Foresta pietrificata sui Monti Parioli

In una lettera del 1760 contenuta nel 3′ tomo del libro “Nuove memorie per servire all’istoria letteraria”, Tommaso Maria Gabrini, matematico che si interessa anche di questioni naturalistiche (nato Roma nel 1726), dice di aver scoperto, nella zona che va dall’Arco Oscuro alla fonte dell’Acqua Acetosa (cioè l’altura di Monti Parioli), “un’ antichissima selva impietrita”. 

Cosi scrive, cercando di rappresentare a parole quello che crede di aver visto: “Fra questi arbori, che sensibilmente si vedono radicati nel piano, e alzati a perpendicolo verso l’orizzonte, vidi frammezzati in varia positura legni parimenti petrefatti di varia lunghezza e grossezza, che dalla varietà di foglie si conoscono essere di spezie diversa”.

In un primo momento Gabrini pensa di spiegare lo strano fenomeno con il Diluvio Universale, che avrebbe, secondo il suo parere, causato la putrefazione del legno della foresta.  Ma poi, più semplicemente, ritiene che questa “selva impietrita” sia l’effetto di una grande alluvione del fiume Tevere: le cui acque, trasportando detriti e fango, sono penetrate tra gli alberi e li hanno sommersi facendoli diventare come di pietra.

Un secolo dopo, Enrico Clerici, mineralogista e professore ha alle spalle già molta esperienza: ha cominciato a lavorare sul campo quando ancora era studente all’università, pubblicando il suo primo articolo scientifico a soli 23 anni, nel 1885, tre anni prima di conseguire la laurea in ingegneria.

Ha grande curiosità e intraprendenza, che sa trasmettere ai suoi allievi.  Guarda, tocca, raccoglie e mette in correlazione i vari elementi.

E’ lui che compie dettagliate ricerche a Monti Parioli per verificare gli annunci lanciati da Tommaso Maria Cabrini un secolo prima (in una lettera (contenuta nel 3” volume del libro “Nuove memorie per servire all’istoria letteraria” del 1760) in cui afferma

Nella sabbia rinviene tracce fossili di animali: ossa di cervo reale, di uro (che lui chiama semplicemente bos primigenius) e alcuni denti di ippopotamo.

La presunta foresta di pietra descritta da Gabrini non è altro che il risultato di formazioni calcaree, che si sono costituite addosso a foglie di alberi, fuscelli, piante palustri e filamentose. Questa è la spiegazione che dà Clerici nel lungo saggio “Complemento di osservazioni sui Monti Parioli presso Roma” contenuto nel “Bollettino della società geologica italiana” del 1897.

Concludendo, quindi, ai Parioli non esiste alcuna foresta pietrificata.

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