Renato Guttuso firma nel 1964 un olio e collage su carta applicata su tela (210×150 cm), una coloratissima e affollata edicoli di giornali, quasi ipnotica, che trabocca di vita, di pagine, di inchiostro, di foto, di odore di carta e di orgoglio culturale questo luogo colorato dal grande artista.
Guardare questo quadro e osservare contemporaneamente la malinconia che emanano ormai le edicole di Roma provoca una fitta al cuore. Non si tratta di fare del romanticismo o della retorica stile “o tempora, o mores”, rimpiangendo l’epoca d’oro dei giornalai. Si tratta più semplicemente di girare nei propri quartieri e di pensare alla sorte di quelle che furono le parrocchiette in cui si andava a comprare – e molte persone ancora ci vanno – il breviario laico del mattino.
Ognuno, nel proprio quartiere, può fare il giro della strage di edicole e comporne la spoon river. Ogni mattina ci si avvia verso la rivendita vicino a Piazza delle Muse e si gioisce per la sorpresa: “Ancora c’è!”. Alla fine di Viale Parioli, di fronte a Villa Glori, invece il gabbiotto dei giornali è diventato ex, ridotto a un pezzo di lamiera inanimato e abbandonato. A Piazza Apollodoro, due passi dall’Auditorium, ha resistito con i denti la signora dell’edicola, poi si è arresa anche lei. E adesso, resta solo lo scheletro metallico di questo che è stato un punto d’incontro per tante persone del quartiere. In Piazza delle Belle Arti ormai dell’edicola non c’è più nemmeno il ricordo. È stata tra le prime, anni fa, a chiudere. È rimasta poi come relitto spiaggiato e ripieno di brutte scritte (sfortuna tipica delle ex edicole). Infine l’hanno smontata. E senza di lei, quella che è stata una piazza è sempre più diventata solo un crocicchio.
Da un articolo di Mario Ajello pubblicato su www.ilmessaggero.it
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