Villa Blanc Storia e descrizione LUISS

INTRODUZIONE
Nel tessuto contiguo di vigne che occupava il territorio intorno alla basilica di S. Agnese Fuori Le Mura, sul lato opposto della strada e all’incirca nel punto in cui la vecchia Nomentana si congiungeva con la nuova arteria fatta costruire da papa Pio IV Medici nel 1564, si trovava, intorno alla metà dell’Ottocento, il sito della vigna di proprietà della famiglia del Marchese Lezzani, un possedimento rustico «fuori porta» risalente al 1848.  Nel 1893 il sito fu acquistato dal barone Alberto Blanc che, sposato con la ricca ereditiera Natalia (Natavidad) Terry, nel suo ruolo di Ministro degli Affari Esteri del terzo Governo di Francesco Crispi, intendeva predisporre una residenza adeguata al suo prestigioso incarico, durato fino al 1896, e adatta alle frequentazioni di alto livello che aveva sempre avuto e che mantenne fino alla fine della sua vita. 

L’illuminata committenza dei baroni Blanc favorì un progetto estremamente innovativo che può essere descritto con un’unica parola: eclettismo.  Eclettismo nel compendio di stili, classico, rinascimentale, neogotico; di materiali tra cui il legno, la ghisa, il marmo e il vetro; di professionalità come il progettista Francesco Mora, al quale vennero subito affiancati il famoso botanico Pietro Romualdo Pirotta e l’erudito Giacomo Boni, archeologo di chiara fama nonché amico del barone Blanc.  E fu proprio Giacomo Boni a suggerire gli artisti Alessandro Morani e Adolfo De Carolis per il ricco apparato decorativo.

LA SALA DEGLI SPECCHI
La Sala degli Specchi, l’ambiente più antico della Villa, qià esistente al momento dell’acquisto da parte del barone Blanc, è sicuramente per le sue dimensioni e per la sua posizione il fulcro dell’edificio.  Qui il barone aveva raccolto ed esposto una preziosa collezione di arazzi fiamminghi del Settecento, ora conservati ad Amsterdam.  La superficie del soffitto è tripartita e decorata con rosette ottagonali nella parte centrale e quadrati nei due lati opposti.  Lungo il perimetro corre una sequenza di lunette, vele e pennacchi. Le geometrie sono evidenziate da cornici, elementi plastici in stucco e decorazioni con figure policrome in grigio e azzurro. L’impianto decorativo è attribuibile ad Adolfo De Carolis.

SALA DA PRANZO
Cuore della Villa è la Sala da Pranzo che, posta tra la Sala degli Specchi, il giardino d’inverno e il fumoir, presenta una serie di caratteristiche che la rendono unica nel suo genere. La prima peculiarità è il camino monumentale quattrocentesco in marmo bianco, antica proprietà di un Vescovo di Parma, nel quale spicca l’aquila, lo stemma dei Blanc.  La cappa del camino è percorsa da un raffinato albero della vita, unico simbolo vetero-testamentario presente nell’apparato decorativo della Villa, anch’esso attribuito a De Carolis.  Altra singolarità è la meravigliosa e ampia prospettiva che si apre verso il giardino di inverno, inquadrata da tre archi sostenuti da due colonne in granito con capitelli su cui campeggia ancora l’aquila araldica del Barone.  Il ricco e articolato apparato decorativo, costituito da materiali diversi, è caratterizzato dalle prevalenti tonalità del verde e ha come filo conduttore l’uso quasi esclusivo di rameggi in oro ed elementi vegetali in varie forme e soluzioni.

IL GIARDINO DI INVERNO
Il giardino di inverno, insieme alla Sala da Ballo, è uno degli ambienti aggiunti da Giacomo Boni al corpo centrale.  Erano definiti “serre” ma in realtà costituivano spazi vitali e funzionali nella vita della Villa e mostrano oggi
con chiarezza come Villa Blanc sia un esempio unico del rapporto tra architettura e natura nella completa permeabilità tra gli spazi interni e gli spazi esterni.  Questo giardino di inverno era considerato il più grande d’Europa e per il suo allestimento furono fatti giungere dalla città olandese di Haarlem 10.000 bulbi di tulipano, oltre a lillà, rose e azalee.  Fu particolare motivo di orgoglio per Boni che lo definì “il più grande nella sua specie che si trovi in Italia”.
Il rapporto diretto con la Villa era garantito dalla parete tra la sala da pranzo e il giardino stesso, oggi vetrata ma, secondo le indicazioni del Boni, originariamente “tutta traforata” con delle finestre bifore, e da un ballatoio con scala che connette direttamente sala e giardino.  Sotto la sala da pranzo si trova uno spazio ipogeo: Eva Tea, biografa di Giacomo Boni, descrive questo ambiente Come 2uno speco con colonne e corone di lino, di fumento e a recessi a caverna stalattitica gocciolante su un laghetto buio. In fondo nella penombra azzurra (..) un Budda dorato con gli occhi, con le orecchie, col naso e con la bocca chiusi nell’insensibilità del Nirvana”.
Si trattava forse di un luogo per riti e riunioni esoteriche.

LA SALA DA BALLO
La realizzazione della Sala da Ballo si deve ad uno degli ultimi interventi di ampliamento della villa, eseguiti verso le fine del 1896.  L’architettura di questo ambiente raggiunge livelli di eclettismo altissimi: la novità delle strutture metalliche ideate dal Boni si coniuga con l’originale soluzione del soffitto di evidente ispirazione mediorientale.  Le 26 cupolette ottagonali sono un chiaro richiamo al palazzo Dolmabahçe ad Istanbul, ultimo incarico da diplomatico del Barone. Il grande spazio della Sala da Ballo è aperto su tre lati offrendo una vista integrale verso il giardino che di nuovo dimostra la permeabilità tra interno ed esterno, una delle caratteristiche
ricorrenti in tutto l’impianto architettonico della Villa.  Le bellissime pareti vetrate sono caratterizzate da una struttura portante costituita da alte e snelle colonne in ghisa che inquadrano infissi in ferro, ad arco, terminanti in sommità con trafori dalle forme vegetali che filtrano la luce attraverso un vetro colorato di verde intenso.

Fonte: Documentazione LUISS che ringraziamo.

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