I piani regolatori del 1873 e del 1883 non si occupano dell’area fuori le mura a nord della città, caratterizzata, come tutte le parti periferiche intorno alla città, da grandi ville suburbane. Ma la nuova capitale d’Italia cresce demograficamente e già nelle carte del 1889 e del 1891 si vedono disegnate ipotesi di lottizzazioni a fini edificatori, in forma prima embrionale e poi un poco più evoluta. Nasce quello che diventerà il quartiere Flaminio.
La prima rappresentazione del quartiere Flaminio fa vedere una maglia continua di lotti che si interrompe solo sulla sponda del fiume. Ci sono solo piccoli spazi destinati a piazze ottenuti per sottrazione di singoli lotti. Tuttavia il raggio centrale del semicerchio dell’ansa già c’è e finisce in una piazza più grande, ottenuta per sottrazione di due lotti. Una seconda rappresentazione del 1891 è più raffinata e compiuta e compare per la prima volta l’asse ortogonale che attraversa la Flaminia, oggi via Guido Reni e viale De Coubertin. Da una parte una lottizzazione, dall’altra un grande spazio a parco e per l’ippodromo.
Si tratta di disegni che anticipano solo di qualche anno l’impianto urbanistico del quartiere Flaminio che verrà prefigurato, pressoché nella sua forma attuale, dal Piano Regolatore del 1909 dove si prende atto della attesa di edificazione delle aree fino ad allora libere, e si dà loro un disegno all’interno del piano di crescita della intera città .
Il piano prevede non solo le edificazioni, ma anche le connessioni con l’altra sponda del Tevere (prima rappresentazione dell’attuale Ponte della Musica) e disegna, anche se in modo ancora approssimativo, le nuove aree trasformabili a villini dei Monti Parioli. Per la prima volta il piano regolatore è disegnato sulla base di un rilievo altimetrico, prodotto dall’Istituto Geografico Militare.
Il Piano regolatore del 1909 prevede anche una maglia di trasporti pubblici di superficie, affidata ad ampliamenti della rete tranviaria allora già presente. C’è già la previsione del passaggio del tram sul Ponte della Musica. Ed è già pienamente colta la importanza dell’asse ortogonale alla Via Flaminia, che dall’attuale Auditorium arriva a Piazza Maresciallo Giardino. La riconnessione dei nuovi quartieri del Flaminio e dei Parioli con Prati appena edificato e con il nascente quartiere delle Vittorie è già pensata anche con la previsione di un secondo ponte di collegamento di lungotevere Flaminio con l’attuale Via Timavo. Oltre che una chiara visione della relazione tra Villa Glori e Monte Mario, si prefigura una nuova connessione tra i due assi storici di Via Flaminia e Viale Angelico, che hanno da sempre segnato le due sponde del Tevere. Solo in epoca fascista, con la costruzione del Ponte Duca d’Aosta, si è introdotta una nuova direttrice per collegare con il centro il nuovo Foro Italico, direttrice mai completata che ha determinato il nodo ancora non risolto di Piazza Mancini.
Il disegno del 1908 non è esattamente quello realizzato, ma gli elementi formali sono rimasti gli stessi. Resta l’impianto basato su un triangolo con il lato lungo sulla Flaminia, resta il verde della Villa Flaminia, resta la scelta della dimensione dei lotti, resta la grande piazza sul Tevere in fondo a Via Guido Reni (piazza Gentile da Fabriano). Sulla base di questo disegno si iniziano a tracciare le strade e si realizzano i primi interventi residenziali, peraltro di edilizia pubblica.
Su questo impianto appena nato si incunea, durante gli anni della guerra, il complesso delle Caserme. La foto aerea del 1919 del Tenente Umberto Nistri fa vedere una imponente attrezzatura militare orientata secondo la Via Flaminia in un’area pressoché libera, salvo il piccolo quartiere di edilizia pubblica (l’attuale Piccola Londra), di fronte allo stadio del Partito Nazionale Fascista. Le Caserme hanno accesso dalla stessa via Flaminia e sono nate e cresciute per esigenze militari, ancora più pressanti nel periodo della prima guerra mondiale, senza tener conto del disegno di piano. La necessità di ricondurre ad ordine le edificazioni esistenti e previste, tenendo conto del disegno del Sanjust, ha portato al disegno attuale, comunque diverso dall’impianto di piano regolatore del 1909. Resta ancora oggi la mancata integrazione dell’area militare con il quartiere, che ha subito la presenza di un recinto impenetrabile che ha da sempre diviso la parte nord (zona Flaminio 2) dalla parte sud (zona Flaminio 3) del tessuto urbano. Le ipotesi iniziali, che prevedevano un tessuto o omogeneo servito da una sequenza regolare di strade interne, sono state negate dall’isola militare. Ne risultano quindi una parte del quartiere più strutturata a ridosso di Viale Pinturicchio, che ha una forte autonomia e identità, e un’altra parte meno unitaria ed ancora non risolta intorno a viale del Vignola. L’asse del Ponte Duca d’Aosta non ha un terminale e Piazza Mancini è uno spazio senza forma.
Nel Piano regolatore del 1935 si disegna la prosecuzione dell’asse fino alla Via Flaminia, attraversando una parte delle caserme, demolendo gli edifici sul tracciato e dividendo le caserme stesse. Una ipotesi improvvisata, che però indica con chiarezza che il problema era insoluto. Più tardi, nel 1941 fu incaricato Luigi Moretti di proporre soluzioni per tutta l’area Tevere Nord, sia sul lato del Flaminio che di Tor di Quinto. Ma pur essendo ben più attento ai tessuti della città esistente, neppure Moretti indica una soluzione percorribile. Certamente le indicazioni di realizzare un pieno e non un vuoto a Piazza Mancini e di prevedere una piazza nella intersezione del nuovo asse con Via Guido Reni, sono ambedue spunti che ancora oggi hanno una loro validità .
Anche il piano regolatore del 1965 disegna soluzioni. L’asse proveniente dal Foro Italico attraversa Piazza Mancini e, complice una piazza, arriva a Via Flaminia. Dalla stessa piazza parte una strada che taglia in due le caserme, che così vengono frazionare in quattro parti. Tutti conti senza l’oste. Senza l’accordo con lo Stato, proprietario delle aree e degli edifici, senza un programma, senza le risorse. Disegnare è difficile, ma ancora più difficile è disegnare interventi realizzabili. Allo stato attuale, nonostante i numerosi tentativi, solo i tessuti a ridosso di via Flaminia a nord e quelli intorno al nodo di piazza Gentile da Fabriano mantengono l’originalità dell’impianto urbanistico, pur scontando una condizione di isolamento rispetto all’intero quartiere.
Le prime dismissioni dei beni militari hanno consentito di realizzare il MAXXI sul lato Nord dell’asse via Guido Reni. Oggi è in corso un programma di alienazione dei beni militari del Ministero della Difesa che non riguarda l’intero complesso delle caserme, ma solo la parte a sud di Via Guido Reni. Ma questo intervento consente una reale riconnessione tra Nord e Sud e sarà uno dei temi qualificanti e condizionanti del nuovo inter progettuale.
Il Piano Regolatore Generale 2008 vigente, nell’ambito di programmazione strategica per il suo tratto urbano, ha identificato i grandi temi progettuali per l’ansa del Flaminio. Il primo e più rilevante riguarda la riqualificazione dell’asse viale Pietro De Coubertin via Guido Reni: per recuperare appieno il ruolo urbano di connessione visiva, tra le alture di Villa Glori e Monte Mario, per disegnare un grande spazio pubblico lineare, per inserire i quartieri nella rete del trasporto pubblico e per rendere pienamente efficiente il ruolo di aggregatore delle funzioni urbane e metropolitane di eccellenza che su di esso gravitano, dall’Auditorium al MAXXI. L’ambito di programmazione strategica ha anche individuato la necessità di affrontare i temi del completamento di piazza Antonio Mancini e dell’area di via di Prato Falcone tra la Casa della Scherma e piazza Maresciallo Giardino. Entrambi i due ponti esistenti, Ponte Duca d’Aosta e Ponte della Musica, hanno infatti ciascuno una testata progettata e realizzata e l’altra sospesa e incompiuta. Solo due concorsi di architettura potranno fornire soluzioni adeguate a risolvere i problemi ed accrescere la bellezza dei luoghi a livelli degni della qualità di questa parte di città .
Per ora, nel piano regolatore, a parte gli indirizzi generali, i problemi sono rinviati. Sia l’area di piazza Antonio Mancini che quella in testata del Ponte della Musica sono “”Ambiti di valorizzazione della città storica“”. Si rimanda a soluzioni attuative locali da progettare ancora, da programmare ancora, per le quali non ci sono ancora scelte condivise fatte con processi partecipativi, né prospettive capaci di attivare risorse economiche. Non una buona eredità , ma è così. Eppure stiamo parlando di aree della Roma storica il cui valore potenziale è assai elevato ed all’interno delle quali molto potrebbe essere fatto.
Oggi la prospettiva concreta di realizzare una nuova parte di città nell’area delle caserme che si sta liberando offre una occasione per rivedere l’assetto della intera ansa. Va affrontato quindi un disegno d’insieme, un piano strutturale di visione di lungo periodo, una seconda fase del Progetto Urbano Flaminio: “Solo una strategia condivisa per governare le trasformazioni annunciate può condurre a gran risultati per il miglioramento delle condizioni attuali e confermare il ruolo che il quartiere può svolgere a servizio della città e della metropoli. Il quartiere Flaminio, che è¨ già patrimonio della città storica, merita ancora ogni sforzo ed ogni attenzione.”
Fonte del testo: arch. Daniel Modigliani
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