Mura Aureliane Approfondimento

Aureliano decise di dotare Roma di una nuova cinta muraria, denominata appunto Mura Aureliane, quando si rese conto che le difese “esterne” dell’Impero potevano cedere e permettere a popoli ben determinati ed equipaggiati di raggiungere rapidamente Roma utilizzando la rete di strade consolari, cosa che nei secoli successivi si verificò puntualmente. 

I tempi di percorrenza sulle vie consolari romane variavano da un minimo di 20 miglia (31 km) / giorno per un viaggiatore a piedi ad un massimo di 80-100 miglia  (124 – 155 km) al giorno per una staffetta di corrieri governativi a cavallo, con un valore medio giornaliero, stabilito per il servizio postale, di circa 45 miglia (70 km)/giorno. Ciò voleva dire, per esempio, che gli Jutungi, dopo la battaglia di Piacenza si erano già messi in viaggio lungo la via Emilia e poi la Flaminia, (262 km tra Piacenza e Rimini e 345 km tra Rimini e Roma in totale 607 km), ed anche alla velocità “lenta” di 30 km/giorno, in 20 giorni sarebbero potuti arrivare a Roma. Ed infatti, Aureliano, dopo Piacenza, “riprese” gli Iutungi a Fano, dopo neanche un mese dalla sconfitta, li costrinse a tornare sui propri passi ed infine li sbaragliò a Pavia. Questo però voleva dire che Roma era “scoperta”, il pericolo era troppo grande e i tempi per creare una cinta muraria che difendesse la città erano stretti. In realtà Roma aveva la sua antica cinta muraria, le Mura Serviane, ma con il passare dei secoli, la città si era espansa ben aldilà del Pomerio delle sue antiche mura.

La cinta muraria romana era stata fatta costruire da Tarquinio Prisco, (del resto le città dell’Etruria e del Lazio erano già munite di cinte murarie fin dal VI sec. a.C.) e poi vennero ampliate e dotate di un fossato dal successore, Servio Tullio, dal quale presero il nome. L’opera era stata realizzata in Saxo Quadrato e con tufo di Grotta Oscura (in blocchi squadrati di cappellaccio di tufo), probabilmente con l’ausilio di maestranze Siracusane. Su questa cinta di mura si apriva una porta per ogni altura: la Mugonia per il Palatino, la Saturnia (o Pandana) per il Campidoglio, la Viminalis, l’Oppia, la Cespia e la Querquetulana per i colli di cui portano il nome (Querquetulum era l’antico nome del Celio) e la Collina (per il collis Quirinalis).

La porta del “Colle” Quirinale, porta Collina, fu da sempre teatro di battaglie ed invasioni a cominciare nel 508 a.C., con Porsenna, che assediò da qui la città, finché Muzio Scevola non lo convinse a chiudere le ostilità, poi ancora nel 449 a.C  la plebe entrò e poi uscì diretta a Monte Sacro, e ancora, nel 390 a.C., passarono di qui i Galli che si spinsero fin sul Campidoglio. Sempre per Porta Collina, poi,  erano arrivati i Sabini nel 284 a.C., i Fidenati e i Veienti nel 319 a.C., ed i Prenestini nel 376 a.C. E ancora fu proprio a Porta Collina che nel 217 a.C., durante la seconda guerra punica, Annibale si avvicinò con 2.000 cavalieri numidi per contemplare la città che per fortuna non prese mai. Infine questo era stato, nell’82 a.C., il sito fuori del quale si combatté la battaglia di Porta Collina, in cui Silla annientò l’ultima resistenza dei partigiani di Mario. Dalla Porta Collina uscivano le vie Salaria e Nomentana, in prosecuzione del vicus Portae Collinae che scendeva direttamente dal colle Quirinale. Questo vicus era la prosecuzione dell’antico percorso viario Alta Semita (oggi via del Quirinale-via XX Settembre), e subito al di fuori della porta si ergeva il santuario dedicato a Venus Erycina, o Venere di Erice, il cui culto si diffuse a Roma a partire dalla Sicilia durante la I guerra punica (264-241 a.c.). Fuori Porta Collina si trovava poi il “campus sceleratus”, dove venivano sepolti i condannati a morte e le Vestali che non avevano osservato il voto di castità.

Il sito esatto dove sorgeva Porta Collina è stato individuato nel 1872 quando si scavò per la costruzione del grande palazzo del Ministero delle Finanze progettato da Raffaele Canevari. All’angolo tra Via XX Settembre e via Goito, vennero alla luce le fondazioni della Porta delle Mura Serviane, ma con grande scandalo di Rodolfo Lanciani furono distrutte “con la dinamite”. L’unica memoria che rimane di questa porta è nel nome di una strada che corre da via Flavia a via Calabria in direzione proprio del sito dove si trovava la porta. Per definire il tracciato delle nuove Mura gli architetti militari di Aureliano decisero di seguire il perimetro daziario dell’Urbe che era stato segnato da Marco Aurelio e Commodo. Ciò permetteva non solo di includere praticamente tutto l’abitato effettivo di Roma, ma di far combaciare un limite “fiscale” con un limite “fisico”.

La coincidenza della cinta Daziaria con le Mura Aureliane rimase in vigore fino a dopo il 1870 quando il Regno d’Italia decise di estendere l’abitato di Roma oltre le Mura Aureliane. La scelta di Aureliano di inglobare nel recinto di mura tutte le nuove espansioni della città comportava un impegno immenso, le nuove mura sarebbero state lunghe circa 19 km, (contro gli 11 km delle preesistenti Mura Serviane), e  realizzate in laterizio. Il progetto era improntato alla massima velocità e semplicità strutturale, oltre, ovviamente, a una garanzia di protezione e sicurezza. Ciò che è meno evidente del progetto di Aureliano, è che le mura non avrebbero avuto solo una funzione di difesa “esterna”, ma anche un ruolo di “ordine pubblico interno”. I recenti tumulti avevano messo in evidenza come gli interventi di polizia alla quale erano chiamati i pretoriani alloggiati nel Castrum Pretoriano, a supporto dei “Vigiles”, che dovevano sorvegliare tutte le 14 regioni  dell’Urbe con 423 quartieri ed oltre 147.000 edifici che in larga parte erano insulae di legno che alloggiavano più di un milione di abitanti, era un compito improbo e difficile.

All’interno delle viuzze delle varie Regiones dell’Urbe, la concentrazione della popolazione e la densità abitativa era altissima. Se ipotizziamo un milione di persone dentro le Mura Aureliane raggiungiamo una densità di 740 abitanti per ettaro. Per dare un’idea, a parità di condizioni i quartieri centrali di Hong Kong ne hanno 1600,  Bombay 1160 e Calcutta 1000 . Un vero inferno sia per l’ordine pubblico che per la sicurezza. Ne consegue che Aureliano ideò la cinta muraria come un Raccordo Anulare di sicurezza, nel quale le truppe potevano rapidamente spostarsi lungo i camminamenti partendo dai casermaggi in genere localizzati presso le Porte che erano dei veri e propri castelli collocati in corrispondenza, sì delle vie consolari, ma anche in corrispondenza di otto delle quattordici regiones amministrative dell’urbe. I lavori, iniziati nel 271, furono portati avanti piuttosto velocemente e dovettero essere quasi terminati alla morte dell’imperatore, anche se vennero condotti a termine con Probo (279).

L’inserimento di edifici già esistenti nelle mura conferma la fretta che presiedette ai lavori, lungo il percorso furono infatti riutilizzati molti edifici, alcuni dei quali di grandi dimensioni quali i Castra Praetoria, le arcate dell’Acquedotto Claudio, l’Anfiteatro Castrense, il muro di sostruzione degli Horti degli Acilii con il “Muro Torto” sul Pincio e la Piramide di Caio Cestio. In diverse occasioni i muri romani civili preesistenti furono irrobustiti tamponando archi, aumentando gli spessori o consolidando le parti di costruzioni non destinate ad usi militari. La nuova cinta muraria tracciò un perimetro grosso modo circolare attorno alla città per una lunghezza complessiva di quasi diciannove chilometri (18.837,5 m, secondo il Lanciani). L’alzato delle Mura consisteva in un nucleo cementizio composto da ingenti quantità di malta frammista a pezzami di tufo, rivestito di cortine laterizie su entrambi i lati, per uno spessore totale di ca. 3,5 – 3,7 m.

Questa struttura venne eretta per ca. 7 m, al di sopra di una fondazione in cementizio senza paramenti, leggermente più spessa delle Mura stesse. Con l’aggiunta del parapetto merlato sul lato esterno del cammino di ronda scoperto, l’altezza complessiva della struttura arrivava a ca. 8 m sopra il livello del suolo.Il circuito venne rafforzato con 383 torri quadrate, sporgenti dalla facciata esterna e distanti 100 piedi romani (29,6 m) l’una dall’altra, la maggiore parte delle quali dotate di una base solida e di una camera all’altezza del cammino di ronda. Il circuito di Aureliano era provvisto di sedici porte principali, di cui tre in Trastevere, generalmente poste in corrispondenza con le principali vie consolari, mentre un numero analogo di porte secondarie, posterule, di dimensioni variabili si apriva su alcune strade secondarie. Altre cinque o sei posterule nel tratto nord delle Mura lungo il Tevere, ricordate in fonti medioevali, collegavano il Campo Marzio con gli scali fluviali e, attraverso il ponte Elio, il mausoleo di Adriano/Castel Sant’Angelo e la zona del Vaticano.

I tre gruppi di porte seguivano uno schema che sostanzialmente ancora oggi risulta essere valido, e cioè: Porte di «prima classe», istallate lungo le quattro vie allora più frequentate della città, Portuense, Ostiense, Appia e Flaminia, vantavano una facciata in travertino a doppio fornice, fiancheggiata da due torri semicircolari. Quelle di «seconda classe», quali le Porte Latina, Tiburtina, Nomentana e Salaria, si presentavano con torri semicircolari simili, ma con una facciata in mattoni a fornice unico. Le porte di «terza classe» erano semplici varchi aperti nelle cortine laterizie tra due torri quadrate normali, come la Porta Metronia e l’Asinaria, e difficilmente si distinguevano dalle posterule maggiori. Infatti le quattro o cinque porte che solitamente si aggiungono alle undici porte di «prima» e «seconda» classe sono quelle ingrandite e abbellite in epoche posteriori, principalmente sotto Onorio (384 – 423).

Va notato che la maggior parte dei paramenti murari della fase aureliana furono pesantemente rimaneggiati durante la campagna edilizia onoriana, impegnativa quasi quanto il cantiere di Aureliano, che raddoppiò l’altezza dell’intero circuito tramite la costruzione di muri alti ca. 6 m che sorsero sopra il cammino di ronda aureliano. Sempre composte di un nucleo cementizio rivestito di mattoni, le cortine onoriane vennero realizzate in due varianti principali.

Quella più semplice, impiegata laddove il circuito, costeggiando i rilievi naturali del terreno, rafforzato dalla mole della terra retrostante, consisteva in un muro spesso 6 piedi romani (177,6 cm) coronato da un cammino di ronda stretto e con un parapetto merlato. In questi tratti, ciascuna campata fu munita di due nicchie coperte ad arco, ricavate nello spessore del muro al livello del cammino di ronda aureliano, ognuna con una feritoia per arcieri.

Nell’altra variante, quella più diffusa, tutta la larghezza del nucleo sottostante aureliano era occupata da una galleria coperta, scandita da archi aperti sul lato interno, nel cui lato esterno, leggermente meno spesso (4 piedi romani; 1,20m), erano disposte sette piccole nicchie coperte ad arco per ogni campata, poste in corrispondenza con gli archi retrostanti. Allo stesso tempo, le torri e le porte furono rialzate di un piano, ed il secondo piano delle torri fu dotato di uno spazio adatto ad ospitare una balista.

Le porte principali ricevettero nuove facciate in marmo o travertino e alcuni varchi secondari, come la porta Asinaria, vennero monumentalizzati con l’aggiunta di torri semicircolari costruite ex novo, insieme alle facciate in travertino a fornice unico. Questa fase può collocarsi con sicurezza nel regno di Onorio, tra il 401 e il 403 d.C

Pagine a livello inferiore:

Pagina al livello superiore:  Mura Aureliane

Pagine allo stesso livello:

CONDIVIDI QUESTA PAGINA:

I commenti sono chiusi.