in edifici adattati allo scopo, a riconoscere invece il ruolo fondamentale nella strutturazione dello spazio urbano che poteva essere assolto proprio dalla loro realizzazione ex novo. La “Sandro Mussolini”, realizzata sulle aree della ex Villa Lancellotti, completava con il Parco Nemorense il disegno del quartiere Savoia edificato lungo l’asse delle vie Tagliamento, Sebino e Nemorense. Dal punto di vista architettonico, la scuola – realizzata negli anni a ridosso della seconda Mostra dell’Architettura Razionale – pur non in contrasto con i principi del Razionalismo, del quale recepisce temi e principi, nonché il gusto per i volumi puri e le proporzioni nitide, tenta tuttavia una sorta di mediazione con l’architettura “tradizionale” nel senso della riconoscibilità e sequenzialità degli elementi e dei partiti architettonici.

Interessanti sono gli stucchi ed il corpo centrale all’angolo tra Via Volsinio e Via Panaro.

4. Esopo

Una parte della vostra scuola è intitolata ad Esopo, che nella cultura occidentale, sarebbe l’inventore della favola come “Genere Letterario”. Èsopo (in greco antico: Αἴσωπος, Áisōpos; nato forse in Bulgaria nel 620 a.C. circa e morto assassinato a Delfi nel 564 a.C.) ha avuto una grandissima influenza sulla cultura occidentale: le sue favole sono tutt’oggi estremamente popolari e note. Della sua vita si conosce pochissimo, e alcuni studiosi hanno persino messo in dubbio che il corpus di favole che gli viene attribuito sia opera di un unico autore, come per Shakespeare. Il suo stesso nome “Esopo” potrebbe essere una storpiatura della parola greca “etiope”, termine con cui i Greci si riferivano a tutti gli africani subsahariani. Inoltre, alcuni degli animali che compaiono nelle favole di Esopo erano comuni in Africa, ma non in Europa (Il leone, la cicogna, la scimmia ecc.). Si deve anche osservare che la tradizione orale di moltissimi popoli africani (ma anche dei popoli del Vicino Oriente e dei Persiani) includeva favole con animali personificati, il cui stile spesso ricorda molto da vicino quello di Esopo. Secondo Erodoto, Esopo morì di morte violenta, ucciso dalla popolazione di Delfi, dopo essere stato assalito durante una delle sue orazioni pubbliche. Si dice che fosse di aspetto orribile, un uomo gobbo e deforme, ma non tutte le fonti sono concordi in merito. Esopo è considerato l’iniziatore della favola come forma letteraria scritta. Per “Favole di Esopo” (in lingua greca: Aἰσώπου μῦθοι) si intende la raccolta di 358 favole costituite probabilmente da un nucleo primario di favole a cui, nel corso dei secoli, se ne sono aggiunte altre di varia origine. Le favole di Esopo si possono descrivere come archetipiche; la stessa definizione corrente di “favola” è basata principalmente sulla favola esopica. Si tratta di componimenti brevi, in genere con personaggi che sono animali personificati, con lo scopo esplicito di comunicare una morale.

Molte di queste favole sono talmente celebri da aver acquisito nella cultura moderna il ruolo di proverbio; alcuni esempi sono La volpe e l’uva, La cicala e la formica, Al lupo! Al lupo!, La tramontana e il sole e La gallina dalle uova d’oro. Molte furono anche riadattate da grandi scrittori di fiabe (per esempio Fedro o Jean de La Fontaine). Le favole di Esopo divennero proverbiali anche in epoca medievale, quando non si conoscevano più gli originali.

5. Il Topo di Campagna e il Topo di Città

Una delle favole più celebri  di Esopo è Il Topo di Campagna e il Topo di Città, la conoscete? La vita in campagna è tutta orientata alla natura ed il topo di campagna sa riconosce “i segni” della natura sia le prelibatezze, come i sacchi di grano, la frutta o i raccolti nei magazzini, ma riconosce anche i pericoli, le trappole con i pezzi di formaggio in bella vista, il volo dei falchi e delle cornacchie. Mentre il topo di città è attratto da altri “manicaretti” come le buste dell’immondizia, ma è ben attento a schivare i cani o le “esche” avvelenate.

Ecco, dividetevi idealmente in due gruppi, ma potete anche interpretare tutti e due i ruoli, uno, diciamo “Green – Verde” ed ambientalista, che coglie il paesaggio, gli aspetti naturali, gli alberi, le fontane, gli spazi verdi, i punti panoramici e l'”amenità” dei luoghi; l’altro invece è “Grey – Grigio” e guarda gli edifici, le strade, i lampioni, le insegne e la pubblicità. Tutti e due fanno foto o prendono appunti e poi alla fine della passeggiata fanno i confronti.

Vi dico subito che il lato Green è molto “ricco” all’interno del Parco Nemorense e di Villa Ada/Savoia mentre soprattutto lavorerà più su “ciò che manca” nelle vie esterne a questi due parchi. Al contrario il lato Grey avrà “troppo”, troppi stimoli e troppi dettagli da cogliere. Vediamo cosa succede.

6. Il Parco Virgiliano

Il Parco Nemorense, o Parco Virgiliano, è il cuore verde del quartiere di piazza Verbano e si trova tra via Nemorense, via Lago di Lesina, via Martigliano e via Panaro. Il Parco, realizzato nel 1930, conserva a tutt’oggi sia l’originario impianto che la funzione di parco “di quartiere” per cui era stato creato. È attrezzato con giostre, giochi per bambini e campi di bocce. Si trova nella zona residenziale tra via Nemorense e l’asse viario Corso Trieste-viale Eritrea.
Il Parco è chiamato anche Virgiliano in quanto inaugurato nell’anno del bimillenario del poeta latino Virgilio.

Il progetto del Parco si deve a Raffaele de Vico, direttore dell’allora Servizio Giardini, che riesce a coniugare le esigenze proprie di un parco “di quartiere”, dotato di attrezzature per il tempo libero e di giochi per bambini, con una semplice ma raffinata progettazione ispirata a modelli paesistici e naturali.
Nel progetto originario era prevista una distribuzione dei viali che scandiva e collegava le zone con diverse destinazioni: l’ampio stradone principale, carrozzabile, percorreva il perimetro del parco, lungo il limite della scarpata sud, e si articolava con tre viali minori che collegavano l’area per i giochi dei bambini, a nord, e quella per il caffè e il concerto all’aperto, dal lato opposto. Il piazzale a sud era caratterizzato da un laghetto a roccaglie, di forma irregolare, in asse con una cavea per i concerti mai realizzata, al cui posto fu invece costruito, nel 1933, uno chalet rustico, adibito a caffè. Sono in corso i lavori di ristrutturazione dello chalet per la riapertura di un punto di ristoro.
Per sottolineare la gerarchia dei viali de Vico adottò un sistema di ordini arborei di differente altezza: il viale principale era segnato da un doppio filare di alti tigli, così come il viale che inquadra prospetticamente il laghetto è fiancheggiato da alti pini, mentre i viali secondari sono delimitati da lecci e prunus pissardi.
Negli anni Ottanta è stato eseguito il restauro sulla base dei disegni dell’epoca restituendo al parco l’aspetto originario. Nel marzo del 2011 nel parco è stata realizzata una nuova area giochi e le aree verdi sono state sistemate ed integrate con siepi di ligustri e allori, aiuole con rose ed elicrisium, panzee e nastrino variegato.

Il parco fu dedicato a Virgilio in occasione del bimillenario della nascita del poeta ed inaugurato il 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma.

L’accesso princiaple è in piazza Volsinio (via Panaro) dove sono presenti delle scale e una scritta REGNANDO VITTORIO EMANUELE III / BENITO MUSSOLINI CAPO DEL GOVERNO / FRANCESCO BONCOMPAGNI LUDOVISI GOVERNATORE DI ROMA / IL XXVIII OTTOBRE MCM XXX- VIII / QUESTO PARCO VIRGILIANO / DEDICATO AL POETA DELL’ARATRO E DELLA SPADA / AL CANTORE DELL’OLIVO E DELL’ALLORO / NEL SECONDO MILLENARIO DELLA SUA NASCITA / RAFFAELE DE VICO ARCHITETTO.

7. Virgilio

 

5. Piazza Crati

Il Mercato Rionale Crati prende il nome dall’omonima piazza che si affaccia sulla nota Via Nemorense. Diversi sono i banchi ortofrutticoli, spesso di coltivatori diretti, ma non mancano banchi come macelleria, pescheria, intimo e abbigliamento vintage. A completare l’offerta commerciale ci sono due banchi di specialità regionali, rispettivamente uno con prodotti tipici pugliesi e l’altro con tipicità sarde.

 

Le palazzine di Piazza Crati sono state realizzate tra il 1929 ed il 1931 in stile “barocchetto Romano” da Raffaele Pietrostefani che era direttore della Cooperativa ferrovieri per la costruzione di nuove case operaie,  e Carlo Grazioli

18. Via Salaria

La strada Salaria parte dalle mura aureliane uscendo verso porta Salaria, appunto, si dirige diritta verso forte antenne per attraversare il fiume Aniene e dopo un bel pò di km arrivare all’attuale borgata Fidene.

Originariamente la strada si diramava fra prati e zone di bonifica, solo successivamente sanate, anzi diciamo che la bonifica definitiva avvenne circa due secoli dopo. La via salaria uscendo dalla periferia di Roma si dirige verso Settebagni per prendere infine la direzione della Tenuta Marcigliana Vecchia dove era presente un antico insediamento romano meglio noto come Crustumerium. Poco più avanti si incominciano a scorgere le prime montagne; ci troviamo all’attuale passo corese in direzione di Fara Sabina.

Qui la salaria si divideva in due tronconi molto importanti per gli antichi commerci, infatti una via all’altezza di Ponte Buita proseguiva verso via Cecilia che sfociava ad Atri – l’antica hatria – mentre l’altro troncone raggiungeva Rieti.

Prima di Rieti, infatti, si vedono due tronconi ben distinti uno che volge a levante superando l’Appennino in direzione Sella di Corno per affacciarsi sulla piana di Amiternum nelle vicinanze dell’attuale l’aquila prende per Passo delle Capannelle e va avanti sino a Teramo, o meglio attraversa il paese chiamato Pretutii.

L’altro troncone da Rieti risale per un pò il fiume Velino sino alle Terme di Cotilia sfruttate dai romani anzi valorizzate adeguatamente da un’insediamento numeroso tanto da far aprire nelle vicinanze un vero e proprio centro benessere con acque termali sempre calde acidule e solforose.

Proseguendo si arriva ad Antrodoco proprio sotto il Monte Giano dove, anche qui, i romani costruirono un’altro centro termale. Ma la salaria non si ferma, prosegue verso nord seguendo il fiume e attraversando gole e montagne. Qui la cultura e la preparazione dei romani viene indiscutibilmente alla ribalta. Per superare tutti questi “imprevisti” gli ingegneri di Augusto e Traiano superarono se stessi adottando delle soluzioni tecniche che ci stupiscono ancora oggi.

Superate le montagne la via salaria prosegue lungo la piana marchigiana della Valle del Tronto si incontrano quindi città note ed importanti anche oggi come Pescara del Tronto, Acquasanta Terme (anche qui sfruttato dai romani come centro termale a motivo delle acque albule), Lettera, Posta, Favalanciata, Quintodecimo per arrivare ad Ascoli Piceno. Andando sempre più avanti incontriamo finalmente il mare vicino a Castrum Trentium località vicina a Porto d’Ascoli nel comune di San Benedetto del Tronto.

19. Catacombe di Priscilla

Le Catacombe di Priscilla sono uno degli esempi più antichi di complessi catacombali a Roma, con nuclei che risalgono al II secolo, e si estendono su più livelli sotto Villa Ada e gran parte del quartiere Trieste.. Oggi l’ingresso è in via Salaria 430, nel Convento delle Suore Benedettine di Priscilla che curano la custodia e le visite del complesso.

Priscilla era una nobildonna romana, clarissima foemina (ossia moglie di un senatore) della famiglia degli Acilii Glabriones, famiglia imparentata con la famiglia imperiale, che protesse i primi cristiani accogliendoli nelle cave di tufo scavate sotto la sua villa. Il nome di piazza Acilia infatti deriva il suo nome di questa famiglia.

Il nucleo più antico delle catacombe, noto come il Criptoportico, è l’ipogeo gentilizio della villa degli Acili del I secolo d.C. che comprendeva una vasta parte di territorio che costeggiava questo tratto della via Salaria. In questa area furono inizialmente sepolti i nobili membri della famiglia. Il criptoportico è formato da una serie di ambienti, il più importante dei quali è la cosiddetta “cappella greca” dove le decorazioni denunciano l’alto livello di cultura e di posizione socio-economica dei “padroni di casa” e ciò rende queste profondamente diverse dalle altre catacombe romane.

Sul soffitto c’è un dipinto del Buon Pastore, che porta sulle spalle non il solito agnello ma un capretto, e numerosi affreschi del III secolo d.C. dove tornano con insistenza le immagini del repertorio figurativo-simbolico dei primi cristiani, come Giona e la balena, metafora della Resurrezione, e l’Orante, ossia la figura femminile nell’atto di tenere alzate le braccia in segno di adorazione o preghiera.

Tra gli affreschi di questa area, in una piccola cappella sepolcrale c’è quella che forse è la più antica rappresentazione dell’Eucarestia, ossia dello “spezzare il pane” del sacerdote insieme ad altre persone riunite a mensa, come si usava in quei tempi antichissimi. Nell’affresco, un uomo anziano spezza il pane e la presenza di una donna testimonia come nell’antichità esistessero le diaconesse. Sulla tavola è presente anche del pesce, il cui nome in greco veniva assunto dai cristiani come acronimo formato con le iniziali della frase greca: “Gesù Cristo, figlio di Dio, salvatore”.

In queste gallerie delle catacombe di Priscilla c’è la più antica immagine della Madonna che si conosca, risalente al II secolo. La Madonna è ritratta seduta con il bambino in braccio accanto al profeta Balaam che indica una stella, con affreschi su fondo rosso-cinabro rappresentanti episodi biblici. Alcuni piccoli ambienti che si aprono lungo le gallerie sono “tombe di famiglia” solitamente affrescate con cura, con scene bibliche o di vita reale. Nel cubicolo dei Bottai in particolare sono rappresentati i momenti più significativi della vita di una donna: matrimonio, maternità e morte. Da una cava di pozzolana ebbe origine, tra il II ed il III secolo, una nuova regione cimiteriale. Tra il III e il V secolo, il cimitero accolse i corpi di numerosi martiri e di alcuni pontefici.

Al termine delle persecuzioni, le catacombe di Priscilla diventano meta di pellegrinaggi. Sono collegati i vari nuclei della catacomba che diventa col tempo un unico grande complesso. E in superfice, sul colle sul lato sinistro di via Salaria dov’era l’ingresso delle catacombe, sono realizzate ancora tombe e oratori Il colle di cui parliamo è ancora lì e il suo nome è rimasto nel nome in una strada qui vicino, Monte delle Gioie.

Su questo colle Silvestro, il primo papa che grazie a Costantino non morì martire, fa costruire una chiesa, completamente ricostruita, e la consacra a due martiri, Felice e Filippo. Sono ragazzi uccisi insieme ai fratelli e alla madre, Santa Felicita, titolare dell’omonima catacomba in via Simeto (Catacomba di Santa Felicita), la cui immagine è in un vecchio affresco nella chiesetta sotterranea che si incontra per prima nella visita di queste catacombe. Filippo in particolare è quello di via di San Filippo Martire una piccola strada dei Parioli che, prima della nascita della grande tenuta Savoia (oggi Villa Ada), arrivava proprio lì, all’ingresso delle catacombe in cui era sepolto.

Nel 1802, durante il pontificato di Leone XII, nella catacomba venne ritrovata una tomba con un vasetto ovale contenente tracce di sangue. Il loculo era chiuso con tre tegole di terracotta con dei simboli e una scritta illeggibile che fu interpretata, forse in modo arbitrario, come: PAX TECUM PHILUMENA. E i poveri resti divennero le reliquie di Santa Filomena, vergine e martire cristiana, vissuta nel III secolo, il cui culto si diffuse rapidamente nel mezzogiorno d’Italia.

20. Monte delle Gioie

Con il permesso delle suore benedettine di Priscilla, si entra nel cancello al numero 275 D.  Dopo una breve salita si arriva a uno spiazzo erboso sul quale sorge la ricostruzione moderna di una antica basilica catacombale, costruita intorno al III secolo, da papa Silvestro I su uno degli ingressi delle Catacombe di Priscilla.

Per circa un secolo dopo l’editto di Costantino, questa basilica è stata meta di processioni e pellegrinaggi.   Qui si celebrava l’Eucarestia sulle tombe dei martiri, partecipando alla loro gioia nel regno dei cieli e da questa “beatitudine” che avvolgeva i fedeli deriva il nome che allora caratterizzava questo colle: mons gaudiorum, cioè Monte delle Gioie.

Vicino ai resti dei martiri, inoltre, volevano essere sepolti i cristiani d’allora. Si scavarono nuove gallerie e le antiche catacombe divennero grandi cimiteri sotterranei, peraltro seguendo la legge romana che proibiva sepolture all’interno della città.

Tutte le antiche vie romane lungo le quali si trovavano le catacombe furono chiamate Vie dei Martiri e divennero luogo di lunghe processioni con in testa vescovi e clero.  La via Salaria in particolare, visti i numerosi complessi catacombali allineati nel suo primo miglio da Porta Salaria a qui, fu una delle più frequentate tra queste vie.

Questa pratica fu abbandonata con l’arrivo dei cosiddetti barbari che resero insicure le strade fuori le mura di Roma.  La basilica di papa Silvestro, in particolare, è distrutta nel 410 dai Goti di Alarico che qui si accampano prima nel Sacco di Roma.

A proposito di Monte delle Gioie, molto meno suggestivo è il racconto che il toponimo derivi dal nome della famiglia Gogia, che nel Trecento possedeva l’area, oppure  da un tal Lello di Buccio Gioia che, secondo un manoscritto dello stesso periodo, vendette queste terre a una certa Giovanna, vedova di Andreozzo.

Nei secoli passati, alcuni credevano che qui fosse sepolto un favoloso tesoro e diverse furono le spedizioni di ricerca organizzate per trovarlo; senza mai alcun riscontro.  Altri invece erano convinti che questo luogo, fosse popolato dagli spiriti.  Tutte credenze spiegabili con la presenza dell’accesso al vasto labirinto di cunicoli delle catacombe di Priscilla.

Ciò che invece possiamo dire con certezza è che il Monte delle Gioie fu riscoperto a  fine Ottocento quando Giovanni Battista De Rossi e Orazio Marucchi ritrovarono i resti dell’antica basilica e il sottostante ipogeo degli Acilii.

21. Piazza di Priscilla

 

 

Piazza di

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