Percorso della via Salaria Vetus

La Salaria Vetus è l’antico percorso della via Salaria che partendo dalla Porta Collina delle Mura Serviane, attraversava gli attuali quartieri Pinciano e Parioli, passava per Antemnae, scendeva all’Aniene che superava con un guado dove oggi è Ponte Salario, per dirigersi poi verso la Sabina seguendo la riva sinistra del Tevere.

In realtà tutto nasce nella preistoria. Roma non è ancora nata e un tratturo frequentato da greggi e mercanti seguiva la sponda sinistra del Tevere,  dai territori montuosi dell’interno agli stagni costieri (dove oggi è Ostia).  Era la strada che consentiva ai Sabini e alle altre popolazione dell’interno di acquistare il sale e altre merci dagli abitanti della zona costiera. (Storia di via Salaria)

La Salaria Antica, lasciata la zona commerciale del Porto (tra Testaccio e Porta Portese) e del vicino Foro Boario, attraversava i Fori, saliva seguendo la via Biberatica (ancora visibile all’interno dei Mercati Traianei), rasentava il Quirinale (approssimativamente lungo l’attuale Via della Pilotta), incrociava le attuali via dell’Umiltà e via del Lavatore, piegava per via del Tritone, accanto all’acquedotto Vergine (per vederlo oggi basta andare nel piano -1 della Rinascente)  e usciva dalle Mura Serviane a Porta Collina, dove ora sorge il Ministero delle Finanze, approssimativamente sul percorso dell’attuale via Collina passava sotto la chiesa di Santa Teresa, e seguiva un percorso tutto nel territorio del Municipio II ripreso approssimativamente dalle attuali via Pinciana, via Paisiello, via Emilio de’ Cavalieripiazza Ungheria, viale Romaniavia di San Filippo Martire, per poi arrivare faticosamente alla città di Antemnae e poi ridiscendere a valle e superare in guado sull’Aniene approssimativamente dove oggi è Ponte Salario.

Con la decadenza di Antemnae, la strada segue un percorso con meno salite e discese, e, dall’attuale via Paisiello continua dritta sulle attuali via Antonio Bertoloni, via Francesco Denza, via della Fonte dell’Acqua Acetosa, aggirando così Monte Antenne e ricongiungendosi al guado sull’Aniene.

Ma le esigenze di muoversi più rapidamente verso nord, impongono un nuovo tracciato per la via. Con un grande sbancamento viene reso percorribile il dirupo che una volta caratterizzava l’area oggi nota come Tor Fiorenza e tale risultato, oggi testimoniato dalla ripida discesa di via Salaria dopo le Catacombe di Priscilla, consente di tracciare una nuova strada da porta Collina a Ponte Salario. Nasce la via Salaria Nova, coincidente approssimativamente con il percorso della via Salaria che tutti oggi conosciamo e il nome della vecchia via diventa Salaria Vetus.

Quando sono costruite le Mura Aureliane, è costruita un’apposita posterula presso il giardino dei Pinci, chiamata Porta Pinciana, per la Salaria Vetus che segue un nuovo percorso sul tracciato dell’attuale via Pinciana. Per la via Salaria Nova invece è costruita Porta Salaria (oggi piazza Fiume).

Una diramazione, approssimativamente in corrispondenza dell’attuale via Ruggiero Giovannelli che unisce le attuali via Pinciana e via Salaria, collegava la Salaria Antica con la via Salaria Nova.  Questo diverticolo fino a cento anni fa era chiamato vicolo di Grotta Pallotta. Anche l’attuale via Tevere segue approssimativamente un viottolo che da Porta Salaria raggiungeva l’antico percorso della strada e i Parioli.

Il tracciato della Salaria Antica è confermato prima di tutto dalla sistemazione delle attuali strade (è evidente infatti che da tali antichi tracciati deriva l’attuale sistemazione viaria a triangolo dove via Pinciana si congiunge con via Giovanni Paisiello, tra largo Giuseppe Tartini e largo Nicola Spinelli, e dal rinvenimento, lungo il percorso, di resti del lastricato e di numerose sepolture.

La Salaria Antica via era fiancheggiato da monumenti funebri. A sinistra di via Pinciana, per esempio, all’interno della Villa Borghese prima della Galleria omonima, si scorge una tomba a tempietto del II-III secolo d.C. poi trasformata dagli architetti di Scipione Borghese nella Loggia dei vini. Lungo questa via, inoltre, si trovano almeno tre catacombe cristiane: il cimitero di Panfilo, in via Giovanni Paisiello, sotto la chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù, la catacombe di Sant’Ermete in via Antonio Bertoloni 13, e le catacombe ad Clivum Cucumeris, il cui ingresso ormai perduto era probabilmente situato tra via Francesco Denza e via Giuseppe Mercalli, e diversi cimiteri pagani, quali l’ipogeo dei Pupazzi in via Giovanni Paisiello. Tra le due vie Salarie, la Vetus e la Nova, appena fuori delle Mura, si estende una vasta necropoli pagana, detta il Sepolcreto Salario.

Con la decadenza di Roma la via diventa uno stradello di campagna che correva tra due muri, largo quanto bastava per far passare una carrozza, e cambia nome nei secoli: vicolo dell’Imperiolo, vicolo dei Parioli e poi ancora, a  fine Ottocento, viale dei Parioli. Anche l’antichissimo percorso verso Antenne è uno stradello di campagna, detto vicolo San Filippo, lungo le attuali via Emilio de’ Cavalieri, viale Romania, via di San Filippo).

Il vicolo di San Filippo è uno degli antichi sentieri che percorrevano l’area a nord delle Mura Aureliane: i Parioli.

Il vicolo era ciò che rimaneva di un tratto dell’antichissimo percorso della via Salaria Antica che da Porta Collina portava ad Antemnae. Lungo questa via, uscendo da Porta Pinciana si arrivava a Monte delle Gioie sulla via Salaria dove era la tomba di Filippo, un  martire cristiano molto venerato che aveva la tomba dove successivamente papa Silvestro I realizza l’attuale basilica di San Silvestro. La realizzazione nell’Ottocento della grande proprietà Savoia, oggi Villa Ada, chiude questo antico percorso.

Il vicolo di San Filippo, in particolare, iniziava dal vicolo dei Parioli, nel tratto oggi denominato via Giovanni Paisiello, in corrispondenza dell’attuale via Emilio de’ Cavalieri, e dava accesso alle colline sovrastanti la confluenza dell’Aniene, dove ora sorge piazza delle Muse, che allora sono chiamate Monte San Filippo come il vicolo che bisognava fare per arrivarci.

Superata l’attuale piazza Ungheria, il vicolo seguiva l’attuale via Romania dando accesso a destra alla villa del principe Altieri, divenuta nella seconda metà dell’Ottocento Villa de Heritz (ieri Istituto dell’Assunzione, oggi LUISS). Dopo la villa a destra si diparte verso la via Salaria, via del Canneto in cui possiamo vedere ancor oggi come si presentavano gli antichi vicoli dei Parioli costeggiati dagli alte muri delle ville e delle vigne (le cosiddette strade murate).

A sinistra, gli edifici di vigna Masucci tuttora esistenti anche se pesantemente rimaneggiati (via Romania 7-13) e la vigna di Piero Paparozzi, la cui casa di villeggiatura è tuttora leggibile nell’edificio dei Carabinieri, in piazza Bligny. Costeggiando viale Romania si costeggia il comando della regione militare centrale, tipica architettura “di regime” ( la caserma Slataper realizzata da Vittorio Cafiero nel 1935).

All’altezza dell’attuale piazza Bligny, la strada si allargava in uno slargo costeggiato dalla vigna dei fratelli Sabatini e dalla tenuta Del Grillo Scarlatti (Villa San Filippo poi denominata Villa Felicetti), di cui sopravvive ancora il portale tra via di San Filippo e via Tommaso Salvini. Tra vigna Sabatini e villa San Filippo, a sinistra, iniziava il vicolo di Schateau.

A destra, la vigna di Marianna Battelli Olivieri sul cui terreno, acquistato dai Savoia, fu costruita Villa Polissena. Oltre villa Polissena, sul percorso che ancora conserva il nome di via di San Filippo Martire, a destra sul muro di Villa Ada c’è un buco che consente l’ingresso alla zona più selvaggia della villa.

Poi una serie di vigne e casali attualmente inglobati in Villa Ada: tra di essi, all’altezza di via Ettore Petrolini e via Giacinta Pezzana, la vigna di Francesco Laboureur (1767-1831), scultore che collaboro con Asprucci nel restauro neoclassico del Casino Borghese e un vicolo ormai scomparso, chiamato vicolo della Noce (che attraversava l’area in cui oggi si estende Villa Ada e arrivava fino a via Salaria).

All’altezza del civico …, lungo il muro di Villa Ada Savoia, c’è un piccolo cippo che segnala il passaggio in profondità dell’Acquedotto Vergine.

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