Quartiere Sant’Ippolito 1942

Dal capitolo Quartiere Nomentano del libro di Guglielmo Cerroni: Roma nei suoi quartieri  e nel suo suburbio Palombi Editori, 1942.

E ritorniamo sui nostri passi: oltre il viale delle Provincie è il quartiere Sant’Ippolito che prende il nome dalla chiesa francescana (ndr Sant’Ippolito) dalle purissime linee esterne ma che all’interno sembra e mi si perdoni l’impressione personale piuttosto un mercato coperto. Forse questa mia impressione è data dal fatto ch’io non mi so abituare allo stile Novecento per le chiese: forse perch’io cerco in questi mistici luoghi quel caldo raccoglimento che m’inviti a pregare. Per questo il mio spirito si distrae nelle grandi chiese romane, nelle Basiliche illustri, per questo io sento un disagio quasi fisico nelle chiese di stile moderno. Preferisco, insomma, le raccolte, soavi basiliche dell’Aventino o la mistica suggestività delle chiese gotiche.  

Comunque il quartiere prende nome da questa sua parrocchia che s’intitola a Ippolito, un Santo martirizzato nel 236, famoso teologo e autore del computo della Pasqua presso gli Occidentali.

Il quartiere s’inizia ai limiti del quartiere Italia e s’inoltra fino verso la stazione Tiburtina e Portonaccio. E il quartiere dedicato allo stile Novecento. Si varcano per cosi direi suoi confini senza che l’aspetto dell’ultimo tratto del quartiere Italia, là dove esso s’insinua, quasi, nell’area in costruzione, cambi o si modifichi sensibilmente. Poiché dal piazzale delle Provincie a piazza Bologna l’aspetto ridente delle costruzioni moderne, luminose ed eleganti nella loro sagoma semplice, non varia gran che da quello degli edifizi che sorgono lungo la via della Lega Lombarda.

Questa è l’arteria centrale del nuovo quartiere le cui vie s’intitolano a fatti o a persone della storia d’Italia e dei Comuni: via Matilda di Canossa, via Arduino, piazza Pontida, piazza delle Crociate, via del Carroccio, via Adalberto, via Berengario, ecc.

Sviluppatosi, in un primo tempo, sulla sinistra – rispetto all’osservatore che volti le spalle a piazza delle Provincie – di via della Lega Lombarda, l’area verdeggiante dei prati. che si estendeva alla destra, si è andata in meno di cinque anni ricoprendosi di nuovi edifici.

Disposto sul prolungamento dei raggi formati dalle vie che si dipartono da piazza Bologna, il grosso delle costruzioni forma come un nucleo compatto che interrompe il verdeggiante aspetto dei terrapieni e delle convalli della zona che continua nella sua fase costruttiva.

Questa sua situazione di quartiere ancora in potenza, non impedisce però che un complesso di circa diecimila e più abitanti già popolino la zona, e che di conseguenza i problemi rionali già si affaccino, se non imperiosi, per lo meno tali da giustificare quella segnalazione tendente anche a prevenire l’aumentare di tali necessità in vista appunto dell’imminente sviluppo del quartiere stesso.

Però a tutta prima non sfugge all’osservatore quanto sia giovevole la saggia disposizione governatoriale che in data non molto lontana vietava la costruzione di fabbricati in zone lontane dall’abitato. Difatti, sorto sul proseguimento logico del quartiere Italia, il quartiere in questione non soffre di quei disagi che si verificano in zone, come, ad esempio, quella di Val Melaina isolata a circa sei chilometri dalla Città Giardino. Qui l’estensione dell’abitato è graduale e si è verificata in modo conseguente, sicché İl primo problema che si affaccia per ogni zona nuova, quello – cioè – dei trasporti, non è stato risentito neppure all’inizio delle costruzioni. Difatti, i tram 8 e 9 servono, l’uno con capolinea a piazza Bologna e l’altro con capolinea a piazza delle Crociate, oltre cioè lo stesso quartiere che deve attraversare, o meglio fiancheggiare, per raggiungere la sua corsa terminale, anche le zone vicine.

Questa zona è tutt’ora in via di sviluppo, ma già essa ha raggiunto quella decorosa veste che ne fa un quartiere moderno: le costruzioni intensive in zona fanno sorgere palazzi colossali, molto alti, benché snelli nella sagoma moderna, di un moderno però ingentilito ed aggraziato sia per le tinte delle case moderne e luminose, sia per la linea stessa la cui semplicità è interrotta da balconi e finestre a belvedere. Ma resta, nondimeno, la mole dei palazzi che in un prossimo domani toglierà quella luce e quell’aria alle vie, di cui oggi gli abitanti non difettano.

Ma per la caratteristica stessa del rione che è logico prolungamento del quartiere Italia, si è cosi pensato ad ingentilire le vie alberandole e impiantando nel centro di quelle più spaziose aiuole fiorite. Quest’amore per i fiori cosi radicato nell’anima del popolo romano, qui ai manifesta in modo visibilissimo a ragione del gran numero di finestre e di balconi fioriti. Anche da questo appare il desiderio degli abitanti dei nuovi rioni di vedere nelle loro vie alberi e aiuole. D’alto canto questo delle vie alberate è un sistema che il Governatorato ha largamente adottato per tutte le vie moderne e in tutti i quartieri, anche per quelli in corso di costruzione.

Nell’anno stesso in cui piazza Bologna si ingioiellò del moderno edificio postale, sorse il luminoso edificio moderno della Scuola elementare intitolata a “Enrico Corradini”, con numerose aule e completa di ogni servizio. I suoi alunni sono oltre un migliaio, A questa scuola elementare si aggiungerà ben presto un Istituto Medio governativo: un Ginnasio-Liceo che già à stato preveduto. Piazza Bologna si arricchirà pure del nuovo edificio della Questura, poiché come per l’Anagrafe, come per i palazzi postali, così è stato previsto un decentramento degli uffici della Questura centrale che oggi hanno sede nell’antico palazzo di piazza del Collegio Romano.

Il piazzale delle Provincie suggerisce il ricordo dell’epoca in cui il quartiere – né questa parte, né l’altra precedente esisteva ancora. C’era unica strada una tal via Cupa che si dipartiva dal sito dove oggi sorge la Clinica Pediatrica del Policlinico e giungeva tra la campagna sin qui, ove oggi è piazzale delle Provincie. Ché allora – son ricordi che mi suggerisce un vecchio romano e che risalgono al 1901 – non si avesse nemmeno la più lontana idea di un’eventuale espansione della città da questo lato lo prova il fatto che qui s’era creato un allevamento di cavalli ch’era se non erro – di proprietà del Principe Torlonia.

Il resto era tutto prati e pascoli e solo un paio di villinetti sorgevano là dove ora è il Teatro Italia.

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