Vigna Crostarosa

La vigna Crostarosa o “vigna a Sant’Agnese” come la chiamavano i proprietari, era un’ampia proprietà che si estendeva lungo via Nomentana dal vicolo di Sant’Agnese a oltre l’attuale via Asmara. L’attuale Villa Leopardi faceva parte di questa proprietà che scendeva fino al fosso di Sant’Agnese (oggi percorso dall’asse viale Eritrea e viale Libia).

La “vigna a Sant’Agnese“, come la chiamavano i proprietari di allora, è acquistata dal cav. Benedetto Crostarosa nel 1872 dal marchese Luigi Lepri che a sua volta aveva rilevato i diritti di enfiteusi di diversi soggetti sulla antica vigna del cardinale Pier Luigi Carafa. La vigna confinava da una parte con la villa Casalini e dall’altra con la vigna dei Padri Agostiniani di S. Maria del Popolo divenuta poi Villa Leopardi.

I Crostarosa sono una famiglia del Generone romano discendenti di un’antica famiglia abruzzese formatasi nel XVII secolo con la fusione tra i Rosa di Aquila e i Crosta di Sassa presso Pizzoli, mediante il matrimonio tra Criseide Rosa e Sante Crosta e che ebbe tra gli antenati la Beata Celeste Crostarosa. Benedetto, dopo la prematura morte del padre, si trasferisce a Roma nel 1821 dalla nativa Pizzoli e si dedica a varie attività nel campo sociale, amministrativo e religioso ottenendo da Pio IX incarichi e riconoscimenti. Riusce così a costituire un cospicuo patrimonio immobiliare. Sono suoi gli edifici sulla via Nazionale, ora via IV Novembre, sul quale poi i figli nel 1890 fanno costruire il grande fabbricato attualmente adibito a sede dell’albergo Pace Helvetia. Sposatosi con Lucia Foschi di Cave, Benedetto ha sei figli, tra i quali il più noto è monsignore Pietro Crostarosa che fonda con il principe Massimo la “scuola di P. Massimo”.

Pietro Crostarosa che, oltre ai problemi della scuola cattolica si era prevalentemente dedicato agli studi di archeologia sacra divenendo segretario della relativa Commissione Pontificia, subito dopo l’acquisto della vigna inizia a proprie spese le esplorazioni, partendo da un lucernario presente nella proprietà. “Dopo indefesso e dispendioso lavoro, si trovò dentro ad un’ampia cripta” racconta il fratello Fortunalo. Mons. Crostarosa ispezionando il sottosuolo, in parte già esplorato da Antonio Bosio, ritrova quella che è ritenuta la cripta di Sant’Emerenziana e i luoghi indicati da antiche composizioni agiografiche: “ubi Petrus apostolus baptizavit“. Si tratta del complesso, ora più propriamente chiamato “Coemeterium maius” ma che allora sia G.B. De Rossi che l’Armellini pensavano fosse il Cimitero Ostriano.

Gli scavi che durano fino al 1884 furono origine di una controversia con il confinante conte Leopardi, nella cui vigna si trovava “l’antico descenso del cimitero” e posero in evidenza la presenza sul luogo di una villa romana di cui furono ritrovati avanzi notevoli come capitelli e decorazioni varie. Sull’orlo della valletta che si estendeva tra via Salaria e via Nomentana, nel territorio di vigna Crostarosa, e sul cui fondo correva la marrana di S. Agnese, altri archeologi rinvennero inoltre le vestigia di fortificazioni arcaiche simili a quelle dell’aggere di Servio Tullio.

Non risulta che Benedetto Crostarosa, morto nel 1879, abbia effettuato lavori rilevanti nella vigna, che conserva il suo carattere prevalentemente agricolo, né i figli Fortunato, Luigi e mons. Pietro  curarono particolarmente la proprietà. Gli eredi Crostarosa decisero di alienare l’intero compendio immobiliare nel 1903 a Clotilde Scalzi, moglie del nobile Giovanni Anziani di Pontremoli nasce così Villa Anziani.

Intanto, almeno dal 1872 sulla via Nomentana, continua a offrire i suoi servizi una “osteria cucinante” denominata poi “del Monticello”, gestita da Francesco Ciacci  che aveva preso in affitto la “casa ad uso del vignarolo” della grande vigna.

L’ultimo brandello della vigna venduto dai Crostarosa negli anni Sessanta era un piccolo pezzo di terra lungo viale Libia dove era un distributore di benzina. Oggi al suo posto c’è piazza Gimma.

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