La palazzina Bornigia è una delle palazzine che dominano Piazza delle Muse, uno dei punti panoramici più alti dei Monti Parioli, da cui si domina la grande ansa del Tevere all’altezza della fonte dell’Acqua Acetosa e si traguarda il profilo definito dai Monti Cimini e Sabini.
- MAPPA della Zona Parioli 3 (da viale dei Parioli a Piazza delle Muse)
Ugo Luccichenti, a fianco della Palazzina Salvatelli, realizza quasi contemporaneamente una palazzina per Alfredo Bornigia, noto imprenditore e corridore automobilistico. È qui, in queste aree dei Parioli allora fortemente caratterizzate dalla presenza del paesaggio naturale che, nel corso del primo Novecento, si sperimenta la tipologia della “palazzina signorile” per una committenza altoborghese, attraverso la definizione di una possibile sintesi tra i valori figurativi tradizionali propri di quella che ancora è intesa come Domus secondo la rivista diretta da Gio Ponti, ovvero una casa di rappresentanza all’italiana aperta all’esterno (”con i suoi portici e le sue terrazze, con le pergole e le verande con le logge e i balconi, le altane e i belvedere, tanto italiane che in ogni lingua sono chiamate con i nomi di qui” Gio Ponti, 1928) e la casa moderna e quindi “Bella” secondo le indicazioni della rivista Casabella allora diretta da Giuseppe Pagano, in direzione dei principi razionalisti.
La presenza del paesaggio è il tema dominante del progetto di Ugo Luccichenti, e lo sarà nella maggior parte delle sue realizzazioni, in particolare, troverà il suo punto più alto nella Nave al quartiere Trionfale (Villino Trionfale, 1953-’59). Ma è anche il tema che, in linea generale, almeno nella prima parte del Novecento, tra gli anni Venti e Quaranta, tiene insieme tradizione e modernità.
L’impianto planimetrico della Palazzina Bornigia distribuisce simmetricamente, rispetto al corpo centrale della scala, due appartamenti per piano organizzati in blocchi funzionali: giorno/rappresentanza e notte collegati dalla galleria dei servizi con accesso indipendente dalla chiostrina. La simmetria, che in questo caso assume solo valore funzionale, è totalmente negata sul prospetto rivolto al paesaggio: una grande lastra trasparente, scandita dal ritmo della pilastratura in cortina rossa, dilata, nelle lunghe balconate in aggetto, lo spazio dell’appartamento e lo proietta totalmente all’esterno, nel paesaggio.
La scatola muraria è ridotta ai suoi elementi essenziali, allo scheletro strutturale, accentuato dal colore della cortina rispetto al tono neutro dell’edificio, agli infissi sottili in ferro-finestra agganciati alla struttura e, ancora, dallo svuotamento delle testate dei soggiorni: se l’angolo è ancora segnalato dal pilastro, la vetrata riprende sul lato il tema del prospetto sulla piazza, in questo modo l’angolo di visuale sul paesaggio non si limita a una visione frontale ma di fatto si apre come quello di un “belvedere”, nelle caratteristiche che gli sono proprie, quello di essere un punto privilegiato per una visione dall’alto sul paesaggio. Al vuoto trasparente si oppone l’opacità del pieno dell’attacco a terra. mentre il coronamento si distingue per l’evidenza delle architravature.
La scala semicircolare qualifica il vuoto vetrato della chiostrina su cui affacciano gli ingressi-veranda agli appartamenti.
Fonte: ArchiDiAP
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