Questa pagina costituisce un approfondimento della pagina sul Parco di Scultura di Villa Glori.
“Jannis Kounellis. 1997”. È rimasta solo la targa, sepolta da aghi di pino ed escrementi, su uno dei vialetti di Villa Glori, tra i quartieri Flaminio e i Parioli, a Roma.
Sparita nel nulla e senza spiegazioni, Il bosco delle apparizioni era un’emozionante installazione luminosa, composta da cento lampade appese a mezz’aria tra i tronchi, firmata dal greco Kounellis, fra i più importanti artisti del mondo. L’opera era parte di un progetto promosso dal Comune per la realizzazione permanente del Parco di Scultura Contemporanea (l’unico, ancora ad oggi, nella Capitale), che inaugurò nel 1997.
Nel 1997, la curatrice Daniela Fonti formulò il titolo “Varcare la soglia” per l’avvio del parco. Gli artisti erano dieci, in gran parte di caratura internazionale: oltre Kounellis, Maria Dompè, Nino Caruso, Pino Castagna, Eliseo Mattiacci, Maurizio Mochetti, Nunzio, Franco Purini e Mauro Staccioli, ai quali nel 2000 si aggiunsero altre due opere, una di Paolo Canevari, l’altra di Giuseppe Uncini.
A distanza di circa 15 anni (un tempo breve per opere destinate a stare all’aperto), la visita al Parco dell’Arte si è trasformata in una desolante caccia al tesoro. Ai due ingressi una puntuale piantina, redatta dal Comune di Roma, indica le undici tappe della parte commemorativa (anch’esse per la maggior parte recintate e malridotte) e le 10 del parco di Scultura Contemporanea.
Dopo il Kounellis sparito, c’è la Porta del Sole di Uncini, portale in cemento rivestito in peperino grigio e rosa, che si trova facilmente, ma è tristemente sporca; Ordine, il disco di Mattiacci, accerchiato da bidoni della spazzatura e automobili; e l’Arco Laser di Mochetti da cui pare sparito il laser. Ancora si vedono, pur se nascoste da sterpaglie, la Linea di Nunzio e la lunga sequenza di grandi ruote, immensi cerchi rossi rotolanti di Staccioli. Ancora peggio è andata all’Uomo erba di Canevari: il suo muretto di tufo dalla sagoma di bimbo scavato nel terreno, lungo 18 metri, è introvabile, seppellito dall’erba.
Un altro infelice esempio della poca considerazione delle nostre stesse risorse, di un’assenza totale del concetto di manutenzione, anche nel mondo del contemporaneo, all’estero maggiormente rispettato. A Roma in questi giorni, si decidono – legittimamente – le sorti e i finanziamenti a contenitori d’arte come Maxxi o Macro, ma un bene da tempo acquisito come questo parco, per nulla facile da realizzare, con nomi di prestigio e in un luogo invidiabile, sparisce nel nulla o, in questo caso, sotto chili di erbacce.
Questo testo è tratto dall’articolo di Claudia Colasanti, pubblicato su Il Fatto Quotidiano
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