Storia della fontana dell’Acqua Acetosa

L’acqua della fontana dell’Acqua Acetosa sgorgava da una sorgente acidula-ferruginosa nota da tempo immemorabile sulle riva sinistra del Tevere a monte della città.   

L’acqua acetosa è particolarmente gradita da papa Paolo V Borghese che, nel 1619, fa erigere dall’architetto Giovanni Vasanzio una fontana, come ricorda ancora la lapide che si trova su una parete in basso: QUESTA ACQUA SALUBRE CURA I RENI E LO STOMACO, LA MILZA ED IL FEGATO E GIOVA A MILLE MALI. L’attribuzione dell’opera a Gianlorenzo Bernini è probabilmente falsa: si suppone infatti che i progetti siano di Andrea Sacchi o dell’architetto Marco Antonio De’ Rossi.

Nel 1650, la fontana è fatta restaurare da papa Innocenzo X Pamphilj (1574-1655) che fa inserire una nuova cannella e una “medaglia di marmo” recante le insegne pontificie, che non esiste più.

Pochi anni dopo, papa Alessandro VII Chigi (1599-1667), senese, effettua il rifacimento della fontana nella forma in cui la vediamo oggi, su progetto del pittore Andrea Sacchi e disegni architettonici di Marcantonio De Rossi.  L’attribuzione al Bernini, dovuta ad una didascalia di Giovanni Battista Falda in una sua incisione e ai riferimenti stilistici con Porta del Popolo, è da ritenersi non attendibile.  L’epigrafe papale recita: ALESSANDRO VII PONTEFICE MAXIMO AFFINCHÉ SI APPREZZI LA SALUBRITÀ DELL'(ACQUA) ACIDULA ATTINGENDO UNA QUANTITÀ PIÙ LIMPIDA E LA PIACEVOLEZZA DEL LUOGO, PROVVIDE, A PUBBLICA UTILITÀ, ALL’AGGIUNTA DI UNA FONTE RIPULITA, AD UNA COSTRUZIONE PIÙ AMPIA CON FONTANE ED ALL’INTRODUZIONE DI OMBRA DEGLI ALBERI, NELL’ANNO DEL SIGNORE 1661.  Intorno furono piantati alcuni alberi, sotto la sovrintendenza di monsignor Francesco Maria Astaldi, la carica di Custode fu eliminata e in compenso venne emanato un editto severissimo per la tutela della fontana.  Nel prospetto ci sono tre nicchie, in ognuna delle quali lo stemma dei Chigi.

Nel 1712, dopo forti proteste popolari per la minor portata della fontana che creava lunghe file d’attesa e per il peggioramento della qualità dell’acqua, papa Clemente XI Albani (1700-1721) decide di restaurarla e nomina una commissione presieduta dal cardinale Giovanbattista Spinola, all’epoca camerlengo, e di cui fanno parte Giovanni Maria Lancisi, medico pontificio, e l’architetto Egidio Maria Bordoni.  Sono così realizzati lavori di riassetto, grazie ai quali è possibile attingere acqua con maggiore comodità, costruiti nuovi argini alle vicine rive del Tevere per preservare il luogo dalle inondazioni, bonificate le condutture e restaurata la fonte, intorno alla quale sono posti alcuni idrometri per misurare la variazione del livello e la quantità d’acqua penetrata nella fontana.  Tali opere sono documentate da un’altra epigrafe ancora esistente e posta sopra l’arcata della polla centrale: CLEMENTE XI PONTEFICE MAXIMO CONTENUTO IL FIUME, CANALIZZATA LA VENA D’ACQUA, PURIFICATA LA CONDUTTURA, RINNOVATA LA FONTE DELL’ACQUA ACIDULA, PROVVIDE ALLA SALUTE E AL MANTENIMENTO NELL’ANNO DI SALVEZZA 1712, 12° DEL SUO PONTIFICATO

Nel luglio 1787 Johann Wolfgang von Goethe scrive nel suo “Viaggio in Italia”: “Fa un caldo maiuscolo. La mattina al levar del sole m’alzo dal letto e vado fino all’Acqua Acetosa, una fonte d’acqua acidula sita a circa mezz’ora di strada dalla porta presso cui abito, Porta del Popolo; lì bevo l’acqua … molto efficace in questo clima. Verso le otto sono di ritorno a casa …”.  Poi ancora in agosto: “Ieri, prima del levar del sole, mi recai all’Acqua acetosa; c’è da perdere la testa al vedere la chiarezza, la varietà, la trasparenza vaporosa e i colori divini del paesaggio, specie degli spazi più lontani”.

Pochi anni dopo, nel 1821, un altro tedesco effettua un intervento sulla fonte ma stavolta non per motivi di ristrutturazione ma romantici.  Il principe ereditario di Baviera Ludwig I, che diventerà Re nel 1825, si trova a Roma e, dopo aver provato le qualità benefiche dell’Acqua Acetosa, vi si reca spesso. Durante le sue visite, conosce e s’innamora di un’altra illustre frequentatrice della fonte, la marchesa Marianna Florenzi di Perugia e il principe, per rendere più confortevole e ameno il luogo dei loro incontri, fa costruire, ai due lati dell’esedra, due panchine in pietra e piantare intorno alla fontana numerosi olmi. Inoltre fa incidere due scritte, una in tedesco e l’altra in italiano, sulle due panchine: sulla panchina destra “LUDWIG BAYERN’S KRONPRINZ LIES DIESE BAENKE UND BAUM SETZEN 1821”, mentre la scritta su quella a sinistra, quasi del tutto scomparsa, recitava “LODOVICO PRINCIPE EREDITARIO DI BAVIERA HA FATTO METTERE QUESTI SEDITORI ED ALBORI MDCCCXXI”. La storia non va a buon fine per “ragion di stato”, il principe deve tornare in patria essendo erede al trono, ma la tenera amicizia fra i due non ebbe mai fine e Ludwig I conservò per Roma e per questo luogo un affetto speciale (vedi Ludwig e Marianna).

Oggi la fontana risulta ormai immersa nella città e nel suo traffico, ma non dimentichiamo che allora si trovava in aperta campagna ed era meta di gite e scampagnate “fuori porta”, durante le quali si beneficiava di una bella bevuta di acqua terapeutica.  La prima menzione su questa particolare professione è riportata da Giovanni Battista Papi nel suo libro De Agricoltura (Roma 1663): «Io ho pur veduto stillar un’acqua alla ripa del Tebro, vicino a Ponte Molle, di sapor d’aceto e bevutane più volte, che levatone un certo odor di fango e di creta, diletta al palato, come farebbe un vino che fosse per inacetire, e viene usata assai in Roma dalla nazione francese e dalli ammalati, che con somari, portata per le pubbliche vie, si vende comunemente, né viene altrimenti biasimata dai signori medici…».  L’”acquacetosaro” infatti si serviva di un somarello o di un carrettino e trasportava l’acqua all’interno di fiaschi impagliati o damigiane, chiuse da tappi di fili di paglia, fin nelle case della città.  Ancora all’inizio del XX secolo i cosiddetti “acquacetosari”, venditori ambulanti, vendevano acqua di questa sorgente in giro per la città.

Un’analisi chimica effettuata intorno al 1940 la cataloga come una delle migliori acque litiose d’Italia ma, a causa dell’inquinamento della falda la fontana è chiusa nel 1959. A causa di un forte inquinamento della falda di alimentazione dovuto probabilmente ad infiltrazioni dalle fogne e dagli scoli delle numerose abitazioni che nel frattempo erano state costruite nella zona. La fonte è riaperta solo quando è collegata all’acquedotto del Peschiera ma la fonte è lasciata in uno stato di deplorevole abbandono.

Nel 2003 il Fondo per l’Ambiente Italiano, in seguito ad un censimento popolare, l’ha ritenuta uno dei luoghi a cui gli italiani sono più affezionati e quindi uno dei primi monumenti da restaurare. Successivamente il vicino Circolo Aniene adotta la storica fontana, la protegge con una cancellata e ne finanzia il restauro . L’opera si concretizza con la bonifica strutturale e ambientale del luogo effettuata dal Circolo Canottieri Aniene, un restauro completo predisposto dalla Sovraintendenza Comunale e attuato con l’intervento effettuato dall’Acea (Azienda Comunale Energia e Ambiente) che ripristina l’impianto idrico mediante l’allaccio all’acquedotto dell’Acqua Marcia e realizza un artistico impianto di illuminazione. A fine 2009, il “Parco della Fontana dell’Acqua Acetosa”, un’opera che ha permesso di riconsegnare a Roma un pezzo della sua storia è presentato ufficialmente, alla presenza delle maggiori autorità cittadine e statali.

Pagina al livello superiore:

Fontana dell’Acqua Acetosa

Pagine allo stesso livello:

Altre pagine correlate:

CONDIVIDI QUESTA PAGINA:

I commenti sono chiusi.