Piano Regolatore del 1883

Il Piano Regolatore del 1883 è il secondo dei Piani Regolatori di Roma a essere messo a punto ma il primo a diventare legge dello stato.

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Nel 1873 il primo piano regolatore di Roma Capitale dello Stato Italiano ratifica l’espansione già in atto e pone le basi dei successivi interventi di “abbellimento” nei quartieri del centro storico (vi sono già abbozzati gli sventramenti per il corso Vittorio Emanuele II, via Cavour, la sistemazione di piazza Colonna, l’abbattimento della spina di Borgo).

Nel decennio 1870-1880, la popolazione di Roma cresce di 55.000 abi­tanti e si realizzano circa 33.000 nuove stanze. La parte maggio­re delle nuove costruzioni è costituita da case d’abitazione, per le quali si vanno configurando due tipi edilizi prevalenti. Da un lato la «casa a blocco», legata all’investimento patrimoniale da parte di grandi società immobiliari e banche, data in affitto e de­stinata ai ceti medi di tipo impiegatizio. Dall’altro il «villino» con giardino, per i ceti borghesi, realizzato quasi sempre in proprietà, direttamente dal committente. II periodo è contrassegnato da uno sviluppo affidato quasi esclusivamente all’iniziativa privata, incapace di risolvere le que­stioni di grande scala, come le carenze di infrastrutture viarie e attrezzature pubbliche.

Alla fine del decennio si riparla dunque di dotare Roma di un Piano regolatore efficace, soprattutto do­po che nel 1881 viene approvata la legge n. 209 «Concorso dello Stato nelle opere edilizie della città di Roma» che prevede l’erogazione di cinquanta milioni al comune di Roma in venti anni, per la realizzazione di opere di interesse governativo e municipale. L’onere dell’esecuzione di entrambe le categorie di interventi ricade sul comune, il quale vie­ne incaricato di redigerne i piani esecutivi, da sottoporre all’approvazione governativa. Pur se attraverso una procedura che appare subito assai confusa, l’amministrazione locale ottiene la possibilità di finanziare opere urbanistiche strutturali; si costituisce così una situazione che impone la celere messa a punto di un effettivo Piano regola­tore, il quale è approntato nel 1882 dall’ing. Alessandro Viviani e riconosciuto per legge nel marzo dell’anno successivo.

Il nuovo Piano Regolatore del 1883, redatto sotto la direzione dell’Ufficio tecnico comunale, conferma i princìpi già contenuti nello strumento del 1873; ma nel frattempo lo scenario urbano si è modificato per via del sistema delle convenzioni che ha indirizzato lo sviluppo urba­no. Il nuovo Piano oltre a riconoscere i mutamenti intervenuti contiene un’idea moderna di sviluppo della città che, come preconizzato da Quintino Sella, con i quartieri di palazzi imponenti, di viali comodi e spaziosi, i musei, gli istituti universitari e di cultura, gli edifici pubblici, desse dignità europea alla Capitale ed esprimesse anche visivamente la solidità e l’unità del regno della borghesia.

Le proposte progettuali di più profondo impatto, rese credi­bili dall’intervento finanziario statale, sono quelle relative alle attrezzature pubbliche urbane e alle relative infrastrutture di col­legamento. I maggiori interventi previsti riguardano la costru­zione del Ministero della Guerra lungo via XX Settembre, delle grandi caserme in viale delle Milizie, al Castro Pretorio e a piaz­za Pepe, dell’Ospedale Militare al Celio, del Palazzo di Giustizia in Prati, del palazzo dell’Esposizione di Belle Arti su via Nazio­nale, dell’Università al Viminale, di una seconda stazione ferroviaria a Trastevere, dei Magazzini generali sulla via Ostiense e del Mattatoio a Testaccio, del Policlinico in quello che si chiamerà quartiere Nomentano, della Piazza d’Armi, nei prati di Castello.

Si configura il prolungamento di via Nazionale fino a piazza Venezia e l’allargamento del Corso con la demolizione dei palazzi Marignoli e Piombino. Ma il Piano propone ben più consistenti ab­battimenti nel centro storico, sia per motivi igienici, come avviene per il ghetto, sia per aprire, nel compatto tessuto edilizio antico, nuove piazze e arterie di scorrimento. Si pianificano i grandi sventramenti di via Cavour, per facilitare le comunicazioni tra l’Esquilino e piazza Venezia; di corso Vittorio Emanuele per prolungare l’arteria di via Nazionale attraverso il quartiere Rinascimento; della parte inferiore di via del Tritone, parallela a via Nazionale e con questa collegata attraverso il nuovo tunnel sotto il Quirinale; delle vie Tomacelli, Arenula e Zanardelli. Nel Piano sono anche inserite previsioni per l’allargamento delle piazze Colonna e Venezia, e per la realizzazione di nuove grandi piazze a Fontana di Trevi e al Pantheon e di una strada di collegamento fra queste. Con l’eccezione delle ultime piazze citate, seppure con incertezze e ritardi, le opere riguardanti la rete delle arterie urbane sono nella generalità eseguite, lasciando un segno profondo sulla città, e creando la nuo­va maglia viaria della sua parte centrale, ancora oggi in uso.

Zone di espansione della città sono previste, sia a saturazione dell’area entro le mura, con le lottizzazioni dell’Aventino e del Gianicolo, sia all’esterno, con l’individuazione del nuovo quartiere Flaminio e l’ampliamento di Prati, area per la quale è impostato un tracciato stradale unitario, che serve a riconnettere l’edificazione sin lì disordinata, risultato dell’intervento di vari costruttori privati. Il Piano prevede inoltre la destinazione a verde pubblico di oltre 200 ettari, provvedimento che risponde alle esigenze dei quartieri orientali e settentrionali e del centro antico: si avvia così la creazione dei parchi comunali di villa Borghese, di villa Glori e delle aree circostanti le terme di Diocleziano e quelle di Tito all’Esquilino. Nel piano non è prevista la lottizzazione di Villa Boncompagni Ludovisi.

Il Piano regolatore del 1883 resta in vigore per ventisei anni, durante i quali viene attuato in modo pressoché integrale. Nel quinquennio immediatamente successivo alla sua adozione, la realizzazione di abitazioni, monopolio del settore privato, subisce una notevole accelerazione che ha le caratteristiche di una vera febbre edilizia: nel periodo sono edificati oltre un milione di metri cubi. Conseguenza della frenetica attività è però la saturazione del mercato, e la successiva profonda crisi che con­gela per più anni il settore.

Pur con questo andamento ciclico, l’attività edilizia dei due ultimi decenni del secolo dà a Roma quell’ aspetto di città ottocentesca, che le era sino a quel momento mancato, soprattutto nei quartieri dell’Esquilino e di Castro Pretorio, che sono eti­chettati come «piemontesi», per indicarne la diversità, e almeno in parte l’estraneità, dalla città storica, oltre che per sottolineare la provenienza di gran parte dei residenti. Qui vengono portati a termine i lavori di sistemazione di piazza Indipendenza e di piaz­za Vittorio, quest’ultima di grande respiro, cinta da portici e con un bel giardino centrale di ispirazione francese.

Anche l’area fra la stazione Termini e via Nazionale assume un assetto compiuto, divenendo il nuovo ingresso monumentale alla Roma capitale d’Italia, con le sistemazioni di un nuovo giar­dino antistante lo scalo ferroviario, con la costruzione della scenografica fontana delle Naiadi in asse con via Nazionale, con l’avvio della realizzazione, affidata a Gaetano Koch, dell’emici­clo porticato di piazza Esedra con lo sfondo delle terme di Diocleziano. il lungo rettifilo di via Nazionale viene a sua volta valorizzato attraverso la costruzione della sede della Banca d’Italia e del palazzo dell’Esposizione di Belle Arti – su progetto il primo di Gaetano Koch e il secondo di Pio Piacentini -, l’apertura del traforo Umberto I e la prosecuzione dell’arteria oltre piazza Venezia, attraverso lo sventramento di corso Vittorio Emanuele.

Prima del 1900 sono realizzati, su nuovi tracciati, viale Parioliviale Regina Margherita, viale Liegi, via Po e via Alessandria e, sul vecchio tracciato del vecchio vicolo Alberoni, via Nizza.

Con la nascita dei nuovi quartieri, Roma va dunque mutando profondamente e differenziandosi, non solo nella struttura urbana, ma anche nella composizione sociale. Le zone più eleganti del­la città si situano nel quadrante nord-orientale dell’ abitato; dapprima sono le aree di Macao e Castro Pretorio a presentarsi pun­teggiate di ville di lusso e villini, residenze di finanzieri e ministri; ma in seguito altre aree di prestigio si formano nelle adiacenze, nel rione Ludovisi, nei quartieri Salario e Pinciano. Di converso i quadranti meridionale e occidentale della città vanno acquisendo un carattere più popolare e piccolo-borghese, con la formazione dei quartieri dall’Esquilino a Testaccio, da San Giovanni all’Ostiense.

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Bibliografia essenziale: Maristella Casciato, Lo sviluppo urbano e il disegno della città, da Storia di Roma dall’antichità ad oggi, vol. Roma Capitale, Vittorio Vidotto (a cura di), 2002, Editori Laterza

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