“Via Paisiello” di Armando Spadini, del 1919, è un olio su tela (cm 40,5 x 60) oggi alla Civica Galleria d’Arte Moderna, Raccolta Grassi, Milano.
Uno dei punti di partenza più certi della nuova interpretazione di Roma è la pittura di Spadini, artista che seppe «tradurre» alcune delle componenti della cultura figurativa europea, dall’impressionismo alla Secessione Monachese, in un linguaggio agile e brillante, a cui la pittura prodotta a Roma rimarrà costantemente legata, sia pure in un rapporto di amore-odio. Il superamento dello «spadinismo» passerà infatti attraverso dure polemiche (sono note le critiche di R. Melli e la definizione data da de Chirico nel 1918: «un impressionista fesso»), ma poi tutti concordemente finiranno per ammettere le sue qualità, e la sua influenza continuerà a farsi sentire anche dopo la morte, avvenuta nel 1925.
Ricordiamo a proposito che l’attività della «Galleria di Roma» (dove esordiscono Scipione, Mafai, Cagli, Capogrossi, Cavalli e altri della Scuola romana) inizia nel 1930 proprio con un «Omaggio a Spadini». In questa mostra, è esposta anche questa veduta, dipinta nei pressi della casa-studio di Spadini a via Emilio de’ Cavalieri, Una traversa di via Giovanni Paisiello. È un soggetto replicato per diversi anni, con una registrazione accurata delle trasformazioni urbane.
Il quadro ha anche un valore documentario, infatti nella grande casa al centro (un ex convento) viveva in questi anni Giacomo Balla, e la sua posizione tra la campagna e i cantieri spiega la genesi di alcuni celebri dipinti, come “La giornata dell’operaio” (1904), la “Ragazza che corre sul balcone” (1912) il “Volo di rondini” (1913).
Così un testimone, Francesco Cangiullo, descrive l’interno della casa laboratorio di Balla: «Magia caleindoscopica di colori aggressivi. Carte variopinte sgargianti che si riflettevano in lamine di stagnole, occhi di celluloide che lucevano tremolanti in un quadro, lampade fantastiche di carta velina gialla e verde, accese dal sole, studi futuristi di velocità astratte, e lacche violette e vermiglie, vernici cristalline, raso, damasco, e Balla che vivificava vertiginosamente il suo ambiente pirotecnico, cantando, ballando e accompagnandosi, invasato, col petto compresso sotto la chitarra».
La casa sarà demolita pochi anni dopo, nel 1926, per la costruzione dei villini del quartiere Sebastiani.
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Bibliografia: Valerio Rivosecchi e Antonello Trombadori “Roma appena ieri nei dipinti degli artisti italiani del Novecento”