Casa Papanice nasce come il sogno di un illuminato imprenditore edile e banco di prova di un giovane talentuoso architetto. E’ considerata una delle più belle dimore romane, amata dal cinema, emblema in tutto il mondo dell’architettura post-moderna e classificata in America come la settimana casa più studiata e fotografata al mondo.
Eppure oggi Casa Papanice, il villino di tre piani in via Giuseppe Marchi al quartiere Nomentano di Roma, disegnato nel 1966 dall’archistar Paolo Portoghesi con l’ingegnere Vittorio Gigliotti su commissione di Pasquale Papanice e terminato nel 1969 con la celebre facciata ornata di canne e rivestita di maiolica con i colori della primavera, è ormai un vago ricordo di quello che fu, snaturata da manipolazioni e abbattimenti. Nel silenzio dei nuovi proprietari.
A lanciare l’allarme è Edmondo Papanice, nipote del costruttore e presidente dell’associazione Halp-Humanitarian Aid Life Programs, che da due anni, in occasione del 50/o anniversario di Casa Papanice, porta in giro per il mondo la mostra “L’Italia del boom, fra mura d’artista e fotogrammi d’autore”, presentata e premiata in anteprima mondiale all’Italian Film Fest a San Paolo in Brasile nel 2019 e ora attesa anche ad Abu Dhabi. “Mio nonno – racconta – aveva cominciato dal nulla. Aveva solo la terza elementare, ma con la sua intelligenza creò una fortuna. Con questa casa voleva lasciare un segno. A Portoghesi, al tempo trentacinquenne, diede carta bianca. Chiese solo: voglio che questa sia anche la casa del cinema”. Il risultato fu un piccolo capolavoro di rimandi e citazioni. Le fasce di colore verde, azzurro e bianco traducevano sulla facciata i primi accordi della Primavera di Vivaldi. Tra grandi vetrate colorate e dettagli color oro, il motivo tornava anche in soggiorno dove le fasce corrispondevano invece alle parti del corpo umano. Tratti unici, che conquistarono migliaia di riviste nel mondo e, come sognava Papanice, anche il cinema.
Nel 1970 Ettore Scola girò qui “Dramma della Gelosia: tutti i particolari in cronaca” con Marcello Mastroianni e Monica Vitti (unico il suo stralunato: “ma che so’ tutte ‘ste canne?”). Poi arrivarono i B-movie con due piccoli cult: “La dama rossa uccide sette volte” di Emilio Miraglia, in cui Ugo Pagliai è il proprietario dello stabile. E “Lo strano vizio della Signora Wardh” di Sergio Martino, che anni dopo avrebbe folgorato Quentin Tarantino (che ne copia la sigla in Kill Bill 2).
“Alla morte di mio nonno – ricostruisce oggi Papanice jr – la palazzina fu venduta nel 1972 alla Casa Editrice Giunti, scelta proprio perché ente di cultura, per poi passare all’ambasciata del Regno Hascemita di Giordania. Uno dopo l’altro, però, è stato abbattuto l’organo sul tetto, la scala esterna, le canne dei balconi. Le maioliche sono in pezzi. Non voglio pensare all’interno”. La responsabilità sembrerebbe proprio degli attuali proprietari. “In una foto del 1989 pubblicata su una rivista specializzata – dice – si vede la targa dell’ambasciata e la casa ancora intatta”. A nulla sono valse le richieste di un incontro da parte di Papanice, né quelle dello stesso Portoghesi, che si è offerto di curare lui stesso il restauro del villino. Anche a lui (che pure fra i molti progetti esteri ne ha firmato uno per la Corte Reale giordana ad Amman), nessuna risposta.
“Non si capisce il motivo di certe scelte scellerate su un bene architettonico così prezioso – prosegue Papanice -. L’abbattimento di una scala esterna, poi, modifica i volumi di un edificio: avrebbero dovuto chiedere autorizzazioni al Comune”. I suoi appelli hanno smosso un po’ le acque. “Ho chiesto al ministero l’applicazione della dichiarazione di interesse culturale, che prescinde dalla data di costruzione o dal fatto che l’autore sia ancora in vita. E’ stato istituito un comitato tecnico scientifico, ma quando gli ispettori sono andati all’ambasciata per visionare gli interni non li hanno fatti entrare”, racconta. Poi è stata la volta del Comune, con la Casa segnalata anche nella carta della qualità del piano regolatore di Roma con il codice 8216: opera di rilevante interesse architettonico. “A quanto ho appreso, il ministro Franceschini ha parlato con il vicesindaco Luca Bergamo ed è partita una lettera del Comune per un incontro con l’Ambasciata”, dice. Papanice suggerisce: “Si metta subito un vincolo almeno per le parti esterne”. Anche Vittorio Sgarbi ha annunciato che presenterà “alla Camera un atto rivolto al ministro”.
Pagina a livello superiore: Casa Papanice
Pagine allo stesso livello: