Morte di Fred Buscaglione

Nell’incrocio tra viale Gioacchino Rossini e l’asse via Giovanni Paisiello via Bertoloni, all’alba di un giornata d’inverno del 1960, Fred Buscaglione perse la vita in un incidente. Si disse che era ubriaco ma in realtà il cantante era completamente astemio.

Fred Buscaglione, popolare cantante di musica leggera è morto stamani a Roma, in un pauroso incidente stradale alle sei e venti, all’incrocio di viale Rossini con via Paisiello e via Bertoloni“. Così apriva il giornale radio, la mattina del 3 febbraio 1960. Poche ore prima, quand’era ancora buio, l’auto del cantante torinese, unaa Ford Thunderbird lilla, “criminalmente bella”, come la chiamava il cantante, comprata soltanto 7 mesi prima per 6 milioni di lire, aveva violentemente scontrato con un camion che trasportava un pesante carico di porfido. Si disse che era ubriaco ma in realtà il cantante era completamente astemio. Si concludeva così la fulminea parabola del grande Fred. Non era destinata, però, a spegnersi con lui, quel maledetto giorno, la sua leggenda.

Fred Buscaglione. Eri piccola.Non aveva ancora 39 anni ma il successo, quello vero, lo aveva raggiunto da poco. Si era fatto conoscere, per la prima volta dal grande pubblico, solo nel 1957, con l’apparizione in “Musica alla ribalta”, una trasmissione Rai nella quale artisti del calibro di Renato Carosone, Henry Salvador e Gilbert Becaud si alternavano a cantanti meno noti. Dopo anni e anni di gavetta, finalmente, era arrivata la celebrità. Lo stesso Buscaglione in un intervista raccontava: «Sono diventato famoso troppo tardi. Da vent’anni suono nei night club e nelle sale da ballo».

Il suo rapporto con la musica era iniziato prestissimo grazie alla madre che lo aveva prontamente affidato alle cure di un maestro di violino di Mortara. In seguito, ci fu l’iscrizione al Conservatorio. Ma il giovane Ferdinando (o Nando come preferiva essere chiamato) non amava quel posto. Per due semplici motivi: per prima cosa, avrebbe preferito il sax piuttosto che il violino e, poi, era incantato da quelle strane sonorità americane che non sapeva ancora bene che cosa fossero. Un giorno un suo amico, Roberto Germonio, sentendolo fischiettare un classico del genere, gli disse: «Lo sai che io insegno jazz?». « Perché – si sentì rispondere – è così che si chiama questa musica?» e i due amici misero in piedi un duo di fisarmonica e contrabbasso per suonare jazz.

Avrebbe avuto tempo di imparare tutto su quel mondo e su quei suoni che avevano, allora, per i pochi iniziati italiani, un sapore esotico e misterioso. Una musica che veniva da lontano, da oltre l’oceano, dai vicoli delle città americane, popolati di duri alla Humphery Bogart o alla Clarke Gable. Gangster , whisky, pistole, cazzotti, sigarette, donne bellissime e fatali. Di tutto questo avrebbe riempito le sue leggendarie canzoni ma, prima, doveva ancora farne di strada, dalle sgangherate esperienze giovanili, ai primi gruppi. Poi le avventure musicali dal fronte, le esibizioni trasmesse da radio Cagliari, il quintetto Aster che si sarebbe trasformato negli Asternovas.

Nel frattempo, si verificarono un paio di incontri fondamentali per la vita di Fred. Quello con Leo Chiosso, che Buscaglione conobbe non ancora diciottenne e che sarebbe diventato suo inseparabile amico, nonché paroliere di tutti i suoi successi. E quello con Fatima Ben Embarek, acrobata circense di origine marocchina, destinata a diventare il suo grande amore. Con loro, Fred condivise anni passati nei locali di quart’ordine per cercare di sbarcare il lunario. Ma il successo, alla fine, arrivò anche se, purtroppo, durò poco più di due anni. Tanto bastò a Buscaglione per restare per sempre impresso nella memoria del pubblico. Il ciuffo sugli occhi, lo sguardo al tempo stesso ironico e venato di malinconia, la sigaretta all’angolo della bocca.

Ancora oggi è indelebile l’immagine dell’uomo “dal whisky facile”, capace di esibirsi in sfrenati swing e in meravigliose ballate. Da “Che bambola”, “Teresa non sparare”, “Eri piccola così” alle note struggenti di “Guarda che luna” e di “Love in Portofino”. Ad un’Italia abituata alle melodie sdolcinate che raccontavano sempre la stessa storia regalò uno spicchio di America. Non di quella reale, che lui non aveva mai conosciuto, ma di quella che si vedeva al cinema, un mondo fatto di bulli, “bionde platinée”, abitato da Buck La peste, dal dritto di Chicago, da Porfirio Villarosa, Jack Bidone e Billy Car. Un universo noir raccontato con irresistibile ironia e piglio da cabarettista. Era qualcosa che non si era mai visto prima e che avrebbe proiettato un’ombra lunghissima nel mondo della musica italiana. In quanto a Buscaglione, come tutti i grandi miti, non è mai invecchiato.

Dove se ne sia andato quel 3 febbraio di 50 anni fa nessuno lo sa, forse in qualche paradiso che assomiglia al suo “cielo dei bar”. Per noi, rimarrà per sempre il grande Fred.

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