Villa Ambron

Villa Ambron è un edificio di due piani in via delle Tre Madonne (sul tracciato dell’antico vicolo delle Tre Madonne).

Villa Ambron è un edificio in barocchetto romano costruito nel 1920 su progetto di Marcello Piacentini. In essa architettura e giardino sono concepiti come un unico insieme e i bow-window e i pergolati che ne animano la facciata posteriore fanno come «entrare» la sua architettura nel verde circostante;.

Questo edificio è legato all’amicizia tra il maestro Giacomo Balla ed Emilio Ambron (1905-1996). Il dipinto in figura è un olio su tela di Balla del 1926 che ritrae Emilio Ambron. L’opera è nella collezione della Raccolta Lercaro di Bologna.

Balla, protagonista della prima stagione futurista, conosce Amelia Almagià Ambron (1877-post 1937), madre di Emilio, negli anni successivi alla prima guerra mondiale. Amelia, allieva di Antonio Mancini (1852-1930), pittore romano di ambito verista a cui è dedicata la piazza al Flaminio (piazza Mancini), è il punto di riferimento di una viva fucina di idee a cui partecipano i tre figli – Emilio, Nora e Gilda – e numerosi artisti tra i quali lo stesso Mancini. Da lì inizia un rapporto che condurrà l’artista a soggiornare più volte sia nella tenuta degli Ambron a Cotorniano, nella campagna senese e, dal 1926 al 1929, a trovare ospitalità insieme alla propria famiglia a Villa Ambron. Le numerose cartoline e lettere inviate dall’artista, dalla moglie Elisa e dalle figlie Luce ed Elica documentano l’intenso legame intercorso tra le due famiglie.

Emilio Ambron fu uno tra i più interessanti artisti eredi dell’Orientalismo nel XX secolo. Viaggiatore inquieto tra Europa, Africa e Asia, nel Secondo dopoguerra si fa portavoce del ritorno alla classicità e alla figura, soprattutto femminile. Documentano la sua attività artistica una serie di dipinti, carboncini e sculture, che si collocano tra gli anni Venti e Trenta del Novecento.

Alla Raccolta Lercaro in particolare, lo stesso Ambron lasciò un nucleo di lettere e cartoline realizzate per lo più ad acquarelli, tempere, chine e pastelli su carta e cartoncino: splendido esempio – diremmo oggi – di mail art. Si tratta di vere e proprie opere di piccole dimensioni che accolgono veloci e divertenti messaggi scritti con grafia futurista, «parolibere» oscillanti tra poesia spontanea e brevi comunicazioni. Accanto alle opere di Emilio, nella Raccolta Lercaro sono presenti anche lavori di Amelia, interessanti per comprendere il clima culturale dell’epoca tra le due guerre, di Mario Tozzi (1895-1979), che figura con due oli degli anni Quaranta, e Giovanni Colacicchi (1900-1992), del quale ricordiamo il Ritratto di Carla Ambron. Nell’esposizione è infine presente il Ritratto di Umberto Boccioni, realizzato nel 1910 da Aroldo Bonzagni (1887-1918), giovane artista che segue i primi passi del movimento futurista.

Fonte: catalogo della mostra “Balla/Ambron. Gli anni Venti tra Roma e Cotorniano”  (Bologna, Raccolta Lercaro, 2011)

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