“Passeggiate romane: una strada, una casa, una scritta”

Passeggiate romane: “una strada, una casa, una scritta latina” di Alberto Alfieri Bordi. Itinerario 5: Approdo all’isola del liberty degli architetti Coppedè con visite nei quartieri Salario, Africano e Trieste  

Siamo nell’area urbana con la più alta presenza di scritte latine incise sulle palazzine residenziali. Nel contesto del quartiere Salario, un mondo a parte è il quartiere Coppedè, le cui linee liberty costituiscono un’ attrattiva irrinunciabile per tutti i passanti, turisti stranieri, italiani ed anche romani

Un turista attento ed un romano autentico non possono non apprezzare il quartiere Coppedé, quella affascinante area situata nel quartiere Trieste e caratterizzata dalle costruzioni liberty dell’architetto Luigi “Gino” Coppedé. La Società Anonima Edilizia Moderna incaricò della realizzazione di 18 palazzine e 27 palazzi questo eclettico artista fiorentino, che presentò il progetto edilizio nel 1916 e che non ebbe modo di completare a causa della sua morte prematura (1927). Le costruzioni incomplete vennero portate a termine da Paolo Emilio André, in uno stile più semplice.

Su piazza Mincio, vero fulcro del quartiere, si affacciano tre noti edifici, tutti originali ed attraenti: i villini delle Fate al numero 3 e sulle vie laterali, la palazzina del Ragno, i palazzi degli ambasciatori su via Dora, la palazzina senza nome al numero 2.

In piazza Mincio n.4 il palazzo del Ragno risulta facilmente riconoscibile per la decorazione aracnide presente sul portone d’ingresso. L’edificio di quattro piani risale al decennio 1916-1926. Un dipinto color ocra e nero raffigura un cavaliere tra due grifoni sormontato dalla scritta “LABOR”. Sul prospetto di via Tanaro vi è il motto MAIORUM EXEMPLA OSTENDO/ARTIS PRAECEPTA RECENTIS. La frase, liberamente tradotta in “Dimostro i precetti dell’arte moderna attraverso gli esempi degli antichi”, suggella il ponte artistico tra il passato e il presente. Dario Argento, il più famoso regista italiano del genere horror, residente in zona, ha spesso utilizzato come location per i suoi film thriller scorci del signorile quartiere Coppedè, ubicato tra piazza Buenos Aires e via Tagliamento.

All’ingresso della palazzina del civico n.2 di piazza Mincio si legge: INGREDERE HAS AEDES QUISQUIS ES AMICUS ERIS HOSPITEM SOSPITO, ossia “Entra in questo luogo chiunque tu sia, sarai amico, che io proteggo come l’ospite” Anno Domini MCMXXVI. (Anno del Signore 1926)

Il villino delle Fate, realizzato da Coppedè, risale al 1924 e consta di tre corpi di fabbrica addossati e con tre ingressi separati, due da via Brenta ed uno da piazza Mincio, 3; si tratta quindi in effetti di tre villini con pareti in comune interamente circondati da un giardinetto secondo il modello della città giardino; dietro l’ingresso carrabile di piazza Mincio 3 sul pavimento del Villino delle Fate troverete un mosaico rotondo in cui sono rappresentate tre fanciulle suonatrici (lira, voce e chitarrino) in abiti romani antichi, metafore dei tre villini delle fate, Neme, Melete, Aede.

Sulle mura sono incise alcune scritte; su quelle facilmente visibili dall’esterno si legge: DOMUS PACIS: Casa della pace. DOMINO LAETITIA PRAEBEO: Offro gioia al padrone. ERECTA ANNO DOMINI MCMXXIV: Realizzata nell’anno del Signore 1924. E PETRA FIRMITAS, EX ARTE VENUSTAS: “dalla pietra (scaturisce) la solidità, dall’arte la bellezza”. Concetti semplici sull’arte di costruire ma inossidabili nel tempo. FIORENZA BELLA. Dedicato a Firenze, la città toscana che ha dato la luce all’architetto Luigi Coppedè (26.9.1866).

Via Adige 8: UT CORPUS ANIMO SIM DOMUS CORPORI BENE IN NIDO APPARET QUALES VOLUCRES INHABITANT, “Come il corpo per l’animo, così la casa per il corpo, nel nido si vede bene quali volatili vi abitano”. In questa casa del quartiere Trieste del 1927 una iscrizione che fissa il rapporto inscindibile tra le fattezze della casa e la personalità del suo abitatore.

Via Adige 39 DOMUS UNDIQUE TUTA HABITATA DULCESCIT, “una casa protetta da ogni lato, abitata, diventa dolce”. Qui appare dominante il concetto di sicurezza, riferito alla abitazione in cui si vive.

Via Aterno 8, quartiere Coppedè. Una epigrafe dura, quasi da caserma….VITA VIGILIA EST VITA MILITIA VITA MAGISTRA. Casa edificata nel 1929; vicino alle finestre centrali del primo piano è incisa una metafora della vita in una triplice declinazione, riferibile, nei tre rimandi, a Plinio, a Seneca ed a Giovenale. “La vita è veglia, è militanza, è maestra”.

Passando per via degli Appennini 25, quartiere Trieste, non si può non condividere l’adagio inciso sull’edificio: CONCORDIA PARVAE RES CRESCUNT DISCORDIA MAXIMAE DILABUNTUR, per intenderci, “Con la concordia crescono piccole cose, con la discordia le più grandi vanno in rovina”. Il motto della prima squadra di calcio della capitale, la società sportiva Lazio, fondata dal bersagliere romano Luigi Bigiarelli il 9 gennaio 1900, è proprio CONCORDIA PARVAE RES CRESCUNT, tratto dal Bellum Iugurthinum (Guerra contro Giugurta, re della Numidia) di Sallustio e più specificamente dal discorso che Micipsa, re della Numidia, fa, in punto di morte ai figli Aderbale e Iempsale ed al nipote Giugurta, pronunciando parole in cui viene esaltata la concordia, strumento indefettibile per la conservazione e la prosperità del regno.

In viale Ventuno Aprile n. 24 si trova la sede dell’antica Acqua Marcia, un edificio del 1930, ottavo anno del ventennio, di particolare fascino, arricchito da imponenti medaglioni figurati, ispirati al gusto neoclassico dell’epoca. Una iscrizione a grandi caratteri AQUA.RERUM.OPTIMA…OPTIMA.AQUARUM.MARCIA, esalta, come in uno spot moderno, “l’acqua, ottima tra tutte le cose…la Marcia ottima tra tutte le acque”. Per la sua storia millenaria e per la sua bontà, l’Acqua Marcia, a Roma, è quasi oggetto di culto, tanto da essere celebrata nella lunga epigrafe presente sul grande palazzo affacciato su piazza San Silvestro, tratta dalla Historia Naturalis di Plinio il Vecchio, come pure nelle scritte incise sui quattro lati del serbatoio monumentale visitabile in villa Borghese, lato via Pinciana. Essa ha la fontana mostra nella Fontana delle Najadi in piazza della Repubblica, anche se sono in molti ad apprezzare il piccolo fontanile in cui si riversa in via Nomentana.

A via Belluno 28 una deliziosa palazzina riporta una verità oraziana: FRANGIT MEMBRA LABOR – SUBLEVAT ALMA QUIES, ossia “la fatica spezza le membra che la quiete benigna ristora”. Il concetto espresso è certamente scontato ma efficace nella esaltazione del valore ristoratore della quiete nelle mura domestiche.

Piazza Bologna 10. La scritta proposta ai passanti, a ben vedere, non ha nulla di originale e ci racconta che ROMA IN AMPLIOREM FORMAM INEUNTE EXTRUCTA, “ricostruita in una forma più ampia nella Roma che avanza” ma è la facciata a carpire l’attenzione grazie alle linee armoniose che ne tracciano l’andamento semicircolare.

BEATUS ILLE QUI PROCUL NEGOTIIS. La scritta campeggia in via Catanzaro 2 e celebra l’otium, tanto caro ai Romani, quale assenza di impegni (e di guadagni) ma soprattutto condizione di serenità e di riflessione sui temi dell’esistenza; “beato colui che è lontano dagli affari” è tratto dagli Epodi di Orazio, primo verso dell’ode seconda.

FORTITER IN RE, SUAVITER IN MODO. L’epigrafe si trova in via Catanzaro 3 e significa “Energicamente nella sostanza, dolcemente nei modi”. Questa frase viene citata come regola di condotta della Compagnia di Gesù, di cui è ben nota la risolutezza nell’agire pur operando in un contesto spirituale.

Via Chiana 15, case INCIS del 1924, vi è la summa di tante iscrizioni inneggianti alla casa come luogo di pace e ai corollari di tale concetto fondamentale.

Nell’ingresso dell’edificio di via Eritrea 91, vicino alla chiesa di Santa Emerenziana, si decanta il valore della salute e del lavoro onesto sintetizzati nella scritta ben visibile sotto i portici: SALUTI ET HONESTIS LABORIBUS SACRA DOMUS: “con la salute e con i lavori onesti si rende sacra l’abitazione”.

A viale Gorizia 14, nella parte alta dell’edificio del 1929, una lastra riporta la frase NULLA DIES SINE LINEA, ossia “nessun giorno senza una linea”, aforisma riferito da Plinio al pittore Apelle (quello della palla di pelle di pollo….) che ogni giorno si esercitava tracciando almeno una linea. Un monito a mantenersi pronti ed allenati che vale per tutti, dagli artisti agli sportivi, dai politici ai lavoratori di ogni genere.

Via Gradisca 15 IN APTA DOMO QUIES ET LAETITIA, “in una casa adatta, c’è quiete e letizia”. Possiamo intendere la parola APTA anche in senso moderno, come “organizzata”.

In via Nemorense, all’altezza di piazza Verbano c’è una scritta condivisibile al punto da apparire ovvia: LAETA DOMUS LAETI HABITANTES, ossia “casa lieta, lieti gli abitanti”, ma nel caso di specie l’autorevolezza del messaggio trova giustificazione nella bellezza e nella grandezza dell’incisione che non può non captare l’attenzione del passante.

In via Nemorense appare un “LABORANDUM UT QUIESCAS”, un concetto caro ai Romani per cui il lavoro contribuisce a creare i presupposti per la quiete domestica.

Via Padova n.4. FATA VIAM INVENIANT. “I destini trovino la via”. Questa frase virgiliana, come molte altre individuate sui palazzi della capitale, è stata oggetto di una iniziativa geniale avviata da un liceo romano, i cui studenti, indirizzati da attenti docenti, hanno avuto il merito di tradurre ed analizzare le incisioni individuate su alcune facciate dei palazzi della capitale, perlopiù estratte dal repertorio dei classici latini.

In via Padova 1 è scritto HONOS ALIIT ARTES, “l’onore alimenta le arti”, da fonte ciceroniana.

Via Padova 18. FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE, “ciascuno è artefice del proprio destino”. Locuzione attribuita a Sallustio e nel corso dei secoli fatta propria da quanti, incluso Giordano Bruno, combattevano il concetto dell’inesorabilità del destino.

UBI ERAT SILVA ET UMBRA NUNC DOMUS FREQUENTES. Questo si legge oltre il quinto piano di un grande palazzo sito in via delle Province 25: “Dove erano prati e vegetazione ora ci sono sempre più frequentemente costruzioni”. La frase, sicuramente di indole ecologista va ricondotta alla intensa cementificazione avvenuta in molte zone di Roma. Essa non può non richiamare alla memoria una delle più celebri canzoni di Adriano Celentano, ossia il ragazzo della via Gluck. Il testo del molleggiato edito nel 1966 recitava “Questa è la storia di uno di noi, anche lui nato per caso in via Gluck, in una casa, fuori città, gente tranquilla, che lavorava. Là dove c’era l’erba ora c’è una città, e quella casa in mezzo al verde ormai, dove sarà?

Via Reno 23 UBI EST DOMUS TUA IBI EST COR TUUM, “dove c’è la tua casa c’è anche il tuo cuore”, un passo preso dal Vangelo di Matteo, che ben rappresenta l’osmosi tra la propria casa e gli affetti che colà si ritrovano.

Sulla palazzina di via Salaria 274 sono effigiate numerose scritte in latino, a cominciare da un beneaugurante PAX INTRANTIBUS SALUS EXEUNTIBUS BENEDICTIO HABITANTIBUS, insomma la pace sia per chi entra e sia per chi esce; la benedizione spetta agli abitanti”. E’ una delle formule delle benedizioni pasquali delle case. Sul lato di viale Regina Margherita del medesimo edificio, in corrispondenza del civico n.15, si presenta un altro brocardo senza tempo: SALUTI ET HONESTIS LABORIBUS SACRA DOMUS, “sacra è la abitazione realizzata grazie alla salute ed ai lavori onesti”, presente in molti altri edifici della capitale (viale Eritrea ad esempio) e non solo.

Nella casa dell’Incis di via Sebino 16, anno 1924, le iscrizioni dipinte nei quadri decorativi dell’ultimo piano inneggiano al trinomio inscindibile casa – quiete -felicità.

Via Sebino 2. LAETA DOMUS LAETI HABITANTES, “se la casa è lieta, lieti saranno anche coloro che la abitano”. Il binomio sembra inscindibile ancora oggi ed invertendo i soggetti il risultato non cambia, in ossequio alla proprietà commutativa.

Via Taro 35. AVE ROMA. Sintetico, lapidario, efficace, il saluto rivolto alla città eterna, che attraversa due millenni di storia. Il saluto talvolta è riportato con la lettera acca davanti (HAVE).

In via Topino 14 nella casa del 1926 destinata agli impiegati delle Ferrovie dello Stato si legge EX COMUNIONE PERFECTIO, probabile riferimento alla avvenuta unione di due corpi edilizi che ha permesso il completamento dell’opera.

Al numero 3 di via Topino, la strada che collega corso Trieste a piazza San Saturnino, in prossimità di piazza Verbano, c’è incisa una sola parola, SALVE, “stai bene”; sembra poca cosa, ma non lo è e l’augurio di stare bene è un tesoro se pronunciato a cuore aperto.

A Via Topino 16 c’è un monito riguardante il binomio ricchezza e salute. Recita VALEAT POSSESSOR OPORTET SI COMPORTATIS REBUS BENE COGITAT UTI. MCMXXV. “Chi ha raccolto ricchezze smisurate deve stare in buona salute, se intende godersele in pace”. La fonte è Orazio, Liber Epistularum. Più in là si legge ALMA DOMUS, quindi una casa importante. Le epigrafi sono spezzate e le parole sono alternate alle finestre, metodologia tipica degli edifici progettati da Pietro Lombardi, l’artista famoso anche per le caratteristiche fontane rionali realizzate nella capitale.

In via Alessandro Torlonia n.35 una graziosa palazzina enfatizza un concetto che individua le aspettative e gli auspici nei confronti di Dio e degli uomini: A DEO SALUS AB HOMINIBUS QUIES, “da Dio ci aspettiamo la salute, dagli uomini la quiete”.

In Via dei Tre Orologi, piccola e deliziosa strada a due passi dal Giardino Zoologico, ora Bioparco, sotto le tre meridiane che si possono vedere all’angolo con via Ulisse Aldrovandi, è inciso SINE SOLEO SILEO, ossia “senza sole sono silenzioso”, come a dire, non posso segnare l’ora. Piacevole l’assonanza, quasi musicale della frase, come piaceva ai Latini.

In piazza Trento n.9, quartiere Trieste, un bell’edificio realizzato nel 1929, conosciuto come palazzina di Pietro Aschieri, caratterizzato da quattro statue posizionate sulla parte alta, presenta la scritta SPECTAT ALTE SIDERA. “Guarda in alto le stelle” sembra un invito a volare alto, ad impegnarsi in progetti importanti; oppure, più semplicemente, una esortazione ad apprezzare le statue poste in bella mostra nella parte più alta della palazzina. Su lato destro della palazzina, un’altra scritta, ARTIBUS VITA EMINET, ci ricorda che “la vita si nobilita con le arti”. Edificio collocabile fra tradizione e razionalismo. Presenta una facciata scandita da alternanza di volumi puliti, di volta in volta concavi e convessi.

Via Udine 2. Sulla facciata due sole parole, ASSIDUO LABORE, ma efficaci a rendere partecipe il viandante occasionale che quella palazzina è stata edificata “grazie ad un impegno prolungato nel tempo”. Onore alla fatica !

Via di Villa Massimo 33. Altra casa del ventennio ed altra scritta, inneggiante alla forza della cristianità: IMA PROPE CATACUMBAS FUNDAMENTA LATENT AEDES FULGENTE SOLE VITA NOVA LAETANTUR AD MCMXXVIII. Dalle profondità delle catacombe le case saranno allietate da un sole fulgente e da una vita nuova”

Via Vulsinio sulla pietra d’angolo con via Topino, la casa del 1926 ci dice HIC MANEBIMUS OPTIME, “qui staremo ottimamente”.

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