La Tomba di Teresa Pelzer è un breve racconto tratto da Isole. Guida vagabonda di Roma di Marco Lodoli che parla di una tomba di una giovane donna, Teresa Pelzer, a Santa Maria del Popolo, nella cappella che vanta ben due capolavori di Caravaggio.
Ogni tanto è giusto andare a ritrovare dei capolavori, come si rilegge un classico per ascoltare di nuovo le sue parole, che sono sempre quelle, d’accordo, ma noi nel frattempo siamo un po’ cambiati e forse impariamo qualcosa in più. C’è sempre una sorpresa, un dettaglio che non avevamo mai notato.
Cosi una domenica vi consiglio di entrare a S.Maria del Popolo: è una chiesa che basterebbe da sola a riempire un manuale di storia dell’arte. Ci sono opere di Raffaello e Pinturicchio, Sebastiano del Piombo e Carracci, e naturalmente le due celebri tele di Caravaggio, la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo. Sono immerse nella penombra della cappella Cerasi e bisogna spendere una monetina per garantirsi un po’ di luce: ogni visitatore aspetta che sia un altro a farIo per godersi i quadri illuminati. Ormai si cerca di risparmiare su tutto, la crisi rende miseri.
E cosi, mentre galleggiamo in quella semioscurità, il nostro sguardo d’improvviso s’inchina su un sepolcro. È la tomba di Teresa Pelzer, «letteris et musicis sapientissima», moglie di uno dei Cerasi e morta di parto nel 1852 a ventisette anni. Un bassorilievo la rappresenta distesa serenamente, con gli occhi chiusi e il viso dolcissimo: pare la bella addormentata. Poggiato sul petto, avvolto da un velo leggero, c’è il suo bambino appena nato.
Nessuno ci fa caso, i turisti sono completamente presi dalla potenza del Caravaggio, sfogliano le guide, commentano a bassa voce, ignorano del tutto quella modesta opera funeraria, un marmo neo classico e patetico, scolpito da qualche ignoto accademico. Eppure, per una volta almeno, questa tomba ci sembra di una bellezza struggente, ci fa immaginare la vita di quella giovane donna, il suo amore per la poesia e la musica, la difficile gravidanza, il parto tremendo, la sua morte e la vita del bimbo che ancora stringe a sé.
È un meraviglioso canto d’amore, unico nel suo genere, commovente come un addio. Arte minore, probabilmente, ma capace di spingere un brivido nell’anima, un pensiero nella mente.
Marco Lodoli
Il monumento funebre nella cappella di Antonio Ceresa in Santa Maria del Popolo, è stato voluto dal marito, il tedesco Stefano Pelzen, per la consorte Teresa, morta di parto nel 1852 ad appena ventisei anni. Teresa giace sdraiata sul letto con la testa appoggiata su due cuscini, come Maria Colonna Lante, e stringe al petto il suo bambino, che pare dormire sereno. Le pieghe del vestito che cadono morbide rivelando la maestria del suo artefice e la capacità di rendere, nella semplicità delle forme, i sentimenti più intimi. Il monumento è firmato, come si legge sulla lastra in alto a destra, “G. Tenerani faceva 1857”. Giuseppe Tenerani prese a modello il monumento di Maria Colonna Lante in S. Maria sopra Minerva, realizzato dal fratello Pietro Tenerani.
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