Villa Lubin. Gli interni

Villa Lubin è studiata per le specifiche necessità dell’istituto Internazionale di Agricoltura, con una grande sala centrale verso nord, il cosiddetto Parlamentino, della sale di rappresentanza che si affacciano al centro della facciata verso Villa Borghese. e gli altri ambienti intorno, nelle ali dell’edificio e al piano superiore.

L’ampio atrio d’ingresso della villa, descritto dai contemporanei come “degno di una reggia”, è decorato da Giuseppe Mazzone (Modena 1881 – Genova 1957). Sull’apertura centrale una scritta: NATIONIBUS VNIVERSIS – STVDIVM ET OPERAM CONFERENTIBVS – RES AGRARIA – FELICITER INTER POPVLOS AUGESCAT.

Un ruolo particolare nella realizzazione della villa Lubin fu quello di Adolfo Cozza (Orvieto 1848 – Roma 1910), è lui infatti il primo ad essere coinvolto nella realizzazione dell’impresa dalla Commissione reale incaricata del progetto ed è lui a consigliare alla commissione il nome dell’architetto Pompeo Passerini. Personaggio particolare eppure estremamente rappresentativo di molta parte della cultura dei tempo, il Cozza fu un uomo dagli interessi più diversi, ai quali si dedicò sempre con lo stesso entusiasmo e con lo stesso successo. Adolfo Cozza, infatti, dopo gli studi classici sì era interessato di invenzioni meccaniche, aveva iniziato, in collaborazione con altri la prima, stesura della carta archeologica del Lazio, aveva ricostruito a Valle Giulia il tempio etrusco di Alatri, aveva immaginato soluzioni urbanistiche anticipatrici dell’asse Villa Borghese Villa Giulia, eseguito bassorilievi per il duomo di Orvieto, progettato il porto di Ostia, collaborato con Giuseppe Sacconi per le idee e per le sculture del Vittoriano.

A villa Lubin lavorò dapprima ai fregi esterni del portico d’ingresso e del cornicione. Complessi e tormentati gli uni, più semplici e immediatamente significanti gli altri, sempre legati alla simbologia connessa con gli ideali dell’impresa dell’Istituto.

Ormai avanti negli anni, quando già la villa era stata inaugurata, Adolfo Cozza volle poi cimentarsi per la prima volta nella sua vita con la pittura ad affresco, anzi per essere precisi ad encausto, sulle pareti del Parlamentino, affrontando serenamente problemi tecnici ed artistici per lui totalmente nuovi con la tranquillità della persona che dì molti ed estremamente difformi argomenti sì era occupata nella sua vita.

Il grande quadro sulla parete destra del Parlamentino, oggi non visibile, rappresentava l’agricoltura, dalle epoche barbariche fino ai tempi della Roma Imperiale. Quello di sinistra, mai terminato dopo la morte dell’artista, rappresenta il rifiorire dell’agricoltura e contiene i grandi naviganti, gli astronomi e i naturalisti dal secolo XIII al XVIII, diciassette figure, alcune quasi finite altre soltanto abbozzate ma già vive, tra le quali riconosciamo Leonardo da Vinci, Colombo, Vespucci, Marco Polo, Galileo, Linneo. Nel quadro, agli scienziati avrebbero dovuto unirsi gli uomini che promossero ed emanarono l’agricoltura fino a Washington e Garibaldi ma l’artista mori cadendo dall’impalcatura proprio mentre stava dipingendo l’immagine dì Leonardo da Vinci.

nel 1932, dopo circa venti anni dalla morte di Cozza, in sostituzione dell’encausto tragicamente lasciato incompiuto, Giuseppe Rivaroli (Cremona 1885 – Roma 1943) viene incaricato di dipingere, su una tela delle stesse dimensioni dell’intera parete, l’esaltazione dell’agricoltura in forme allegoriche. Sia i due affeschi del Cozza che la tela del Rivaroli furono, per esigenze tecniche e funzionali, staccati, rimossi e sostituiti nel Parlamentino con due arazzi fiamminghi. Ma nell’ultimo restauro il quadro di sinistra è stato riposizionato nella posizione originale mentre la tela di Rivaroli è stata messa nella parete destra a posto che era del primo affresco del Cozza. Grazie a questa decisione possiamo vedere i due grandi quadri sulle pareti della sala.

Al centro del dipinto del Rivaroli, come fulcro della vita campestre, é la solida famiglia, ai lati cavalli selvaggi e l’uomo che sembra sfidarli nella corsa verso la fonte ove si arrestano violentemente. Curiose e pavide sogguardano delle giovinette, mentre una mamma protegge il suo bimbo con il fianco opulento e una mucca gode con il muso in alto del refrigerio dell’acqua. Uomini e ragazzi fan ressa presso alti cumuli di grano maturo; le stagioni cantano le loro canzoni in un gruppo armonioso. Il giovinetto è saltato in groppa a un cavallo tenendo in braccio un agnello del vicino gregge e una coppia di buoi, il variegato toro possente e il carro su cui si accumulano i covoni d’oro incorniciano la figura, michelangiolescamente espressa, del ‘pensiero’ sulla quale si appunta lo sguardo interrogativo di un giovincello. Tutta la scena ha per sfondo una placida visione dell’agro romano, interrotta da uno scapigliato ciuffo di pini, ed è piena di movimento e di vivacità in un gioco di luci, di scorci, di panneggi, di preziosità di frutta e di fiori ed è notevole per i molti nudi sui quali il sapiente pennello ha dato tanta varietà di risalto e di intonazioni gradevoli.

Il soffitto del Parlamentino, intagliato in noce, fu realizzato in soli due mesi.

Nelle tre sale di rappresentanza che si affacciano su Villa Borghese nel corpo centrale, sono originali le decorazioni in stucco e vernice del soffitto, opera del conte Lemno Scotti (Perugia 1848 – Roma 1926), pittore apprezzato per le sue “battaglie”: come “Custoza” oggi alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. E’ suo il dipinto al centro del soffitto della sala del consiglio “Il trionfo di Cerere seguita dal corteggio delle nazioni”. Di stile simile la volta dell’affresco della scala d’onore: uno sfondato achitettonico monocromo, con sei medaglioni allegorici.

Altro artista che collaborò agli interni di Villa Lubin è Adolfo Apolloni, autore della fontana di fronte all’ingresso (vedi Fontane di Villa Lubin).

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