L’ asso dell’aviazione italiana Mario De Bernardi (1893-1959), da quando si era trasferito a Roma, visse nella palazzina in via Panama 86 dove tuttora abita la figlia Fiorenza, aviatrice anche lei e prima donna pilota dell’Alitalia. Nel marzo 2006, venne apposta la targa commemorativa sul portone della palazzina.
Mario De Bernardi nasce nel 1893, a Venosa, vicino Potenza. Fin da giovanissimo è appassionato di volo e, a soli 21 anni, dopo aver partecipato alla guerra “italo-turca, consegue il brevetto di aviatore e due anni dopo entra a far parte della 91^ squadriglia di caccia, quella di Francesco Baracca e del famoso Cavallino Rampante. A lui viene attribuito il primato di essere stato il primo italiano ad abbattere un aereo nemico, nel cielo di Verona. Complessivamente abbatte 4 aerei nemici e ottiene la medaglia d’argento al valor militare. Al termine della guerra lascia la vita militare, ma non l’aviazione.
Nel 1926, con un idrocorsa Macchi (un idrovolante destinato a gare di velocità) vince la competizione della Coppo Schneider a Hampton Roads in Virginia percorrendo i 350 Km/h a 397 Km/h e stabilendo il nuovo record mondiale per idrovolanti. Nel ’27 difende la coppa nella decima edizione a Venezia: batte il record di velocità raggiungendo quasi i 480 Km/h. Nel ’28, con un idrocorsa Macchi M. 52R supera il “muro” dei 500 Km, raggiungendo la velocità di circa 513 Km/h.
A cavallo degli anni Trenta de Bernardi si trasferisce alle officine Caproni di Taliedo, vicino all’attuale aeroporto di Linate, come pilota collaudatore e consulente tecnico. Nonostante la nuova attività non abbandona la passione per il volo e nel 1931 a Cleveland (Stati Uniti) vince il campionato mondiale di acrobazia aerea. Nel 1933, ai comandi di un Caproni compie il raid Roma-Mosca percorrendo 2 600 km con cinque passeggeri a bordo.
Dal 1939 si trasferisce definitivamente a Roma, in via Panama. E’ lui il pilota del primo aeroplano a reazione italiano, il “Campini-Caproni n° 1”, con cui, nella tratta Milano-Guidonia, effettua il primo trasporto di posta aerea con velivo a reazione.
Oltre che un pioniere come aviatore, Mario de Bernardi è un innovatore nel mondo dell’aviazione. La sua sensibilità ai comandi dei velivoli in collaudo era tale da poter avere la capacità di suggerire direttamente ai progettisti le migliorie da apportare. Partecipa allo sviluppo del primo aereo radio pilotato. Egli stesso progetta, costruisce e collauda dispositivi, apparecchiature complesse e interi velivoli, spesso di concezione talmente avanzata da risultare attuali anche ai giorni nostri.
Per esempio, già nel 1920, idea e fa costruire l’Idroautoplano, una macchina che poteva muoversi per terra, in acqua e nel cielo. Nel 1923, quando era comandante del Campo Sperimentale di Montecelio, vicino a Roma, vince a un concorso per un sistema di atterraggio sul ponte di volo delle navi. Il suo progetto fu realizzato e sperimentato proprio a Montecelio dove allo scopo si realizzò un finto ponte navale. Nel 1931 collauda un dispositivo su un Caproni Ca.97. Si tratta di un nuovo sistema di guida in cui la pedaliera è eliminata e il comando di altezza e quello di direzione sono concentrati sulla cloche di guida. Nel 1933, insieme all’amico Leandro Cerini, breva un “correttore di rotta” che automaticamente correggeva la direzione di un aeroplano a ogni più piccola deviazione. In seguito unendo a questo dispositivo uno stabilizzatore pneumatico messo a punto dallo stesso Cerini, i due realizzarono un vero e proprio “pilota automatico” capace di conservare quota, velocità e direzione.
Ma l’opera più grande e sfortunata di de Bernardi rimane sicuramente l’Aeroscooter progettato e costruito nei primi anni cinquanta. Credeva moltissimo nell’aviazione alla portata di tutti e, visto che il mercato internazionale non offriva un velivolo adatto a questo scopo, decise di idearlo egli stesso. Costituì anche una società apposita (M.d.B.) per portare avanti questo progetto. Oggi, l’Aeroscooter sarebbe un velivolo ultraleggero, categoria che enormemente ha diffuso la cultura del volo facendola uscire dal limbo di sport per pochi privilegiati. Ma negli anni Cinquanta l’idea è così pionieristica e in anticipo sui tempi che non trova alcuno disposto a credere nel progetto e finanziarne la produzione in serie. Due dei tre prototipi prodotti (uno dei quali realizzato direttamente nelle officine dell’Aeroporto dell’Urbe grazie a collaboratori che lavoravano nel tempo libero e all’opera dello stesso de Bernardi che vi prodigò moltissimi sacrifici personali e finanziari) sono esposti nel Museo dell’Aeronautica di Vigna di Valle, sul lago di Bracciano e al Museo Caproni di Trento.
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