Villa Bonaparte

Villa Paolina Bonaparte è in via Piave ed è l’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede.

Entrando a Roma da Porta Pia sulla destra si nota del verde. E’ quello che rimane di Villa Bonaparte, detta anche Villa Paolina, una splendida villa settecentesca che si estendeva, all’interno delle Mura Aureliane, tra Porta Pia e Porta Salaria, abitata da Paolina Borghese (Ajaccio 1780 – Roma 1825), la sorella di Napoleone I andata sposa al principe Camillo Borghese, dal 1816 al 1824.

Il casino della villa sorge nel mezzo del parco che doveva essere ricco di boschi e piante da frutto. E’ in ricordo dell’aranciera di villa Paolina che in via XX Settembre, lungo il marciapiede di fronte al Ministero del Tesoro, sono stati piantati degli alberi di arancio.

Il legame dei Bonaparte con Roma è sempre stato molto forte.  Nel 1804, il fratello ribelle dell’imperatore, Luciano, in aperto dissidio con Napoleone, si trasferisce a Roma.  Nel 1808 i Francesi occupano Roma con la forza delle armi.  La città diventa “libera ed imperiale”, destinata a essere governata dal figlio di Napoleone al quale è conferito, già prima della nascita, il titolo di Re di Roma.

Alla caduta dell’Impero, quasi tutti i componenti della famiglia Bonaparte chiedono asilo a papa Pio VII e si stabiliscono a Roma: la madre Letizia Ramolino a Palazzo Rinuccini, i fratelli Luigi e Girolamo rispettivamente a Palazzo Mancini Salviati e a Palazzo Nuñez, la sorella Paolina nella sua villa a Porta Pia, dove svolge, fino alla sua morte una intensa vita sociale. La villa infatti in quegli anni è famosa per i fastosi ricevimenti che ospita.

Luciano si era sposato con la cugina Zenaide, figlia di Giuseppe Bonaparte e ha diversi figli, tra cui Carlo Luciano che diventa proprietario della villa alla morte della zia.  La villa appartiene a lui ed è in uno stato di profondo abbandono quando, dopo che i cannoni italiani aprono una breccia nella mura aureliane che in quel punto segnano il confine della villa, nella proprietà entrano i bersaglieri.

Alcuni Zuavi francesi, che difendono il Papa, salgono sul Casino di Villa Paolina per colpire i nemici tra gli alberi del parco che penetrano dalla breccia e tentare una resistenza.  Il loro sforzo peraltro ha vita breve, perché dopo soli venti minuti il maggiore de Troussures, su ordine del papa, fa innalzare bandiera bianca proprio sul tetto della Villa.

La villa subisce gravi danni e continua ad essere praticamente abbandonata.  Nel 1848, la nuova proprietaria Carlotta Bonaparte, figlia di Carlo Luciano, sposa il conte Pietro Primoli, romano, e nel 1852, subito dopo la proclamazione del Secondo Impero, si trasferisce con il marito alla corte di Napoleone III.  Con loro è il figlio neonato Giuseppe Primoli (1851-1927) che molti anni dopo, alla sua morte, lasciò ai romani la splendida collazione delle sue fotografie e la sua casa museo in piazza di Ponte Umberto piena di opere d’arte e ancora oggi visitabile (all’ultimo piano di  Palazzo Primoli in via Zanardelli, a fianco del Museo Napoleonico).

La proprietà della villa passa alla Germania e torna alla Francia, come preda di guerra, alla fine della seconda guerra mondiale. Attualmente è sede dell’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede (con ingresso in via Piave).

Il destino di questo luogo è legato alla presenza di donne straordinarie, che lo hanno reso mitico nel corso dell’Ottocento. La prima è appunto Paolina, sorella di Napoleone Bonaparte, che nel 1816 l’acquista dalla famiglia Sciarra, quando decide di riparare a Roma dopo la caduta di suo fratello, l’Imperatore.

Tra la dama e la Villa è un colpo di fulmine, perché la dimora si presenta come una delle residenze “di campagna” più raffinate dell’epoca. È ancora presente il carattere conferito al luogo dal Cardinale Silvio Valenti Gonzaga, segretario di Stato di Papa Benedetto XIV, che aveva acquisito il terreno nel 1748.
Esiste un documento eccezionale che determina la datazione del progetto: in un grande dipinto di Gian Paolo Pannini del I749 (famoso per le sue ricostruzioni dettagliatissime di gallerie e scene di genere) sono rappresentati in dipinti della collezione Valenti, tra i quali appare una pianta che corrisponde al progetto del Casino di Villa Paolina (Vodret). Come testimoniano anche altre vedute del Settecento, oggi la sua struttura è esattamente identica all’ originale: soltanto il giardino, che all’epoca era all’italiana, ha subito diverse modifiche e, soprattutto, è stato ridotto per lasciare spazio alla speculazione edilizia post-unitaria.

All’interno si respira ancora l’atmosfera ricercata e colta voluta dalla dama. Se gli stucchi al piano terreno (epoca Valenti) si riferiscono a modelli antichizzanti, come era tipico del gusto antiquario del XVIII secolo, i salotti ottocenteschi mostrano, invece, un carattere più romantico. In una sala entrano paesaggi del Nilo e templi egizi, in memoria delle campagne napoleoniche, il salone del primo piano è invece decorato a grisailles, ma l’ambiente sicuramente più affascinante è la Sala delle Muse. Non poteva mancare un omaggio alla femminilità nella dimora della donna che, giunta a Roma da Parigi, si circonda degli artisti più alla moda e invita Antonio Canova, lo scultore più noto dell’epoca, a ritrarla in veste di Venereo Al centro della volta appare Minerva circondata dalle Muse, mentre nelle lunette si dispongono donne famose nell’antichità: Saffo, Aspasia e Corinna. Un consesso al quale manca solo Paolina.

A nulla è servito il veto posto da Madame Mére all’attribuzione del nome Villa Bonaparte. Aver scelto di usare soltanto il primo nome della proprietaria ha aumentato la fama e reso ancora più mitico questo angolo di pace.

Nel tratto di mura in corrispondenza di Villa Paolina è la Breccia di Porta Pia, cioè il punto dove il 20 settembre 1870  furono concentrati i colpi dei cannoni italiani e si aprì un varco in cui entrarono i bersaglieri. Sembra che, negli anni precedenti, i Bonaparte avessero rifiutato categoricamente al governo pontificio di entrare nella loro proprietà per rafforzare le mura.

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