“Un caffè a Villa Savoia” di Maria Grazia Toniolo

Il titolo di questo racconto è un quiz per il lettore: nella sua mente si presenteranno diversi interrogativi: qual è Villa Savoia? di che bar si parla?   

Certo, si parlerà di villa Ada, ma non si parlerà di un incontro per bere un caffè nel bar “lo Scoiattolo” ma di un luogo magico in cui caffè non se ne è più bevuto dagli anni Quaranta del Novecento.  Il soggetto è la Coffee-house della villa il cui edificio principale è il cosiddetto Tempio di Flora, semi nascosto dall’abbondanza dei lecci che lo circondano; situato vis à vis del Casino Pallavicini e poco distante dall’ingresso monumentale e dalla palazzina reale di Vittorio Emanuele III.

Un tesoro non sconosciuto né dimenticato, ma regolarmente oltraggiato da alcuni suoi frequentatori e umiliato dall’incuria e dalla negligenza degli apparati comunali e statali.  Il fatto poi che l’ultima volta sia stato restaurato durante i lavori di riqualificazione per l’Anno Santo (quindi prima dell’anno 2000) la dice lunga sull’interesse che la gestione pubblica ha verso i capolavori che dovrebbe salvaguardare.

Ecco come il complesso della coffee-house si presenta oggi a chi va a passeggiare nel parco: imbrattato da scritte volgari che spiccano coi loro colori acrilici contro il sacro candore delle colonne settecentesche; coi bei pavimenti di cotto ricoperti di fogliame putrefatto; con scale e passaggi pericolanti e inagibili.

Ed ecco come si presentava un tempo.  Ma quale tempo? quello in cui non era permesso ai vagabondi e ai tossico-dipendenti di eleggere a proprio domicilio e di fare un uso incongruo e inaccettabile degli edifici principeschi che fanno la bellezza di Roma.

Ricapitoliamo la storia di questo gioiello.   Siamo verso il 1780 nella proprietà di caccia del principe Luigi Pallavicini lungo la via Salaria nota col nome di Villa Pallavicini: qualche centinaio di ettari che avevano una funzione sia agricola che di bosco, dove la selvaggina era libera e copiosa (aggiungo che quel magico periodo, a sentire i media, si sta ripresentando: i cinghiali abbondano e si riproducono con piacere fra neonati in carrozzina, cagnolini e amanti del jogging).  Il principe ordinò all’architetto Auguste de Saint Hubert di creare degli edifici neoclassici, qua e là nel grande giardino, tra boschi e vigneti: ed ecco sorgere il Tempio di Flora con la funzione di coffee-house.

Era la moda del momento. Oggi chi può si fa costruire una piscina a sfioro nel punto più panoramico del suo parco; 250 anni fa si preferiva conversare amabilmente, seduti al fresco, con dame abbigliate come fate, tra damaschi, gioielli e parrucche, con la servitù che circolava recando grandi vassoi di tazzine di caffè o ancora meglio di bricchi di cioccolata fumante.

Ci sono diverse leggende che si ricollegano al famoso assedio di Vienna da parte del Sultano, che finì a favore del mondo cristiano: era il 1683 quando l’esercito turco, sconfitto, si diede alla fuga lasciando casse di salmerie: il caffè, scoperto tra le vettovaglie abbandonate, ebbe un gran successo e furono aperti in fretta in tutta Europa locali denominati ‘caffetterie’ dove ci si incontrava per parlare di politica, sport, pettegolezzi e altro. Ovviamente l’aristocrazia per assaggiare la nuova bevanda non amava frequentare spazi pubblici, dove si doveva mischiare alla piccola borghesia e agli altri abitanti della città, e così fu chiesto aiuto agli architetti per ideare e realizzare luoghi di piacere nei quali, stando al riparo da sguardi indiscreti, si potesse gustare il contenuto di tazzine meravigliosamente dipinte per il gusto raffinato dei nobili.

Vi do qualche data per dimostrare come il gusto per il caffè si diffuse in fretta.  Nel 1733 a Roma il principe Fabrizio IV Colonna aveva già la sua coffee-house a palazzo in piazza Santi Apostoli, gioiello barocco/rococò.

Nei giardini di Boboli a Firenze dietro a palazzo Pitti, fu addirittura il papa Benedetto XIV a volerne una: era il 1744. E perché la volle anche a Firenze?  Perché sapeva bene quanto era piacevole e utile discutere con gli ambasciatori in un luogo intimo, piuttosto che nei saloni dorati delle cene di gala.

Al Quirinale, la coffee-house disegnata da Ferdinando Fuga nel 1741 esisteva già da qualche anno.  Ve la descrivo: è una lunga costruzione a un piano posta nei giardini a delimitare il piazzale/belvedere: il loggiato centrale godeva del panorama di tutta Roma (Tevere, Colosseo, Pantheon, San Pietro) distesa ai piedi del Colle (Quirinale) fino alle campagne e al Tirreno.  Allora infatti non esistevano le Scuderie reali, fatte costruire dal re Vittorio Emanuele II, e neppure il Vittoriano, costruito in suo onore.  Comunque anche oggi è un angolo di grande piacevolezza.  Mi ricordo che parecchi anni fa ebbi l’onore e la fortuna di partecipare a una sontuosa festa della Repubblica durante la presidenza di Ciampi.  La signora Franca stava seduta all’ingresso della loggia della coffee-house a ricevere i saluti dei partecipanti con la semplicità e simpatia che la caratterizzavano.  I camerieri in quell’occasione offrivano non caffè ma ogni bendidio!

C’erano Coffee-house a Genova, nel Veneto, e nel Milanese e pure Pietro il Grande (1672-1725) a San Pietroburgo se ne fece costruire una.

Quando il nostro principe Pallavicini pensò di far erigere il Tempio di Flora non era più quindi una ‘novità’ e infatti lo stile del manufatto era cambiato e si definisce neoclassico. In effetti assomiglia al Tempio di Esculapio nel Giardino del Lago realizzato approssimativamente in quegli stessi anni.

Tutti questi accenni storici riguardano il Settecento, periodo ineguagliabile per raffinatezza, belle maniere, eleganza, grazia, gusto e garbo (perdonate queste parole desuete in epoca di globalizzazione!) e li ho tirati fuori perché i lettori si facciano carico di pungolare le autorità municipali affinché il restauro e la manutenzione di questo incantevole angolo della nostra villa Savoia siano presi in carico al più presto.

Spero di avervi convinto, cari soci AMUSE! Perciò vi lascio in dono un consiglio: il bar lo Scoiattolo di villa Ada serve dei deliziosi succhi di frutta artigianali: andate a provarli.

Racconto pubblicato su www.roma2pass.it il 13/10/2023

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