Villino al n.12 di via Siacci

In via Francesco Siacci 16 c’è un villino in cui è avvenuto una delle tante belle storie avvenute a Roma in un perioda buio, a cavallo tra il 1943 e il 1944, quello dell’occupazione tedesca e del rastrellamento degli ebrei, deportati nei campi di sterminio.

In via Siacci 16 nel 1943 vivevano due famiglie: al piano terra Francesco Alberto Giordano con la moglie Camilla Laj e i tre figli, al primo piano Giorgio Laj e la moglie Stefania Giordano, anche loro con tre bambini.

Il 16 ottobre, quando ebbe inizio la ricerca casa per casa degli ebrei da parte dei militari tedeschi, la notizia si diffuse rapidamente in ogni quartiere e arrivò anche in via Crescenzio, a Prati, dove vivevano i Soria, una coppia di coniugi ebrei. Per circa un mese si nascosero in rifugi di fortuna, poi tramite alcuni cugini dei Giordano, al tempo vicini di casa dei Soria, questi vennero accolti nel villino dei Parioli.

Dal novembre del 1943 fino al 4 giugno 1944, giorno in cui gli americani entrarono a Roma e i tedeschi ripiegavano verso Nord, la coppia visse nascosta in quello stabile elegante e senza portiere: un dettaglio non da poco, per il tempo. I portieri, infatti, ai tempi del Fascismo erano coloro deputati a riferire alle istituzioni ogni movimento, ogni visita, ogni voce.

Sulla storia delle famiglie Laj, Giordano e Soria è stato realizzato un corto e chiunque passerà per via Siacci potrà vederlo puntando lo smartphone sul QrCode affisso accanto al civico speciale, un’opera in bronzo realizzata da Dante Mortet.

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