“Il Flaneur dietro le quinte” racconto di Caterina Loredana Mammola

Itinerari, percorsi, passeggiate, … viaggi: termini che evocano, con i loro cento significati intrecciati, immagini letterali o metaforiche di un cammino che sia esso tangibile o dell’anima.  Lo sa bene il Flâneur, personaggio inusitato che abita le pagine di Roma2pass e, celato ai più, vede non visto, osserva, riflette, racconta …Complice il grigiore ovattato di un piovigginoso pomeriggio di mezzo inverno, il nostro inquieto amico, nel suo vagabondare, affronta, pensoso, la ripida altura di Villa Glori che, dalla riva sinistra del Tevere, all’altezza dell’Acqua Acetosa e fino alle pendici del quartiere Parioli,  domina l’estremità orientale dell’ansa descritta dal fiume prima che il suo corso volga decisamente a sud per attraversare Roma. Raggiunta la sommità del viale dei Settanta, il ramingo personaggio, il fiato un po’ corto, si guarda intorno: si è ritrovato, inconsapevole, nel punto più elevato della Villa, nella piazza del Mandorlo situata esattamente alla confluenza dei viali che, al pari del vicino Casale Glori, rammentano la morte di Enrico Cairoli e dei garibaldini caduti nell’impresa risorgimentale del 1867.

La voce degli eroi del passato, memorie di gloria, ideali mai ripudiati lo rapiscono … poi si riscuote, discende lungo il viale dei Settanta che divide quasi a metà l’approssimativo quadrilatero del parco e oltrepassa il circuito del viale di Villa Glori.  Repentinamente, la quiete del parco della Rimembranza è spazzata via senza pietà alcuna, dal traffico già convulso di via del Maresciallo Pilsudski e il Flâneur, strappato al silenzio dei sentieri e delle riflessioni, si affretta verso l’enorme complesso dell’Auditorium Parco della Musica annidato tra Villa Glori, il Villaggio Olimpico e il viadotto di corso Francia.  L’Auditorium, intitolato a Ennio Morricone, offre agli occhi del Flâneur tutta l’imponenza suggestiva ed il fascino partoriti dal genio creativo di Renzo Piano: gli scarabei, le tre sale disposte a raggiera intorno alla cavea, il teatro all’aperto, sono abbracciate da un ampio terrazzo  dal quale, tra la Sala Sinopoli e la Sala di Santa Cecilia, qualcosa e qualcuno attirano l’attenzione del Flâneur.

fig. 1

Un gruppo di persone, intente ad ascoltare una voce narrante, contempla i resti di una villa romana, venuti alla luce, origlia il Flâneur,  durante la costruzione del complesso e per preservare i quali, Renzo Piano modificò significativamente il progetto originario traslando (tra l’altro) la Sala Sinopoli. (fig. 1)

 La curiosità che domina, incrollabile, le mosse del nostro protagonista, indirizza i suoi passi e, pur con assoluta discrezione, eccolo seguire l’incanto di Orfeo.  “E’ il 1995. A una profondità di 4 metri”, racconta la voce, “è individuata la villa dell’Acheloo, una delle scoperte archeologiche più interessanti e discusse degli ultimi anni.  Lo studio del sito – esteso per circa 2400 mq.  e sviluppatosi per quasi 750 anni, tra la metà del VI secolo a.C. e la metà del III d.C. –  viene affidato a un team di archeologi guidati da Andrea Carandini, ordinario di Archeologia e Storia presso la Sapienza ed esperto di scavo stratigrafico e di evoluzione delle società arcaiche rurali.  Le caratteristiche di questi resti imponenti, la ricchezza e la varietà dei reperti ceramici (oltre 56.000)  identificano questi resti come un grande complesso produttivo rurale dotato anche di annessi sacri.

La ricostruzione delle diverse fasi (costruzione, vita, restauri, distruzione e abbandono) ovvero la periodizzazione, costituisce il cuore dell’opera e testimonia tanto le attività quotidiane (immagazzinamento, preparazione, cottura e consumo dei cibi) quanto le attività produttive (vasellame, olio) ampliando le conoscenze circa gli aspetti dell’economia nel mondo romano.  Ancor più, è stato possibile approfondire temi concernenti attività rituali dei culti domestici e di festività pagane ed arcaiche. Al sito archeologico è annesso il pregevole museo in situ il cui allestimento è affidato allo stesso Renzo Piano, che aveva progettato l’Auditorium dell’odierno Parco della Musica: la collaborazione tra Renzo Piano e Andrea Carandini, chiamato ad eseguire lo scavo in tempi brevi, ha permesso la valorizzazione e la riqualificazione del patrimonio storico-culturale, che culmina nel “Museo archeologico dell’Auditorium”.
La Voce si interrompe nel brusio delle domande degli astanti, e il Flâneur scivola inosservato verso la sala dove i modelli plastici e ricostruttivi, esposti su quattro eleganti tavoli sospesi, ancorati da cavi d’acciaio,  illustrano i diversi allestimenti avvicendatisi nel corso dei secoli.  Grandi vetrine costeggiano sui due lati i tavoli aerei … “Lei è con il gruppo di AMUSE?” lo apostrofa gentilmente una signora. “Io sono  Nicoletta Capasso, la responsabile del Museo Archeologico e del Museo Aristàios” precisa prima che lui possa proferire verbo, “voi di AMUSE siete sempre i benvenuti: rivolgetevi a me per ogni necessità; l’accesso al Museo è gratuito e io sarò ben felice di accogliervi”.
La voce di Orfeo si approssima e il Flâneur, ormai perduto in un tempo remoto, ascolta la storia di un antico edificio riemerso dalla terra e delle interpretazioni foriere di  dibattiti che hanno arricchito i successivi dieci anni.

Il caso più esplicativo fu quello che correlava la fonte sacra ad Anna Perenna, con il 3° periodo della villa dell’Auditorium, durante il quale erano stati rinvenuti i reperti più significativi di  ceramica cultuale (assieme a una struttura interpretata come “tempietto” e un altare).  In tal guisa, il complesso scavato, dismesse le sue funzioni residenziali, assumeva (a giudizio dell’archeologa Marina Piranomonte autrice dello scavo della Fonte di Anna Perenna) il significato di un vero e proprio santuario.

Carandini ebbe modo di esprimere bene il proprio disappunto riguardo a tale ipotesi supportata, peraltro, dall’allora soprintendente La Regina.  Certo è che il lavoro degli archeologi non è circoscritto alla sola ricerca, ma si intreccia con le questioni relative alla divulgazione e all’esposizione dei contenuti studiati laddove, come è stato autorevolmente scritto, il metodo adottato, le strategie di lavoro, le scelte editoriali, le opinioni divergenti, sono tutti elementi che contribuiscono a plasmare l’immagine del complesso scavato, quindi la sua “forma” agli occhi dell’opinione pubblica e della comunità scientifica.

fig. 2

Dalla “fattoria”, il più antico impianto, costituito da una casa rurale arcaica, attiva dal 550 al 500 a.C. alla rappresentazione di una villa patrizia, ricostruita e attiva dal 500 al 300 a.C.; a seguire, la Villa dell’Acheloo (300-225°.C.) la cui ristrutturazione mantiene l’area signorile e la amplia. (fig.2)

(fig. 3)

Quindi il tavolo dedicato alla ricostruzione della Villa ad Atrio (225-80 a.C.), ben descritta da Catone, e infine l’ultima residenza (80 a.C. -150 d.C.). (fig.3)

L’edificio sarà definitivamente abbandonato tra il 150 e il 225 d.C. che conserva il carattere rustico di quella ad Atrio.

E, senza rendersene conto, il Flâneur – sempre soggiogato dalle note di un flauto magico – varca la soglia della grande Sala del Peduncolo dove sono accolte, in modo permanente, le 161 opere acquistate dal MiBACT dagli eredi del Maestro Giuseppe Sinopoli, musicista e appassionato collezionista.

(fig. 4)

Inaugurato nel dicembre 2012, il Museo Aristàios, frutto della cooperazione tra MiBACT, Roma Capitale e Fondazione Musica per Roma, ospita, in grandi teche trasparenti, seguendo un ordine cronologico, le opere che descrivono l’evoluzione dell’arte ceramica, grazie a magnifici esemplari di diversi stili e culture: dall’arte Minoica a Micene, dall’arte Geometrica di Atene a quella Corinzia, Laconica, Greco-orientale, Attica e Italiota. (fig.4)

(fig. 5)

Con il pensiero rivolto allo splendido finale del mozartiano Flauto magico, quando la luce disperde le tenebre e Tamino e Pamina vengono accolti nel regno della Bellezza e della Sapienza, il Flâneur, rivolge un ringraziamento silenzioso a chi, sulle ali di un racconto antico, fa rivivere l’avventura dell’Auditorium. (fig.5)

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