Lottizzazione di Villa Ludovisi

Nel 1870, quando Roma diventa capitale d’Italia Villa Ludovisi,  è una grande proprietà dei principi Boncompagni Ludovisi.  Come in molti palazzi della nobiltà romana, anche qui entra la “febbre edilizia” che stava prendendo molti nobili romani e incomincia a sviluppare controverse familiari centrate sulla lottizzazione e vendita della grande proprietà.

Nel 1883, alla morte di Don Antonio III Boncompagni-Ludovisi, la proprietà, ricordata da tanti scrittori e poeti come il più “bel giardino del mondo”, inizia a essere lottizzata dai suoi due figli Rodolfo e Ignazio.  Dei 247.000 metri quadrati ben 240.000 sono venduti alla Generale Immobiliare (società edilizia costituita in maggioranza da capitali provenienti da ambienti cattolici) e la speculazione edilizia trova appoggio nell’Unione Romana, che rappresenta gli interessi del Vaticano e che riesce a ottenere il controllo dell’Amministrazione Capitolina nel momento in cui il Parlamento vota gli stanziamenti per le costruzioni edilizie a Roma.

L’ampliamento della città sul territorio di villa Ludovisi, peraltro, non era neanche contemplato dai piani regolatori del 1873 e del 1883, ma nel 1886 il Consiglio Comunale delibera che l’apertura di via Vittorio Veneto e via Boncompagni rispondono a interessi di pubblica utilità.  In realtà, le nuove abitazioni di questo quartiere interessano l’alta borghesia e questo determina la presenza nel piano approvato solo di villini e palazzine di soli tre o quattro piani circondate di verde.

Nel 1886, sotto gli auspici del sindaco di Roma duca Leopoldo Torlonia, i Ludovisi firmano una convenzione con la Società Generale Immobiliare, per trasformare la villa nel “quartiere Ludovisi” per la costruzione di via Veneto e del quartiere che le gravita intorno.  A nulla valsero le proteste dei giornali,  le lettere inviate dagli intellettuali del tempo.

L’urbanizzazione di Villa  Ludovisi non fu purtroppo un caso isolato nella febbre edilizia di quegli anni, ma è certamente fra i più gravi. Non furono risparmiati né i giardini né i casini né (parzialmente) il palazzo. Sul terreno dov’era il parco sorse l’attuale rione Ludovisi. Degli edifici storici della villa – decantata ai suoi tempi da Goethe e Stendhal e di fronte alla cui distruzione levarono grandi proteste D’Annunzio e Rodolfo Lanciani – si salvarono solo il casino detto “dell’Aurora” (dall’affresco del Guercino) nonché la facciata e la scalinata del Palazzo Grande, oggi addossata al Palazzo dell’Ambasciata degli Stati Uniti e non visitabile, né visibile dalla strada.

La maggior parte degli edifici costruiti nel rione Ludovisi sono datati tra il 1888 e il 1889 e spiccano per ricercatezza architettonica: il Villino Folchi di Giovan Battista Giovenale, del 1895, che riecheggia la decorazione settecentesca e il villino Florio di Ernesto Basile, del 1902, esempio precoce di citazioni medievaleggianti.

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Villa Ludovisi

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