Realizzazione del Villaggio Olimpico

Questa pagina delinea rapidamente la storia, dal 1946 ad oggi, del territorio che dal 1960 è stato chiamato Villaggio Olimpico.

La guerra impedisce la realizzazione dei programmi elaborati dal governo Fascista per le Olimpiadi e rimangono in vigore le previsioni del Piano Regolatore del 1931 che prevede il riassetto del sistema ferroviario della città, con la trasformazione di Termini in una stazione di transito completamente sotterranea e la realizzazione di due stazioni, una a sud all’altezza del Mandrione e una a nord nell’area oggi occupata dal Villaggio Olimpico. Qui è prevista un’imponente “piazza della Stazione” circondata da un grande parco pubblico e attraversata dal viale che connette il Ponte XXVII Ottobre (l’attuale Ponte Flaminio) con viale Tiziano e viale Maresciallo Pilsudski, sul quale si affaccia lo Stadio del Partito Nazionale Fascista.

Ma nel 1950 il riassetto del sistema ferroviario non è stato attuato e la destinazione d’uso dell’area è modificata prevedendo la realizzazione di un tessuto residenziale di palazzine. Per la definitiva sistemazione plano-volumetrica del quartiere e per il disegno di un nuovo asse di scorrimento veloce che collegasse, attraverso l’inutilizzato ponte (il cui accesso peraltro si trovava una dozzina di metri più in alto rispetto al piano di campagna), la Cassia e la Flaminia con la città, nel 1948 fu bandito un concorso nel quale risultò vincitore il progetto presentato da Claudio Longo. Sulla base di quel disegno, nel corso degli anni sono stati costruiti i sei edifici di viale Tiziano con un andamento ad esso perpendicolare ed un orientamento nord-sud dei fronti principali (il primo dei quali è il Palazzo del Coni).

Negli stessi anni, l’area del Campo Corse Parioli, ormai da molto tempo caduta in disuso, fu occupata da un agglomerato di baracche, il Campo Parioli, che andò estendendosi progressivamente sino ad invadere, sul finire degli anni Cinquanta, anche l’ippodromo di Villa Glori.

Nel 1955, il CIO deve assegnare i Giochi Olimpici del 1960. In Italia sono gli anni del miracolo economico, del boom di nascite e di grande speranza nel futuro. La guerra è ormai alle spalle, Roma vuole riprendersi il posto che le spetta tra le grandi città mondiali e si candida ancora una volta a ospitare i Giochi. Le altre città candidate sono Losanna, Detroit, Budapest, Città del Messico e Tokio. Ma Roma va al ballottaggio contro Losanna e vince. Non rimane che rimboccarsi le maniche. Per quell’evento infatti tra atleti, accompagnatori e giornalisti si attendono almeno 8000 persone. Dove le mettiamo?

I programmi elaborati dal CONI nel 1940 sono tirati fuori, spolverati e studiati. Ma nel frattempo sono cresciute le esigenze dei Giochi e non va bene il progetto del 1935 che prevede di realizzare il villaggio sulla Camilluccia, con la costruzione di due grandi edifici e villette e impianti nel bosco. Inoltre anche la città è cresciuta e il progetto monumentale del 1937, che prevede la realizzazione di 5000 alloggi sulla Cassia oltre ai servizi, è altrettanto infattibile.

Su tira fuori allora il programma olimpico del 1940 che è ancora fattibile ed è adattato ai nuovi giorni. Si scarta l’ipotesi di costruire un villaggio per gli atleti in posizione intermedia tra l’EUR e i Foro Italico e si sceglie l’area del Campo Parioli, tra viale Tiziano e Villa Glori, modificando il piano urbanistico di Claudio Longo.

Si scarta inoltre l’ipotesi di costruire attrezzature temporanee a favore della costruzione di un villaggio con carattere stabile che consenta, a Olimpiadi terminate, di offrire un alloggio a 1500 famiglie che ne avevano bisogno. E questo sia per motivi economici sia per rompere con il rapporto tra Roma e le Olimpiadi in voga durante il Fascismo, tutto basato sulla monumentalità e grandezza della città eterna. Servono quindi edifici funzionali, con costi di gestione ridotti e in cui puntare alla piacevolezza estetica senza però indugiare in vezzi architettonici o materiali particolarmente pregiati.

Per evitare successive speculazioni si affida la realizzazione ad un istituto di interesse pubblico: l’INCIS (Istituto Nazionale per le Case agli Impiegati dello Stato ) che, a sua volta, da incarico a un gruppo di noti architetti. La baraccopoli è sgomberata, le costruzioni demolite e i lavori iniziano. La linea di committenti e architetti è quella di minimizzare la realizzazione di nuovi edifici e di realizzare impianti che possano essere riutilizzati, lasciando alle spalle i progetti faraonici del precedente regime. Parte così  un incredibile lavoro di team in cui entrano anche soggetti tecnologici, come la RAI e la SIP (oggi Telecom Italia), visto che i Giochi di Roma sono i primi ad essere completamente coperti dalla stampa e trasmessi in televisione, riesce a fare ciò che serve.

Gli interventi sono concentrati al Foro Italico, all’EUR e nelle aree pianeggianti dei Parioli. Per collegare questi quartieri è realizzata la via Olimpica, un nuovo maestoso progetto che di nuovo ha solo la visione, visto che sfrutta pesantemente strade e gallerie esistenti. Ai Parioli vengono realizzati gli impianti dell’Acqua Acetosa e nella piana tra viale Tiziano e Villa Glori si completano i grandi palazzi su viale Tiziano, tra cui il Palazzo delle Federazioni Sportive.

Il veccho Ippodromo di Villa Glori è demolito, la baraccopoli di Campo Parioli pure, al suo posto sono realizzati il Villaggio Olimpico e il Palazzetto dello Sport. Lo Stadio del Partito Nazionale Fiascista, che nel 1949 dopo la tragedia di Superga aveva assunto il nome di Stadio Torino, è demolito per la costruzione del nuovo Stadio Flaminio. E’ costruito il viadotto di corso Francia, nuovo sistema viario di accesso alla città da nord, che raccorda il flussi di traffico della Cassia e della Flaminia, attraverso il ponte Flaminio, con viale Maresciallo Pilsudski e di qui verso i Parioli e verso i lungotevere.

Il “Piano delle Olimpiadi” non affrontò invece il tema, lasciato insoluto, della testata del ponte Duca d’Aosta verso il quartiere Flaminio, cioè dell’attuale piazza Mancini. Il ponte ribatteva il poderoso sistema assiale impostato sul punto di rotazione dello Stadio dei Cipressi (poi Stadio dei Centomila, poi Stadio Olimpico), e costituito dalla Fontana della Sfera, dal piazzale dell’Impero e dal Monolite Mussolini: era quindi necessario che sulla sponda opposta del fiume fosse realizzato un dispositivo urbano che ne concludesse l’impianto raccordandolo con il tracciato di viale Pinturicchio che, a sua volta, costituiva, con viale Guido Reni e viale del Vignola, uno degli assi del tridente impostato su piazza Gentile da Fabriano. Un sistema, questo, che fin dal Piano Regolatore del 1909 attendeva la costruzione di un ponte che lo collegasse con la zona di Prato Falcone e quindi con la testata meridionale del Foro, all’ altezza della Casa delle Armi di Luigi Moretti e della Foresteria Sud di Enrico Del Debbio. Dopo più di un secolo, quindi, la costruzione del Ponte della Musica (inaugurato nel 2011) ha permesso di realizzare una seconda connessione tra il quartiere Flaminio e il complesso del Foro.

Sarà  invece necessario attendere trent’anni ed un nuovo evento sportivo di rilievo, i Campionati Mondiali di Calcio del 1990, per vedere attuata la sistemazione di piazza Mancini. La soluzione attuata, però, che ha eliminato il tracciato di viale Brunelleschi annullandolo in un informe giardino privo di qualunque respiro urbano e addirittura incapace di guardare al di là  del fiume e di comprendere l’importanza di un sistema assiale al quale si frappone come una presenza casuale e imprevista. Per questo il rapporto tra il ponte Duca d’Aosta, il lungotevere e la piazza rimane un problema aperto e ancora tutto da risolvere. L’indicazione del nuovo Piano Regolatore che inserisce l’area in uno degli Ambiti di valorizzazione della Città  storica, lascia sperare che la questione possa essere nuovo affrontata con la necessaria perizia progettuale.”

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Bibliografia essenziale:  "Il Flaminio. Un quartiere a vocazione sportiva" del prof. Piero Ostilio Rossi

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