Aureliano

Le Mura Aureliane furono realizzate dall’Imperatore Lucius Domitius Aurelianus nato a Sirmio, ossia Sremska Mitrovica in Serbia il 9 settembre del 214, acclamato Imperatore nel dicembre del 270 ed assassinato, praticamente senza ragione, da una assurda congiura degli equivoci, a Caenophrurium nei pressi di Bisanzio il 25 settembre del 275.

Aureliano è ricordato quasi esclusivamente per aver edificato la cinta muraria di Roma, ma in realtà fu un grande imperatore che meriterebbe di essere celebrato per molte altre imprese di grande importanza. Valentissimo generale agli ordini dell’Imperatore Claudio il Gotico (213 – 270), alla morte di Claudio, pose rapidamente fine alle ultime resistenze dei Goti, accettò la nomina ad imperatore alla fine del 270 e da subito fu impegnato a sconfiggere le  tribù barbare che dall’Europa orientale invadevano il nord Italia: Goti, Jutungi, Vandali, Alemanni e Marcomanni. La guerra contro queste due ultime tribù fu funestata nel gennaio del 271 da una pesante sconfitta a Piacenza. Ne conseguì che Roma era praticamente indifesa dai barbari che stavano discendendo la penisola. In città ne nacque una rivolta violentissima, alla quale presero parte, tra gli altri, i dipendenti della zecca, che formavano una vera corporazione.

Aureliano, sconfitti definitivamente Alemanni e Marcomanni a Fano ed a Pavia, tornò a Roma, e soffocò nel sangue la rivolta. Tuttavia la corsa dei barbari verso Roma lungo le vie consolari, l’Emilia prima e la Flaminia poi, convinse l’Imperatore a  dare forte impulso alla costruzione di una cinta muraria in grado di arginare un eventuale ulteriore attacco a Roma. Inoltre, le implicazioni organizzative, finanziarie e gestionali di questa grandiosa opera, diedero il destro all’Imperatore per concepire una vera rivoluzione dell’apparato dello Stato, che ponesse fine alle rivolte interne.

Domata la rivolta interna, l’Imperatore si dedicò ad eliminare i residui focolai autonomisti che si erano nel frattempo consolidati nell’Impero. Mosse tra l’altro contro Zenobia, che aveva proclamato il Regno autonomo di Palmira in Siria e che, nel 274 fu portata in catene (d’oro) nel trionfo di Aureliano ma ebbe risparmiata la vita e visse tranquillamente a Tivoli nei pressi di Villa Adriana, forse in località Bagni della Regina, per il resto dei suoi giorni. Mentre sistemava le questioni politico-militari e procedeva nella costruzione della nuova imponente cinta muraria, l’Imperatore avviò una estesa riforma monetaria, conclusa nel 274, stabilendo che le Zecche dell’Impero fossero solo 10 da ben 540 che erano, ma soprattutto costringendole ad abbandonare la produzione locale in bronzo, per adottare un’unica moneta basata sul tipo di quella emessa dalla zecca di Roma, che ritornava così ad essere il centro monetario dell’Impero. Inoltre impose, nella monetazione così come in tutti i documenti pubblici, l’uso esclusivo della lingua latina. Unica eccezione Alessandria d’Egitto, che potè continuare la produzione dei suoi tetradrammi, con legende in lingua greca.

La riforma monetaria ridiede un ruolo preminente all’aureo,  intervenendo sulle monete divisionali, con nuove caratteristiche rispetto alla produzione scadente dei decenni precedenti. Le innovazioni sulla monetazione ebbero un effetto di deflazione e, al tempo stesso, di inflazione dato che il valore corrente valeva ben più del  metallo pregiato in essa contenuto. Ciò era dovuto anche al fatto che l’Impero, dopo circa 150 anni, aveva perduto la provincia della Dacia con le sue miniere d’oro e d’argento. Gli effetti dell’inflazione, le riforme amministrative e monetarie e l’immenso cantiere delle Mura, convinsero l’Imperatore a concepire un vero nuovo bilancio dello stato che finanziasse i lavori pubblici e tenesse a bada le maestranze. In pratica un vero PNRR ante litteram.

Inoltre Aureliano introdusse importanti novità in campo religioso, consolidando nell’Impero il culto del Sole, e l’istituzione ufficiale del culto del Sol Invictus, indicendo una festività dedicata alla nascita del Sole, che cadeva proprio il 25 dicembre. Il Tempio del Sole, le cui spoglie sono in San Silvestro in Capite, aveva, tra le altre cose, il monopolio della mescita del vino ed anche in questo caso la riforma sociale e quella finanziaria si fusero in quanto lo stato guadagnava sulle gabelle derivanti dalle vendite del vino che avveniva presso il Tempio.

Nonostante tutte queste importanti riforme che modernizzarono lo Stato, nel 275, Aureliano fu vittima di una meschina vendetta da parte di un segretario infedele che, rimproverato e minacciato di punizioni, si inventò e fece circolare una lista di condanne a morte di importanti ufficiali dell’esercito, che attribuì alla volontà dell’imperatore. Questi ufficiali caddero nella trappola e ordirono un complotto che portò all’assassinio di Aureliano presso Bisanzio.

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