Origine della via Salaria

La via Salaria è la più antica delle strade consolari e il suo nome, a differenza delle altre che prendevano il nome del loro artefice, deriva direttamente dalle sue antiche origini: il trasporto del sale, fondamentale per la conservazione dei cibi, facile merce per i baratti e poi parte della paga dei soldati (da qui la parola salario, per indicare la remunerazione di un lavoratore).

Prima ancora di Roma c’era il sentiero del sale, tracciato fin dall’età del bronzo nel territorio del Latini: il Latium.  Dagli stagni di Ostia, ove erano attive le antiche saline (i campi salinarum) di Fiumicino e Maccarese, il sale, caricato su bestie e poi su carri che percorrevano le vie parallele alle sponde del fiume (la via Ostiense sul lato sinistro e la via Campana, poi Portuense, sulla destra).  All’altezza dell’Isola Tiberina, arrivava al grande caravanserraglio del Foro Boario, appena fuori le mura, luogo di riposo e di ritrovo per viaggiatori, mercanti e furfanti.  Lì era possibile guadare il fiume e commerciare con le popolazioni etrusche e falische.

Roma nasce in un luogo privilegiato: il Campidoglio, un colle dalle ripide pareti da cui era possibile controllare il sentiero che correva lungo il fiume, il guado dell’isola Tiberina e il mercato che si stabiliva in questo incrocio all’intersezione degli scambi est/ovest, tra Tirreno e Adriatico, e nord/sud, tra Etruschi e Latini.

Lasciata la zona commerciale del porto (poi spostato a valle tra Testaccio e Porta Portese) e del vicino Foro Boario, il tracciato attraversava i Fori, saliva lungo la via Biberatica (ancora visibile all’interno dei Mercati Traianei), rasentava il Quirinale (all’incirca lungo l’attuale via della Pilotta, in crociando via dell’Umiltà e via del Lavatore), piegava per via del Tritone, accanto all’acquedotto Vergine, e usciva dalle Mura Serviane a Porta Collina, approssimativamente all’incrocio tra via XX Settembre e via Goito, col nome di via Salaria endo poi un percorso che ricalca le attuali via Paisiello, via de Cavalieri, viale Romania e via di San Filippo, arrivava all’antica città di Antemnae. Da li scendendo, attraversato il ponte Salario sull’Aniene di origine etrusca, proseguiva per la Sabina.

Roma cresceva di forza e importanza e aveva bisogno di alleanze con i popoli vicini: “… Romolo su consiglio dei Senatori, inviò ambasciatori alle genti vicine per stipulare trattati di alleanza con questi popoli e favorire l’unione di nuovi matrimoni. […]. All’ambasceria non fu dato ascolto da parte di nessun popolo: da una parte provava disprezzo, dall’altra temevano per loro stessi e per i loro successori ché in mezzo a loro potesse crescere un simile potere” Livio, Ab Urbe condita libri, I, 9

I romani non la presero bene, ma Romolo decise di dissimulare il risentimento e di allestire dei giochi solenni, cui invitare i vicini (Antemnati, Crustumini, Sabini e Ceninensi) con l’obiettivo di rapire le loro giovani donne. Neanche quei popoli, però, presero bene il rapimento e cominciarono le battaglie. Fu in quel tempo che i Romani assaltarono e occuparono la città di Antemnae, trasformandola in un proprio avamposto fortificato (castellum) dotato di una robusta cinta muraria in blocchi d’opera quadrata di cappellaccio (ritrovata e ancora conservata fino a 7 metri di altezza all’epoca della costruzione del forte e poi abbattuta per la costruzione). Fu anche eretto un tempio dedicato a Giunone, una divinità antica della mitologia romana, del matrimonio e del parto, che divenne la protettrice dello Stato: la madre che si prende cura dei suoi figli, a ribadire il dominio di Roma .

Con la decadenza di Antemnae, non ci fu più ragione di attraversarla continuando a usare il vecchio percorso e il percorso della Salaria Nova diventa più diretto, seguendo il crinale che dal Pinciano, ricco di monumenti funerari e catacombe, arrivava alle Catacombe di Priscilla e poi scendeva per via di Tor Fiorenza fino a Ponte Salario: da li riprendeva il vecchio tracciato. Il vecchio tracciato della via prima fu chiamato Salaria Vetus, poi perse il suo antico nome e si frazionò in sentieri che seguivano le proprietà.

Con la costruzione delle Mura Aureliane, nasce Porta Salaria (in corrispondenza dell’attuale piazza Fiume). Per il percorso “Vetus” fu aperto sulle Mura solo una piccola “posterula” di attraversamento, che divenne nel 403 d.С., ingrandita e fortificata, Porta Pinciana.

Tra il V e il XV secolo, divenne prassi normale la concessione a propri fidi (in appalto o in vendita, immaginiamo con gli stessi metodi clientelari di oggi) delle porte cittadine e della riscossione del pedaggio per il relativo transito. Porta Pinciana era tra quelle più richieste per l’alto passaggio e dunque più care. Ogni tipo di merce era regolamentato da precise tabelle che però venivano regolarmente e abbondantemente arrotondate da abusi di vario genere, nonostante le ripetute grida, editti e minacce emessi.

Nel 1870, la porta Salaria, danneggiata seriamente durante il cannoneggiamento dei piemontesi per aprire la breccia di Porta Pia, fu ricostruita nel 1873 dal Vespignani, ma definitivamente demolita nel 1921 per motivi di viabilità: sul selciato è ancora visibile il tracciato della porta originaria “disegnato” con cubetti di porfido.

Con la demolizione vennero alla luce alcuni monumenti funebri del sepolcreto salario che crano stati inglobati dalla struttura. Sotto la torre orientale venne ritrovato il sepolcro di Quinto Sulpicio Massimo, un ragazzo morto a undici anni, che aveva ricevuto una corona al merito durante un certamen capitolino (una competizione in lingua greca nel 94), suscitando meraviglia e ammirazione, pur senza aver vinto. Il componimento, in greco, fu inciso sul cippo funebre del ragazzo, ai lati della statua, il cui originale si trova ora alla Centrale Montemartini. Una copia dell’intero monumento funebre è stata posta di fronte a una casetta adibita a corpo di guardia, ricavata all’interno delle mura. Interessante è la presenza, nella parte alta del muro, subito a est della porta Salaria, di una sorta di garitta semicilindrica poggiata su due mensoloni di travertino: è l’unica delle 260 latrine che un tempo ornavano l’intera cerchia delle Mura.

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Salaria Vetus

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