Roma è diventata italiana il 20 settembre 1870. Ma in quella data non era certo una grande metropoli europea. Lo diventerà faticosamente nei decenni successivi, più sulla base di interessi privati che si espandono, che sulla base di un governo pubblico e organico della città. In questo quadro la giunta di Ernesto Nathan rifulge come un fiore nel deserto. grazie al rigore morale e alla profonda concezione laica dello Stato del nuovo sindaco. dal novembre 1907 al dicembre 1913, in coincidenza con i cinquant’anni dell’unità d’Italia, quella giunta trasforma il volto di Roma.
Ernesto Nathan (Londra 1948 – Roma 1921) nasce a Londra da famiglia ebrea e mazziniana (che aveva ospitato Giuseppe Mazzini in esilio), era stato gran maestro della massoneria e l’alleanza con la quale vinse le elezioni aveva come avversari i cattolici ed i conservatori, che all’epoca sostanzialmente coincidevano.
Nathan chiama gli uomini migliori da ogni parte d’Italia. La rappresentanza socialista in giunta è composta dal mantovano Ivanoe Bonomi, assessore alla Ragioneria, dal pavese Giovanni Montemartini, ai Servizi Tecnologici, da Tullio Rossi Doria, padre di Manlio, assessore alla Sanità. L’assessore alla scuola è il massone Gustavo Canti l’assessore all’urbanistica è Edmondo Sanjust di Teulada, che realizza il Piano regolatore del 1909. Nei banchi del consiglio comunale siede Meuccio Ruini e la Giunta si avvale del contributo di personalità di notevole sensibilità (tra cui Sibilla Aleramo).
La città esce radicalmente trasformata da quei sei anni. L’istituzione delle aziende pubbliche dell’energia e del trasporto, la riforma dei servizi interni municipali, il piano regolatore urbanistico, la sistemazione delle strade e dell’illuminazione, la costituzione di borgate rurali nell’Agro Romano, l’energico incremento delle scuole pubbliche, l’istituzione di un ufficio annonario, i lavori per la ferrovia di Ostia: questi sono solo alcuni dei provvedimenti della giunta Nathan.
Anche il giardino zoologico a Villa Borghese, oggi Bioparco, è un regalo alla città di quella giunta, nell’ambito dei festeggiamenti per il cinquantenario dell’unità italiana.
L’energia e il trasporto erano gestiti a Roma da aziende private sostanzialmente monopolistiche che rappresentavano interessi corposi e ben protetti. Nathan, affiancato da Giovanni Montemartini, apre una dura battaglia e chiama a raccolta i cittadini romani. L’istituzione delle aziende pubbliche è approvata con referendum popolare indetto, non a caso, il 20 settembre 1909. Un secolo fa fu il voto libero e segreto del popolo romano a rendere pubbliche l’acqua e l’energia: nasce l’AEM, Azienda Elettrica Municipale.
La giunta Nathan cade sulla guerra di Libia, seguita poco dopo, dalla Grande Guerra. Gli schieramenti politici ne escono ridisegnati e quando il 31 ottobre 1920 si torna al voto per il consiglio comunale le alleanze sono diverse. Le forze anti-interventiste si presentano da sole: socialisti da una parte e cattolici dall’altra. Ma a vincere è un listone unitario degli interventisti che raccoglie dai socialisti riformisti (quelli di Bonomi e Bissolati) ai nazionalisti di Federzoni.
(*) E’ a lui ebreo, mazziniano, massone e anticlericale, nato e vissuto a Londra, che risale il famoso detto romanesco “Non c’è trippa per gatti”. Si narra che, chieste spiegazioni sul capitolo di bilancio che prevedeva una spesa per acquisto di frattaglie per gatti, lo cancellò, senza esitazione, con la nota “non c’è trippa per gatti”. Ai funzionari, che non è escluso ne avessero un qualche interesse, e che rimarcavano con fervore l’indefettibile esigenza di mantenere la colonia felina per salvaguardare i documenti comunali esposti ai topi che, numerosi, infestavano il Campidoglio, il sindaco Nathan replicò, con immediata fermezza, che l’esposta esigenza sarebbe stata meglio soddisfatta attraverso la presenza di gatti affamati.
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