Giulio Gra

L’ing. Giulio Gra merita una particolare menzione da parte di Roma2pass in quanto ha dedicato la maggior parte del suo lavoro di progettista ad opere che sorgono nel Municipio II.

Giulio Gra nasce a Roma nel 1900, ingegnere, allievo di Guglielmo Calderini, Gustavo Giovannoni e Pietro Aschieri, fratello dell’ing. Eugenio Gra, Direttore Generale dell’Associazione Nazionale AutoStrade, che costruì il Grande Raccordo Anulare intorno a Roma (il GRA appunto).

Subito dopo la laurea si unisce al fratello Enrico e diventa co-titolare di una solida e reputata industria di costruzioni: gran parte delle sue opere sono il risultato di un percorso che dalla progettazione all’esecuzione copre tutte le fasi del ciclo edilizio. La solidità  della ditta di costruzione, la qualificazione delle manovalanze e l’accuratezza della progettazione fanno si che anche condomini di abitazione basati su un programma economico contenuto e parzialmente finanziati dallo Stato (i clienti sono spesso cooperative di impiegati della pubblica amministrazione) presentano un’immagine e un decoro ben superiori all’effettivo bilancio. Gra rivela molta attenzione nello studiare i rapporti volumetrici e i sistemi distributivi in rapporto alle situazioni in cui gli edifici si collocano. Slarghi, incroci, assialità , viste di scorcio o frontali diventano occasioni per articolare la costruzione e caratterizzare l’ambiente circostante.

Il suo primo incarico professionale, nel 1926, è la progettazione e realizzazione di cinque villini in via di villa Sacchetti (1926-1928), poi realizza villa Caracciolo di Brienza in via Ulisse Aldrovandi (oggi demolita, ne rimane solo il ninfeo al piano giardino), due palazzine a corso Trieste, tra piazza Trento e piazza Trasimeno prima del Liceo Giulio Cesare (1928-1930), e sette villini in via Giuseppe Mangili e piazza Don Minzoni.

Per i primi dieci anni di attività, la sua ricerca espressiva è senza dubbio di retroguardia.  Persegue un linguaggio classico cercando di permeare le sue fabbriche della plasticità tardo rinascimentale.  I suoi edifici espongono elementi decorativi derivati direttamente da Michelangelo, Carlo Rainaldi, Giacomo della Porta: i bugnati nei basamenti, i timpani e le riquadrature a edicola per le finestre, i grandi loggiati di più piani negli elementi eccezionali del fabbricato. Spesso l’immagine si sviluppa attraverso un tipico artificio del manierismo: quello del “l’edificio nell’edificio” che vuole la presenza di parti formalmente compiute dialogare con il tutto.

Nel 1928 progetta e realizza due grandi edifici per abitazione lungo la via Flaminia. Il primo è tra lungotevere delle Navi, viale delle Belle Arti e via Flaminia e rappresenta un elemento di connessione tra le strade poste su differenti quote altimetriche. Il secondo edificio, sempre su via Flaminia, è all’angolo con piazza della Marina. Sono palazzi moderni sia per struttura, in cemento armato, che per impianti e disposizione degli ambienti, ma l’imponente costruzione si rifà  in modo inequivocabile ai grandi palazzi rinascimentali romani. A oltre mezzo secolo dalla costruzione, queste architetture si arricchiscono della patina e del sapore del tempo: immerse nel verde che le circonda da ogni parte, le forme classicheggianti si trasformano in ruderi romantici che ne stempera l’originaria retorica.

Il superamento di questa fase è segnata dal Convento in via Cairoli del 1933. Qui Gra scarnifica il linguaggio, elimina gli elementi decorativi di più diretta derivazione rinascimentale pur conservando i temi progettuali e il senso classico della costruzione. Succedono al convento dei progetti non realizzati a Catania e a Novara in cui inizia a studiare gli elementi che applicherà  nella sua ultima opera, il suo capolavoro, completata nel 1939. Si tratta della cosiddetta Fortezza Navigante, il grande palazzo sul lungotevere Flaminio 80 all’angolo con piazza Antonio Mancini. La cui costruzione è finanziata e realizzata dalla sua stessa impresa e in quest’ultima opera possiamo rileggere criticamente il percorso progettuale della sua vita. Il Condominio Gra è il manifesto di una strada per l’architettura romana che rimarrà  in gran parte inesplorata, persino dal suo artefice. L’ingegnere infatti dopo la guerra si ritrae in se stesso e non progetterà  più sino alla prematura scomparsa nel 1958.

Se esistono autori di un solo libro, scrittori che in una sola occasione nella loro vita sono stati capaci di lanciare un messaggio autentico, con Giulio Gra siamo, forse, di fronte ad un progettista “”di una sola architettura””. Eppure quanto ha fatto nel suo condominio sul lungotevere Flaminio, ci sembra sufficiente a dare testimonianza di una ricerca autentica e a indicare ancora una strada.

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