“La deportazione degli ebrei romani residenti nel Municipio II” di Bruno Caracciolo

Siamo nell’autunno del 1943.  Dopo un inizio della guerra che aveva visto le armate dell’Asse vittoriose, nel corso del 1943 la situazione volse a favore degli Alleati.  A febbraio le truppe che avevano invaso la Russia uscirono sconfitte dalla battaglia di Stalingrado e furono costrette alla ritirata; a maggio italiani e tedeschi furono cacciati al di là del mare nel Nord Africa. La disponibilità di basi aeree e navali a poca distanza dalle coste italiane consentì lo sbarco degli Alleati in Sicilia il 9 luglio 1943 e il 19 agosto le truppe italo-tedesche abbandonarono l’isola. 

Nel frattempo, la serie di sconfitte subite, la presenza di truppe nemiche sul suolo italiano e lo sconcerto seguito al primo bombardamento subito da Roma il 19 luglio portarono alla caduta di Mussolini e del regime fascista.

Il 3 settembre l’Italia firmò a Cassibile (frazione di Siracusa) la resa incondizionata, evento che rimase segreto fino all’8 settembre quando venne reso noto in una situazione di assoluto marasma delle strutture militari di comando, rimaste prive di ordini e con le sole generiche indicazioni date dal proclama di Badoglio: «… ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».

Al contrario, i tedeschi che già dal 25 luglio avevano trasferito truppe e predisposto dei piani di occupazione, ebbero ragione delle sporadiche azioni di resistenza delle forze italiane.  Roma fu occupata il 10 settembre dopo due giorni di intensa battaglia a cui parteciparono militari e civili, Mussolini venne liberato il 12 dello stesso mese e il 23 nacque la Repubblica Sociale nei territori dell’Italia centrosettentrionale occupati dai tedeschi.

Per gli ebrei romani, che avevano sperato in un miglioramento delle condizioni di vita che erano state rese precarie dalle leggi razziali varate cinque anni prima, videro le loro speranze andare deluse.  Da mesi erano arrivate voci di persecuzioni nei Paesi occupati dai nazisti ma, purtroppo, molti le ritennero esagerate e prive di fondamento.  Fortunatamente invece altri si resero irreperibili cercando ospitalità presso enti religiosi o famiglie di conoscenti non ebrei, o allontanandosi da Roma.  Non tutti, però, potevano permettersi una vita in clandestinità pagando per il vitto e l’alloggio, anche perché per via delle leggi razziali, in molti avevano perso le fonti di sostentamento, oppure non potevano abbandonare parenti anziani o malati.  Dagli elenchi che presenti presso il Governatorato e la Comunità Ebraica era stimata una presenza di 13.000 – 13.500 ebrei nella Capitale, i nazisti pensavano di poterne catturare 8.000 (stima poco verosimile considerate le poche forze a disposizione) considerarono poco soddisfacente la deportazione di “solo” un migliaio di ebrei romani.

A partire dal 16 settembre, Adolf Eichmann (principale esecutore della “soluzione finale della questione ebraica” deliberata nella conferenza di Wannsee nel gennaio 1942)  considerò non più vincolante l’esenzione dalla deportazione degli ebrei italiani e di altre nazioni alleate o occupate. Tale esenzione venne ufficialmente revocata il 25 settembre, giorno in cui venne inviata al colonnello Kappler, comandante della Gestapo a Roma, la disposizione di preparare la deportazione degli ebrei romani.

Il 26 settembre Kappler convocò i rappresentanti della Comunità Ebraica imponendo la consegna di 50 chili d’oro entro 36 ore, pena l’arresto di 200 capifamiglia. Il 29 i nazisti irruppero negli uffici della Comunità requisendo gli elenchi dei cittadini che ne facevano parte, mentre altri elenchi erano stati prelevati presso il Governatorato dove era presente il censimento dei residenti ebraici disposto dalle leggi razziali. Il giorno successivo depredano le biblioteche della Comunità e del Collegio Rabbinico, rubando 25.000 preziosi libri antichi.

Tra il 3 e il 5 ottobre, con l’arrivo a Roma con una decina di collaboratori del capitano delle SS Theodor Dannecker, stretto collaboratore di Eichmann, l’operazione di deportazione entrò nella fase operativa.

Un gruppo di poliziotti italiani venne fornito dalla Questura di Roma per collaborare nell’individuazione degli indirizzi degli ebrei; in attesa dell’operazione vennero tenuti consegnati in una caserma dove erano acquartierate truppe tedesche perché nulla trapelasse al di fuori.

Il 16 ottobre era sabato; era giorno di consegna delle poche sigarette e in parecchi si recarono nei luoghi di distribuzione prima dell’alba, sfidando il coprifuoco, salvandosi così perché non erano in casa all’arrivo dei nazisti. Tra di loro, una lapide al Portico di Ottavia ricorda Settimio Calò che in questo modo si salvò, ma perse la moglie e nove figli nella deportazione.

Alle 5,30 del 16 ottobre ebbe inizio l’operazione di cattura casa per casa, con 365 militari tedeschi, in parte impegnati nel ghetto (inteso come rione Sant’Angelo e parte del rione Regola) e in parte facenti parte delle squadre incaricate del rastrellamento negli altri quartieri della città.

Dei deportati di cui è nota la residenza, 434 abitavano nel ghetto e 565 al fuori. 87 erano i residenti nei quartieri attualmente facenti parte del II Municipio.

Lo stesso 16 ottobre gli arrestati vennero portati a Palazzo Salviati alla Lungara, sede del Collegio Militare. Il giorno successivo in 252 vennero rilasciati. Il 18 ottobre in 1.014, nel numero sono compresi un neonato partorito al Collegio Militare (il parto era stato assistito da un’ostetrica del vicino ospedale Santo Spirito) e una donna non ebrea, Carolina Milani, che non volle abbandonare un’anziana che assisteva e di cui condivise la sorte, vennero trasferiti alla stazione Tiburtina e caricati su dei vagoni. Costanza Sermoneta, una donna che era scampata alla razzia, riuscì a raggiungere il treno dove erano stati chiusi i suoi familiari e ottenne di salirvi.

Il treno raggiunse Auschwitz la sera di venerdì 22 e venne ammesso nel campo la mattina successiva quando 149 uomini e 47 donne superarono la selezione mentre tutti gli altri vennero avviati immediatamente alle camere a gas. Dei 197 ammessi al campo solo 15 uomini e una donna, Settimia Spizzichino, tornarono a Roma. Altre due donne, Fiorella Anticoli ed Enrica Spizzichino, erano state liberate ma morirono nei primi giorni successivi alla liberazione.

La pubblicazione “Roma 16 ottobre 1943 – Anatomia di una deportazione” a cura di Silvia Haia Antonucci et al. ha al suo interno un CD-ROM con un programma contenente i dati di georeferenziazione degli indirizzi delle abitazioni presso le quali vennero prelevati gli ebrei. Per problemi relativi alla riservatezza dei dati sensibili, gli autori hanno ritenuto di omettere i nomi dei deportati. Per quelli, 47 su 87 nel II Municipio, in ricordo dei quali è stata messa una pietra d’inciampo, i loro nomi sono stati ricavati dal sito web dell’Associazione Arte in Memoria che si occupa dell’installazione delle pietre a Roma.

Gli Stolpersteine, le Pietre d’inciampo, sono frutto di un progetto artistico animato da ragioni etiche, storiche e politiche. Nel 1990, l’artista tedesco Gunter Demnig decise di dedicare la sua vita e il suo lavoro alla memoria di tutti i deportati, razziali, politici, militari, rom e omosessuali, in tutto il mondo.  Escogitò una soluzione semplice, discreta ed efficace: un sampietrino con una superficie di ottone dove sono incisi i dati identificativi della vittima, posto davanti alla sua ultima residenza.

Nel Municipio II, oltre alle 47 Pietre d’inciampo installate finora relative a persone deportate il 16 ottobre 1943, ce ne sono altre 14 che ricordano persone deportate in altra data o assassinate alle Fosse Ardeatine.

Inoltre, a Piazzale Aldo Moro, davanti all’ingresso della sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il 10 gennaio 2024 sono state poste quattro Pietre d’inciampo relative alla famiglia Anticoli che aveva vissuto in quell’edificio in virtù del lavoro che Giacomo Anticoli svolgeva presso l’istituto. In seguito alle leggi razziali aveva perso il lavoro e la famiglia era stata allontanata; il 16 ottobre vennero arrestati a Piazzale Ippolito Nievo a Trastevere dove avevano trovato ospitalità presso alcuni parenti, non sono pertanto riportati in questo elenco.

Bruno Caracciolo

APPENDICI

Ebrei arrestati il 16 ottobre1943 nel II Municipio

Per ogni persona sono indicati: nome e cognome (se disponibili), l’età e l’indirizzo dell’abitazione (se disponibile).  La (p) indica la presenza di una Pietra d’inciampo davanti casa.

Quartiere I Flaminio

  • Femmina 24 anni Via Flaminia 19
  • Maschio 59 anni “
  • Giorgio Levi 17 anni Via Flaminia 21 (p)
  • Mario Levi 55 anni “ (p)
  • Alba Sofia Ravenna Levi 62 anni “ (p)
  • Giulia Del Monte 23 anni Via Flaminia 171 (p)
  • Carla Romanelli 6 anni “ (p)
  • Lamberto Romanelli 41 anni “ (p)
  • Michele Marco Romanelli 3 anni “ (p)
  • Maschio 72 anni Via Flaminia 183
  • Anita Di Capua Valebrega 53 anni Via Flaminia 215 (p)
  • Leone Italo Valebrega 53 anni “ (p)
  • Riccardo Ricchetti 70 anni Via Flaminia 395 (p)
  • Adele Elvira Sacerdoti 67 anni “ (p)
  • Femmina 29 anni Viale Pinturicchio 99
  • Maschio 50 anni Via Giorgio Vasari 4
  • Maschio 14 anni “
  • Maschio 10 anni “

Quartiere II Parioli

  • Riccardo Guido Luzzatto 54 anni Via Flaminia 16 (p)
  • Elena Camerino 39 anni “ (p)
  • Maschio 64 anni “
  • Maschio 46 anni “
  • Eugenio Elia Chimichi 90 anni Viale Giappone (*) 48 (p)
  • Maschio 48 anni Viale Giappone (*) 79
  • Femmina 74 anni “
  • Abramo Alberto Bises 82 anni Via Lima 7 (p)
  • Emma Forti Piperno 64 anni Via Paraguay 18 (p)
  • Vera Piperno Pontecorvo 27 anni “ (p)
  • Carlo Pontecorvo 41 anni “ (p)
  • Gianfranco Pontecorvo 3 anni “ (p)

Quartierere III Vittorio Emanuele (#)

  • Arrigo Tedeschi 56 anni Via Po 42 (p)
  • Franco Moscato 36 anni Via Salaria 195 (p)
  • Maschio 35 anni “
  • Femmina 2 anni “
  • Femmina 30 anni “
  • Maschio 69 anni “
  • Maschio 62 anni Via Tevere 21

Quartiere IV Salario

  • Femmina 45 anni Via Alessandria 166
  • Femmina 23 anni “
  • Femmina 45 anni Via Bergamo 54
  • Femmina 74 anni Corso d’Italia 83
  • Femmina 61 anni Via Po 110 p
  • Laudadio Di Nepi 61 anni Via Po 162 p
  • Silvia Sermoneta 46 anni “ p
  • Maschio 29 anni Viale Regina Margherita 22
  • Femmina 74 anni Via Salaria 174
  • Femmina 9 anni “
  • Maschio 45 anni “
  • Femmina 57 anni Via Salaria 195
  • Femmina 53 anni Via di Villa Albani 12

Quartiere V Nomentano

  • Femmina 66 anni Via G. Baglivi 3
  • Rita Caviglia 27 anni Piazza Bologna 6 p
  • Gianna Di Segni 2 anni “ p
  • Riccardo Di Segni 34 anni “ p
  • Adolfo Funaro 7 anni “ p
  • Amelia Coen 75 anni Via Caserta 4 p
  • Delia Di Nola 67 anni Via Eleonora d’Arborea 12 p
  • Lucia Rosselli 29 anni “ p
  • Marcella Rosselli 42 anni “ p
  • Raoul Vivanti 46 anni “ p
  • Femmina 42 anni Via Imperia 6
  • Maschio 62 anni “
  • Femmina 63 anni Via Lorenzo il Magnifico 44
  • Maschio 70 anni “
  • Femmina 65 anni Via Michele di Lando 10
  • Clementina Sacerdote 82 anni Via Livorno 27 p
  • Femmina 57 anni Via Gaetano Moroni 2
  • Leo Zarfati 7 anni Via Padova 90 p
  • Rosa Zarfati 8 anni “ p
  • Perla Emma Caviglia 33 anni “ p
  • Italia Zarfati 3 anni “ p
  • Augusto Capon 71 anni Via Guglielmo Saliceto 4 p
  • Fortunata Coen Finzi 56 anni Via Alessandro Torlonia 9 p
  • Luciana Finzi 19 anni “ p
  • Carlo Finzi 67 anni “ p
  • Enrico Finzi 21 anni “ p
  • Adriana Finzi 20 anni “ p
  • Vito Ascoli 48 anni Viale Ventuno Aprile 21 p
  • Ida Trevi 83 anni “ p
  • Adriana Terracina Ascoli 47 anni “ p

Quartiere XVII Savoia (§)

  • Femmina 52 anni Viale Regina Margherita 157
  • Maschio 46 anni “
  • Maschio 53 anni “
  • Femmina 31 anni Via Zara 5
  • Maschio 7 anni “
  • Maschio 0 anni “
  • Maschio 39 anni “

(*) dal 2/2/1945 riassumerà il nome di Via Panama

(#) dal 13/9/1946 riassumerà la denominazione di Quartiere Pinciano

(§) dal 13/9/1946 assumerà il nome di Quartiere Trieste

I triangoli rossi corrispondono agli indirizzi dove vennero prelevati gli ebrei il 16 ottobre 1943.

Da: Silvia Haia Antonucci et al. “Roma, 16 ottobre 1943 Anatomia di una deportazione” Milano, 2006.

Il biglietto che veniva consegnato dai soldati tedeschi incaricati del rastrellamento.

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Il rastrellamento del ghetto nel film “L’oro di Roma” del 1961, diretto da Carlo Lizzani.

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