Questa pagina parla del periodo della Villa Romana dell’Auditorium dal 225 al 80 a.C. In cui nasce la cosiddetta villa ad atrio.
Intorno all’ultimo quarto del III secolo a.C. il complesso della Villa Romana è ancora una volta completamente ristrutturato: il quartiere residenziale della villa è ampliato (mq 575) mentre quello rustico (mq 271) è sensibilmente ridimensionato.
Le fondazioni dei muri perimetrali sono realizzate in parte con schegge di cappellaccio e in parte in opera quadrata di tufo. Anche gli elevati sono provvisti di uno zoccolo in opera quadrata di tufo mentre le pareti sono in materiale deperibile. Alcuni muri delle fasi precedenti sono rasati, mentre colmate di argilla, tegole e coppi provenienti dal crollo del tetto, servono a rialzare i pavimenti all’interno delle quali è stata recuperata la tegola dell’ Acheloo.
Alla zona settentrionale residenziale si accede mediante un corridoio sul lato occidentale dove, come ipotizzato per le fasi precedenti, esisteva una strada. Il corridoio immette in un’ area di disimpegno dalla quale si accede sia alla zona residenziale sia a quella di servizio. All’ingresso del corridoio sono affiancati due ambienti che ampliano il perimetro occidentale dell’edificio e ospitano l’uno una dispensa e l’altro una cella ostiaria, destinata allo schiavo portinaio iostiarius.
La parte residenziale è organizzata, anche in questa fase, intorno ad una vasta corte con impluvio centrale fornita di una canaletta, realizzata in tubuli di terracotta, che drena l’acqua verso il limite occidentale del complesso. Sul cortile si affacciano quattro cubicula e due vani aperti, detti alae, destinati probabilmente ad ospitare le immagini degli antenati. Il lato settentrionale è articolato in tre ambienti: due vaste sale laterali (m 5 x 5,5), forse due oeci o triclinii, e una centrale aperta sulla corte.
Quest’ultimo ambiente, a pianta rettangolare (m 5,80 x 4,20), interpretato come archivio (tablinum), presenta un pavimento in cocciopesto rosso con tessere di calcare bianco disposte senza ordine nel campo. Sul lato occidentale del vano, è alloggiata una struttura, probabilmente da riferirsi all’uso della stanza come archivio. Sul lato meridionale del cortile un vasto ambiente, pavimentato con grandi lastre irregolari di cappellaccio, è adibito a cucina: su un lato un bancone, realizzato anch’esso in lastre di cappellaccio, presenta evidenti segni di combustione che fanno ipotizzare l’esistenza di un focolare. Di fronte alla cucina si trova una sala rettangolare probabilmente utilizzata come triclinio.
Nella parte orientale, all’esterno del perimetro dell’edificio, la struttura identificata nelle fasi precedenti come tempietto è adibita a semplice magazzino. La zona di servizio è sensibilmente ridotta, ma continua a mantenere il medesimo impianto con una serie di ambienti che in buona parte riutilizzano i muri precedenti, organizzati intorno ad un atriolo rustico. il piano di calpestio del cortile è rialzato con frammenti di tufo e strati di argilla, quindi è allestita una nuova pavimentazione in lastre di cappellaccio e costruita una canaletta.
All’interno del cortile, lungo il lato occidentale, è realizzato, in grossi blocchi squadrati di cappellaccio, un pozzo a sezione circolare, mentre sul lato sud-orientale è allestito un focolare costituito da un’area rettangolare delimitata da spezzoni di tegole infisse nel terreno. Nell’angolo nord-occidentale dell’atrio un ambiente conserva ancora una pavimentazione realizzata in lastre di tufo grigio, simile a quella già presente nell’ambiente” cucina” dell’ala settentrionale.
L’edificio subisce in questa fase solo piccole modifiche che non variano la planimetria e la funzione dei singoli ambienti: sono eseguite diverse operazioni come la rasatura di alcuni muri, la costruzione di nuovi tramezzi e il restauro delle murature più fatiscenti utilizzando una tecnica con scheggioni di cappellaccio.
La parte urbana, è probabilmente destinata alla residenza del proprietario, forse un esponente della nobiltà tardo-repubblicana, mentre quella rustica accoglie il vilicus che gestiva il fondo. Questa distinzione di funzioni, già individuabile nella fase precedente, sembra corrispondere ai canoni dettati da Catone nel De agricultura (198/164-149 a.C.), il quale descrive questo tipo di complesso, con differenziazione tra parte urbana parte rustica, identificandolo come “villa ad atrio”. Tale tipo di edificio è inoltre caratterizzato dalla disposizione dei vani intorno all’atrio centrale e dalla distinzione delle funzioni per i singoli ambienti.
Fonti: Tratto da un testo di Paola Chini e Antonella Gallitto, pubblicato su “Il grande Auditorium di Roma. Una porta sul futuro” TIELLE MEDIA Editore S.r.l., 2005
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