La Palazzina Filomarino, o villa Filomarino, sorge in via Salaria 362 nel quartiere Trieste.
Sono molte, lungo la via Salaria le testimonianze delle “vigne” con annessi fabbricati che costeggiavano la via nei secoli XVII e XVIII. In particolare, dopo l’incrocio con via Panama e via Chiana, due bruschi restringimenti della carreggiata di fronte a Villa Ada a ricordano all’automobilista del XXI secolo quali erano le reali dimensioni delle strade di una volta. Il primo restringimento, uscendo da Roma dopo l’incrocio con via Panama e via Chiana, tra via Taro e via di Villa Ada, è la casina nobile di Villa Lancellotti, costruzione padronale che dominava un vasto terreno che scendeva fino al fosso di Sant’Agnese. Il secondo, tra via Arbia e via Nera di fronte all’ingresso dei cavalli di villa Ada, è la Palazzina dei Filomarino, costruzione padronale che dominava un vasto terreno che scendeva fino al fosso di Sant’Agnese
La Palazzina Filomarino costituita da un edificio allungato sulla via Salaria, al civico 362, tra via Arbia e via Nera, che nella facciata interna si apre sul giardino posteriore con una doppia rampa di accesso all’avancorpo loggiato del primo piano. La facciata frontale, semplicissima, sfila lungo la strada; a nord, allineandovisi, si sviluppava il muro di cinta della chiusa, che invece a sud piegava ad angolo retto lungo una via campestre, divenuta via Arbia nei tardi anni venti del Novecento.
La facciata posteriore, verso il giardino, è mossa da un avancorpo che forma una loggia al piano nobile, dove conducono le scale doppie appoggiate alla facciata. La distribuzione delle stanze, affiancate ai lati della sala che va da facciata a facciata, corrisponde ad un uso settecentesco. Per gli attuali proprietari, la famiglia De Benedetti Bonaiuto, l’architetto Carlo Scarpa ha progettato (1970) all’interno del giardino, un piccolo edificio ovoidale concepito come un padiglione sospeso nel verde.
I Filomarino erano una nobile famiglia napoletana, originaria di Lecce, il cui un illustre esponente fu, nel XVII secolo, il cardinale Ascanio Filomarino (1583-1666), arcivescovo di Napoli ai tempi di Masaniello che spesso risedette a Roma, nella palazzina in questione.
Sul portoncino d’ingresso sulla via Salaria al numero civico 36, c’è lo stemma della famiglia. Sul lato meridionale della costruzione c’è una lapide: IOHANNES BAPTISTA PHILOMARINUS – DOMINUM CAROLUM STRENUE SECVTVS – BELLIS AFRICANIS GALLICIS BELGIS -QUIBUS ROCCAE PRINCIPIS TITVLVM MERVIT -DIV HAC IN SUA AMOENA POSSESSIONE QVEVIT – IOHANNES BAPTISTA PHILOMARINUS – NEPOS M.ANTONII PERDII VMI ET ROCCAE PRINCIPIS FILIVS HUNC LOCUM INCOLENS – IN MEMORIAM AVI PLAECARISSIMI VIRTVTIS – POSUIT ANNO MDCXXXVII
All’epoca del Catasto Gregoriano appartiene alla famiglia Gualdi, la cui tenuta comprendeva vari terreni a valle sul Fosso di Sant’Agnese.
A fine Ottocento, l’edificio della villa passa ad un certo Giovanni che costruisce una vaccheria ed apre una osteria. Nella carta redatta dall’Istituto Cartografico Italiano nel 1891, in effetti, la villa è indicata come “Osteria Filomarino”. Ai primi del Novecento era di proprietà Canulli, adibita ancora alla mescita di vino all’aperto, meta delle cosiddette gite “fuori porta”.
Durante la seconda guerra mondiale, a palazzo Filomarino soggiornò Albert Kappler, comandante delle truppe tedesche a Roma che si distinse per una serie di atrocità tra cui l’eccidio delle Fosse Ardeatine.
Di fronte ad un altro degli odierni ingressi della Villa, assai noto e frequentato, quello coronato da due teste di cavallo, si ergeva la più antica abitazione della zona: la costruzione a due piani di via Salaria 360-362, risale infatti agli anni Settanta del Cinquecento, ed è attribuita al Cardinale Ascanio Filomarino, illuminato mecenate, protagonista della storia politica e culturale del suo tempo, a Roma e nel Regno di Napoli ai tempidella rivolta di Masaniello.
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