Villa Elia

Villa Elia sorge a Monti Parioli, l’antico Monte San Valentino, e ha l’ingresso in via di San Valentino 9.  Villa Elia una volta si chiamava Villa San Valentino. Oggi è chiamata dall’attuale proprietario, lo Stato portoghese, Villa Lusa o Villa Lusitania.

Percorrendo in discesa via di San Valentino non si può non notare una grande cancello a destra. E’ un grande portale vignolesco in travertino realizzato nel 1927 su cui è inciso HORTI VALENTINIANI, nel 1945 vi è stato sistemato uno stemma del Portogallo del 1730, proveniente dal convento di Palazzolo a Rocca di Papa.

Dal portale un lungo viale conduce di traverso al casino della villa che sorge sulla sommità del Monte Parioli ed è ancora, nonostante le palazzine intorno, un punto panoramico da cui la vista spazia attraverso la campagna circostante lungo il corso del Tevere fino al Monte Soratte.

E’ quello che rimane di una grande proprietà che si estendeva su questo versante di Monti Parioli fino a fondo valle dove correva un diverticolo che collegava il vicolo della Rondinella con l’Acqua Acetosa (approssimativamente corrispondente all’attuale viale Maresciallo Pilsudski). Il limite occidentale della proprietà era costituito dal viottolo che risaliva dal fondo valle verso il vicolo dell’Arco Oscuro. Tutta l’area edificata intorno (via Archimede, via Barnaba Tortolini, via Nicola Martelli) faceva parte del giardino della grande villa.

Il viale d’ingresso principale coincideva con l’odierna Via Feliciano Scarpellini che, venendo da largo Belgrado, dopo un primo tratto rettilineo girava di 90° a Nord dirigendosi dritto verso l’edificio principale. Quello attuale su via di San Valentino era un ingresso laterale.

La villa nel Seicento appartiene all’archeologo maltese Antonio Bosio, l’esploratore di tutte le catacombe romane, a partire dalle vicine catacombe di San Valentino. Anni dopo, Giuseppe Tomassetti ricorda “un monumento di peperini e marmi scritti” fatto erigere dal Bosio nella sua proprietà.

La villa è donata da Bosio all’Ordine di Malta.  Nel Catasto Gregoriano è riportata come concessa in enfiteusi a Giovanni Tizzoni da parte del Monastero di San Silvestro in Capite. Il complesso passa nell’Ottocento ai Gaetani, poi ai Trezza che lo vendono nei primi anni ‘20 al conte Giovanni Emanuele Elia, proprietario della Fonderia di ferro di seconda fusione, in seguito Fonderia del Pignone, poi Officine Meccaniche del Pignone una delle maggiori realtà industriali di Firenze nell’anteguerra.

Il conte Elia la fa radicalmente trasformare da Carlo Busiri Vici come testimonia la scritta sul lato dell’edificio: IOA. EMM.ELIA EXTRUXIT ATQUE ORNAVIT A.D.1922. Busiri Vici da al casino nobile un’elegante veste neobarocca, e insieme all’ing. Ugo Giovannozzi (1876-1957), il progettista del sanatorio Carlo Forlanini, ne ridisegna il giardino all’italiana.

Nel 1945 la villa è acquistata dal Portogallo che ne ha fa la propria ambasciata presso la Santa Sede e cambia il suo nome in villa Lusa (da Lusitania, l’antico nome del Portogallo).

Nel 1922, Busiri Vici progetta una monumentale villa neorinascimentale circondata da un giardino formale e da varie aree rustiche, un complesso di grande pregio e qualità architettonica, probabilmente il migliore risultato dell’ultima produzione artistica, frutto delle precedenti esperienze acquisite nei sapienti restauri ricostruttivi di ville e giardini che caratterizzano la sua ultima fase di attività professionale (Villa Taverna per esempio). L’architetto inventa e crea con scioltezza soluzioni architettoniche e paesistiche padroneggiando con maestria il linguaggio della tradizione cinquecentesca del giardino rinascimentale e creando ex novo una piena armonia tra natura e architettura nel solco della tradizione.

Il casino principale è composto da tre corpi, quello centrale a tre piani mentre quelli laterali a due, le facciate sono intonacate in giallo mentre le riquadrature delle finestre e i cornicioni sono in tufo.

Nel salone principale una serie di pannelli di Eugenio Cisterna raffiguranti carte geografiche e altri soggetti.  Il Cisterna (1862-1933) è stato un grande decoratore di chiese. Nel Municipio II, nel Corpus Domini presso Porta Pia, dipinge il Convito eucaristico nell’abside ed una teoria di Angeli salmodianti nella navata centrale e nell’arcata sopra il presbiterio, a Sant’Agnese fuori le Mura affresca una cappella della navata destra con scene del Martirio di Santa Emerenziana e dei Funerali di Sant’Agnese, oltre alla pala dell’altare raffigurante la santa (1896), a Santa Teresa a Corso d’Italia disegna le vetrate fra cui il trittico raffigurante l’Ultima cena, sul lato sinistro del transetto.

La facciata d’ingresso di Villa Elia, esposta a Nord, è asimmetrica poiché il corpo laterale destro è arretrato rispetto al resto dell’edificio mentre quello sinistro è avanzato.  Quest’ultimo è caratterizzato da una grande finestra al pian terreno sormontata da una lapide con l’iscrizione sopra citata e da una serliana porticata al primo livello, che una volta affacciava sulla campagna circostante, il tetto culmina in una balaustra sormontata da statue e vasi in marmo.  Il blocco centrale presenta un portico di ingresso ad un arco leggermente rialzato su una scalinata circolare decorato da semplici paraste su cui si innesta il balcone con la porta finestra del piano nobile, coronata da un architrave arricchito da festoni culminante nel balconcino con ringhiera in ferro battuto del secondo piano; le finestre del primo piano sono inquadrate da cornici modanate culminanti in nicchie oggi vuote, una volta occupate da busti; sul tetto con copertura in coppi è presente un’altana d’ispirazione vignolesca con balaustra formata da tre archi per lato, di cui quello centrale leggermente più ampio, su cui si innesta un ulteriore terrazzino con parapetto a pilastrini e ringhiere in ferro battuto, sui pilastrini esterni erano presenti vasi a cratere.

La facciata Sud è più imponente e severa: nel corpo centrale le porte finestre laterali sono incorniciate da timpani mentre quella principale, d’ispirazione michelangiolesca, possiede un timpano curvo arricchito da un grosso stemma papale in marmo di papa Leone XII e da una lapide del 1824 che ricorda il passaggio nella villa del papa; le ali, unite da un portico a tre grandi arcate, sono dotate di busti nelle nicchie che sovrastano le finestre e di un maggior numero di statue sulle balaustre. Dal portico ha origine una scalinata mistilinea che porta al giardino, sviluppato lungo un asse centrale inquadrato da cespugli di bosso e rose interrotti da statue su piedistalli ed occupato da una lunga vasca d’acqua con la statua di Nettuno al centro.

Del parco originario di Villa Elia, costituito da diciotto ettari di terreno, non rimangono che tre ettari.  Il resto fu lottizzato a palazzine a cominciare dai tardi anni Trenta per poi terminare negli anni Cinquanta, il Piano Regolatore Generale del 1931 prevedeva la costruzione di villini, lungo tutta via Archimede e soprattutto a Nord dove si trova oggi via Tortolini.  Quì Busiri Vici aveva lasciato un casino rustico antico ed aveva realizzato un grosso viale affiancato da quattro file di pini che si incrociava davanti al muro di contenimento del giardino con le piante che delimitavano un ippodromo, oggi distrutto per la costruzione del fronte di palazzine su via Barnaba Tortolini. Nel complesso risulta molto articolato con un alternarsi di siepi dai disegni geometrici, filari di pini e cipressi, piazzette circolari e viali di raccordo, il tutto arricchito da statue, balaustre, fontane, vasi di terracotta e terrapieni decorati che sfruttano abilmente i dislivelli del terreno.

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Il giardino di Villa Bosia

Questo testo è una appendice nel libro Ville e casali nell’area dei Parioli che parla de "Il giardino di villa Bosia" oggi nota come Villa Elia.  Continue reading →

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In rete:   rerumromanarum.blogspot.it/2014/07/villa-elia-lusa.html che si ringrazia

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