Arnaldo Zocchi è stato una scultore. Lavorava in un vecchio studio in via Palestro 19.
fregi architettonici, tra cui quelli per la tomba Torlonia al Verano
monumento funebre-celebrativo dell’ingegnere Alessandro Brisse (1894, Roma, Verano), secondo la composizione, ricorrente nel suo stile, del monolito circondato da figure.
Fin dai suoi esordi Zocchi riservò grandi speranze nei concorsi del Vittoriano, a cominciare dalla statua equestre di Vittorio Emanuele II (Gazzetta…, 1886). In seguito, Giuseppe Sacconi lo invitò a realizzare un bozzetto della sottobase della statua, insieme con Eugenio Maccagnani ed Emilio Gallori (Acciaresi, 1911); ottenne anche l’assegnazione di un lato del suo piedistallo (Ars et labor, 1906), poi toltogli per un cambio di programma. Partecipò inoltre al concorso delle quadrighe (1908), ma, infine, riuscì ad aggiudicarsi solo una delle Vittorie alate davanti ai propilei (1911).
monumenti , ai Caduti dei quartieri Nomentano e Salario a Roma (1926) commissione dell’arch. Ettore Bernich (Firenze 1862-
Nel cimitero romano del Verano il maestro lasciò un discreto numero di opere, sempre originali nella concezione (Montenovesi, 1915). Andò perduto nel 1943 il busto del capitano Mario Bassi di Bologna, caduto ad Adua nel 1896 (A. Zocchi, Sulle vie del passato…, cit., p. 81). Nel 1907 eseguì il gruppo di marmo per la tomba di Ginevra Anna Bay, dal carattere simbolista, e il bassorilievo bronzeo per il tenente Carlo Pietranera, dai delicati effetti pittorici (p. 197); nel 1928 il medaglione della nipote Nerina Bartoli (p. 307), e nel 1930 l’allegoria della Scultura per il collega Carlo Bianchi (p. 310).
Il monumento più doloroso fu per la moglie Isolina (p. 300; Solaro, in Per aevum, 1958), alla quale dedicò un’arca marmorea avvolta da una fascia bronzea a bassorilievo, rielaborazione in chiave michelangiolesca della fatica esistenziale dell’umanità.
Morì a Roma il 17 luglio 1940 e fu sepolto nel sepolcro della moglie.
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