Palazzina Nebbiosi

La Palazzina Nebbiosi o palazzina Nervi Nebbiosi è in lungotevere Arnaldo da Brescia 9, di fronte a Ponte Nenni , tra il Villino dell’Aeroclub d’Italia e Villa Ravà.

La palazzina Nebbiosi è un’elegante edificio completamente rivestito di travertino, costruito tra il 1928 e il 1930 su progetto dell’arch. Giuseppe Capponi dalla società di costruzioni Nervi e Nebbiosi, fondata da Pier Luigi Nervi insieme all’imprenditore Rodolfo Nebbiosi.  Davanti all’ingresso una delle più belle bougainville di Roma.

In questa palazzina abita e ha lo studio Pier Luigi Nervi nel periodo in cui la società Nervi e Nebbiosi si occupò di realizzare i suoi progetti per le Olimpiadi del 1960: il viadotto di corso Francia, il Palazzetto dello Sport, il Villaggio Olimpico. L’ufficio di Nervi occupava il piano terra.

Secondo Paolo Portoghesi, “questa palazzina segna il passaggio tra la fase aulica e quella razionalistica, l’architetto, infatti, si ispira ai casini di caccia ma tiene conto delle ricerche coeve degli architetti espressionisti”.

L’architetto Giuseppe Capponi, che morì a 43 anni, si distinse a Roma nel panorama architettonico razionalista del ventennio. Una sua opera è l’Istituto di Botanica nella Città Universitaria (1935-1936). Le sue ricerche rivestono un ruolo particolare nell’azione di rinnovamento del linguaggio architettonico che si sviluppò nell’ambiente romano nella seconda metà degli anni Venti, poiché si indirizzano verso temi estranei sia agli echi della Secessione viennese, sia agli equivoci del barocchetto romano.

La palazzina è caratterizzata dalle superfici curve disegnate attraverso una lettura in chiave moderna di valenze geometriche tipiche di alcune opere barocche. Su questa ipotesi di lavoro, Capponi costruisce un edificio molto particolare, caratterizzato dalle scanalature semicilindriche delle facciate che consentono di arretrare alcuni ambienti e di eliminare il cortile centrale, che può così essere sostituito da due chiostrine che illuminano la scala elicoidale e gli ambienti di servizio.

Il gioco delle contrapposizioni tra superfici piane e superfici curve (che rinviano al barocco) è accentuato dalla configurazione volumetrica del piano attico che in parte ripropone le grandi scanalature centrali e in parte si arretra con ulteriori concavità che marcano i quattro parallelepipedi d’angolo.  Le superfici esterne sono prive di aggetti inutili e sono ricoperte con lastre di travertino nella facciata sul lungotevere, e intonacate e dipinte «color travertino» sulle altre.

Per ottenere l’originale composizione della palazzina è fondamentale l’utilizzo del cemento armato nella versione abbinata alla muratura tradizionale (la cosiddetta “costruzione mista”) che si sta affermando in quegli anni in Italia.

L’edificio comprende due alloggi per piano, serviti da una scala elicoidale centrale (assolutamente da vedere), che presentano interessanti soluzioni distributive poiché sono privi di corridoi e disimpegnati solo da una coppia di atri. L’architetto Giuseppe Capponi disegna anche il mobilio degli appartamenti.

Dietro la palazzina sorge una stazione di sollevamento dell’Acquedotto Vergine realizzato dall’AGEA Azienda Governatoriale Elettricità e Acque (oggi ACEA).

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Bibliografia essenziale:

  • Palazzina al lungotevere Arn. da Brescia della Società per Costruzioni ing. Nervi e Nebbiosi su progetto dell'arch. G. Capponi, Roma 1928;
  • «Rassegna di Architettura», n. 1, 1929;
  • "La Casa bella", n. 37, gennaio 1931;
  • «Architettura», maggio 1939;
  • L'architettura di Roma capitale, pp. 382-83;
  • «Rassegna dell'Istituto di Architettura e Urbanistica», n. 29-30, agosto-dicembre 1974
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