Il 18 settembre del 1932, una domenica, poco dopo l’alba, una piccola folla di romani si era radunata a piazzale di Porta Pia. Quella mattina infatti si doveva innalzare sul basamento il Monumento al Bersagliere, in attesa della cerimonia ufficiale che si sarebbe svolta pochi giorni dopo.
Nonostante l’ora diversi passanti sono attirati dai preparativi per collocare la statua sull’imponente piedistallo eretto al centro della piazza. La grande statua del Bersagliere sta diritta su un rimorchio ed è avvolta da un telo che lascia vedere solo una tromba e un moschetto.
Una gru comincia a sollevarla e posiziona la statua in alto sopra il basamento. E’ chiaro che i perni che spuntano sotto la statua devono infilarsi nei fori che si vedono sotto il terreno di bronzo del Bersagliere, due davanti e due dietro; così, una volta collegata, la statua sarebbe rimasta bloccata nella sua eterna corsa nella storia.
Tra la folla che assiste all’operazione c’è un ragazzino alto e magro, accompagnato da suo zio. Da quel poco che vede, il ragazzo si accorge che la statua, mentre cala per appoggiarsi sul basamento, non punta verso la Porta come avrebbe dovuto ma le dava le spalle, e che la tromba e il moschetto che spuntano dal telo, così facendo, miravano diritti verso via Nomentana!
C’è da dire che, in quell’ora domenicale senza traffico, la strada sembra attirare a sé il Bersagliere, invitandolo a percorrerla tutta a perdifiato fino a Villa Torlonia, a Sant’Agnese e poi giù fino al Ponte Nomentano.
O forse, banalmente, quella notte il rimorchio era giunto in piazza rivolto per caso in quel verso, e così era rimasto, per cui al mattino gli addetti avevano creduto che quella fosse la direzione prefissata. Insomma, qualunque cosa fosse successa, la statua dava allegramente le spalle alla splendida Porta incastonata tra quelle mura che i Bersaglieri avevano varcato lì vicino, nella fatidica Breccia di Porta Pia.
Purtroppo i perni erano simmetrici e andavano alla perfezione in entrambi i versi, per cui il ridicolo era in agguato.
Il ragazzo, meravigliandosi che nessuno se ne fosse accorto, ripassa la lezione di storia e freme, ma non osa parlare. Si morde le labbra, guarda lo zio, cerca la complicità di qualcuno più autorevole di lui. Ma tutti sembrano presi dalla fascino di quella strada libera che si offriva ricca di avventure.
Emozionato, le parole gli escono da sole: “Ma no, che fanno, è sbagliato. I Bersaglieri sono entrati a Porta Pia, non sono mica usciti”. Lo zio sente e gli chiede di ripetere: “Stanno sbagliando, zio, dall’altra parte, verso la Porta, giratela verso la Porta!”
Un professore lì vicino si sveglia come da un sonno e lo guarda: “Ma certo, sono entrati, lui deve entrare, girate la statua!” Il caposquadra più vicino sente e corre da un omone che si consulta con l’ingegnere. Questo guarda la statua, poi la Porta, infine dalla parte da cui venivano le voci. Si passa una mano sulla fronte, alza gli occhi al cielo e finalmente si smuove.
Tutto paonazzo ma facendo finta di niente, ordina “Va bene, adesso giriamola verso la Porta” . Il Bersagliere è risollevato di poco, girato lentamente dagli uomini che ruotavano la statua con le funi intorno al basamento, e quando si trova a puntare verso la Porta, è calato.
Il professore e lo zio, in silenzio, guardano il ragazzo: è rosso fuoco. Lentamente, la folla si disperde, c’è tempo per l’arrivo delle Autorità.
Tutti i giorni seguenti, fino all’inaugurazione del 23, zitto zitto il ragazzo va a controllare la sua statua. Quando viene il gran giorno, nascosto tra la folla vede cadere le due enormi bandiere che avvolgevano il Bersagliere e il monumento si svela del tutto. Il Re gli fa intorno un bel giro d’ispezione e torna sul palco per il discorso.
Quel ragazzo, si chiamava Michelino Petrella, ed era il padre dell’autore di questo racconto. Grazie Massimo Petrella per avercelo fatto leggere.