Roma, 1 novembre 2023
La mia iscrizione ad AMUSE risale a pochi mesi fa, ma questa storica associazione del nostro Municipio II mi ha conquistato subito con l’eleganza dei suoi progetti, con la grande passione che riversa nella difesa del verde urbano e con le splendide passeggiate Roma2pass, percorsi d’arte e di architettura che organizza; ogni visita è una storia a sé per l’impostazione personale che ogni narratore mette nel suo racconto.
Comunque, non è di questo che vi voglio parlare, ma della fantastica esperienza che sto vivendo, grazie ad AMUSE, nella LUISS Community Gardening della sede di viale Romania dell’Università.
Il parco attuale della LUISS ha una estensione di 2.7 ettari ed è molto ridotto rispetto alla precedente proprietà delle Suore dell’Assunzione. Da fonti storiche e dallo studio delle stratificazioni vegetali possiamo capire la sua evoluzione: da area prettamente agricola come era stata fin dal Seicento fino ai cambiamenti del 1878, dopo l’acquisto da parte del conte de Heritz della proprietà. A Villa Heritz, infatti, l’area adiacente al casino nobile della villa è trasformata in un vero e proprio parco, con boschetti, giochi di fontane e oasi con arredi che si sviluppava come un giardino all’inglese e, sul versante di Villa Ada e via Panama, in frutteto e orto. Le tracce dell’antico impianto vegetale si ritrovano oggi in esemplari arborei monumentali, come il grande platano (Platanus acerifolia), davanti alla caffetteria universitaria, e nel boschetto di lecci (Quercus ilex), tra via Panama e l’aula studio.
Altri ricordi del riallestimento della villa a fine Ottocento sono conifere, pini romani, pini marittimi, cedri e infine allori, con tratti di siepi, impianti vegetali tipici delle ville romane. Le ampie aree dedicate a vigna e frutteto, citate in alcune fonti, vengono in parte smantellate a causa della loro durata di vita media e della diversa utilizzazione del parco, ormai diventato un grande giardino.
Durante il periodo del Collegio dell’Assunzione, non sembra siano state fatte modifiche di particolare impatto nell’architettura del giardino, piuttosto venne molto semplificato. Quasi certamente i filari di cipressi lungo il muro di recinzione, i cedri sul versante di via Panama e le magnolie sono riconducibili a questo periodo, essendo essenze tipiche usate nella metà del Novecento.
Gli arredi paesaggistici, come fontane o giochi d’acqua, sono stati rimossi. Le uniche tracce sono alcune zone in cui si nota un terreno molto umido che potrebbe essere indizio di falda molto superficiale.
La realizzazione della sede universitaria dal 2000 ha senza dubbio aiutato il mantenimento dell’area verde, che attualmente appare come un impianto moderno funzionale alla vita universitaria, sempre come un giardino all’inglese, ricco di aiuole colorate con fiori bellissimi: iris multicolori, strelitzie eleganti, con bordure di lavanda in fiore, salvia microphylla “Royal Bumble”, punteggiata di mille fiorellini rossi, bianchi e rosa, siepi di mirto profumato, sempreverdi topiate in forme decorative, semplici ma d’effetto, e tantissime altre piante di cui non ricordo il nome ma che si susseguono in una scala infinita di verdi.
Infine, il profumo delicato del caprifoglio o dell’albero della marmellata (Osmanto). Questo arbusto, coltivato fin dall’antica Grecia e in Cina presso i templi buddisti, si dice che fu donato dagli Dei per lenire le sofferenze umane.
Gli alberi da frutto oggi fanno ombra a moderni tavolini e sedute, dove gli studenti sono intenti a lavorare o a rilassarsi nelle pause tra una lezione e l’altra. Ma la volontà della LUISS di mantenere la sostenibilità ambientale e di ricordare l’antica vocazione agricola dell’area si nota poi nella realizzazione di un orto (Community Gardening), iniziato dal 2014 per espresso e diretto interesse della Direzione.
L’orto è ricco di ortaggi delle nostre latitudini; ho guardato con meraviglia le file ordinate di pomodorini, che si alzano fino ai 2 metri, con le loro canne di bambù eleganti pronte a sorreggerli, di peperoni verdi (i famosi friggiteli) con i fiorellini bianchi che occhieggiano tra le foglie lucide, infine le più di una quindicina di varietà di peperoncini piccanti che l’ortista ha provato a elencarmi. Ognuno di essi con una precisa posizione nella scala “Scoville“, che misura il grado di piccantezza di questi frutti del genere Capsicum, dovuta prevalentemente al contenuto di capsaicina, responsabile della sensazione di “bruciore” sulla lingua.
L’orto è ricchissimo di un’infinita varietà di piante aromatiche: rosmarino, salvia, citronella, timo e menta, chi più ne ha più ne, metta. E infine il piccolo uliveto di “olivi leccino” e i filari di “malvasia puntinata” che presto saranno arricchiti con altri vitigni, come il “pizzutello bianco”.
Quando ci rechiamo alla nostra lezione settimanale, ci accoglie con squisita gentilezza il custode dell’accesso di via Panama, dal quale si possono avere preziosi consigli gastronomici, ma il nostro istruttore ci richiama subito all’ordine e così trascorriamo la mattina svolgendo piacevolissime attività: potiamo le piante, eliminiamo quelle giunte alla fine del loro ciclo e raccogliamo i frutti maturi. Il mio gruppo è molto affiatato e già dopo un mese dall’inizio delle attività lavoriamo con grande entusiasmo anche a rastrellare le foglie degli alberi da frutta che in questo mese di novembre rallegrano l’orto con le loro chiome rosso e oro.
L’ultima raccolta sono state le bacche di mirto, che mi hanno permesso di fare il mio primo liquore al mirto. Tra quaranta giorni lo offrirò in assaggio ai miei compagni di lavoro e chissà cosa succederà?
In conclusione posso dire che l’iniziativa è stata una piacevolissima sorpresa, perché mi permette una sanissima attività fisica evitando la noia e la claustrofobia degli ambienti chiusi, senza poi dimenticare tutto quello che sto imparando, molto meglio del mio esame di Botanica all’Università.
Il merito del successo va sicuramente a questo luogo fantastico, frutto del lavoro di tanti e della lungimiranza dei vertici universitari.
Paola Mariani
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